Il bisfenolo (più precisamente bisfenolo A, abbreviato spesso in BPA) è una sostanza chimica costituita da due radicali fenolici; è noto anche come 2,2-bis (4-idrossifenil) propano; il suffisso A presente dopo il termine fa riferimento al fatto che tale sostanza viene preparata attraverso la condensazione dell’acetone. Si tratta di una sostanza nota da tempo, fu infatti creato nel 1891 da Aleksandr P. Dianin (1851-1918), un chimico russo.
Bisfenolo A – Dove si trova
Viene utilizzato, generalmente associato ad altre sostanze, per la produzione di materiali plastici e di resine; un notevole utilizzo del bisfenolo viene per esempio fatto nella produzione dei policarbonati (si parla più precisamente di policarbonati di bisfenolo A), sostanze le cui particolari proprietà (trasparenza, resistenza termica e resistenza meccanica) vengono sfruttate in numerosi settori (ottica, elettronica, trasporti, aeronautica militare, edilizia civile e industriale ecc.); di particolare importanza è l’impiego dei policarbonati di bisfenolo A in campo medico (apparecchiature per la dialisi, apparecchiature cardiochirurgiche, biberon, incubatrici, diffusori di aerosol ecc.).
Bisfenolo A e salute umana
I sospetti sulla presunta dannosità del bisfenolo A per la salute umana risalgono agli anni ’30, ma è dal 2008 che il problema ha avuto un notevole risalto di tipo mediatico; è stato infatti in questo anno che in molti Paesi sono stati effettuati degli studi su questa sostanza che davano adito a dubbi sulla sua sicurezza; in seguito a tali studi molti produttori di sostanze plastiche hanno deciso di rinunciare all’utilizzo di bisfenolo A; ovvio che la cosa non poteva passare inosservata. I dubbi sulla sua sicurezza erano (e sono) in particolar modo relativi a conseguenze negative sullo sviluppo del feto e sulla fertilità dei soggetti maschili adulti; sono state inoltre ipotizzate conseguenze negative a carico di prostata, seno e cuore.
Il bisfenolo A provoca alterazioni a livello dell’apparato endocrino (attiva i recettori ormonali) e conseguentemente, a dosaggi elevati, può avere effetti negativi sulla salute umana; alcuni studi hanno inoltre mostrato che mima l’azione degli ormoni estrogeni inibendo l’azione di questi ultimi nello sviluppo neuronale.
I presunti problemi derivanti dall’utilizzo di materiali contenenti bisfenolo A deriverebbero dal fatto che il legame chimico esistente fra le molecole della sostanza è notevolmente instabile e vi è il timore che la sostanza possa diffondersi nei liquidi o nei cibi che si trovano a contatto con i materiali plastici di cui il bisfenolo A è parte integrante.
Ma facciamo un passo indietro e analizziamo la questione per tappe.
Nell’agosto 2002 l’utilizzo di bisfenolo A nei materiali che vengono a contatto con i prodotti di tipo alimentare fu autorizzato ai sensi della direttiva 2002/72/CE.
Nel 2006, l’EFSA (European Food Safety Authority, Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) fissò per il bisfenolo una DGT (Dose Giornaliera Tollerabile, anche TDI, Tolerable Daily Intake) di 0,05 mg/kg di peso corporeo (ricordiamo che per DGT si intende una quantità espressa sulla base del peso corporeo che può essere ingerita ogni giorno per tutta la vita senza alcun effetto sulla salute umana). L’EFSA faceva notare che l’assunzione derivante dall’alimentazione era decisamente inferiore ai dosaggi giornalieri tollerabili stabiliti.
Nel luglio del 2008, dietro il parere di un gruppo di esperti scientifici sugli additivi alimentari, gli aromatizzanti, i coadiuvanti tecnologici e i materiali a contatto con gli alimenti, l’EFSA prese in esame le differenze sussistenti tra adulti e neonati relativamente all’eliminazione del bisfenolo dall’organismo. I risultati dello studio ribadivano che l’esposizione al bisfenolo A è notevolmente inferiore ai dosaggi giornalieri tollerabili precedentemente stabiliti (0,05 mg/kg di peso corporeo).
Un paio di mesi più tardi, la Commissione Europea ha richiesto all’EFSA di dare una sua valutazione di uno studio di I. Lang et al. pubblicato su JAMA (16 settembre del 2008); gli autori dello studio (soggetti coinvolti 1.500) hanno valutato l’esposizione al bisfenolo A basandosi sui livelli di quest’ultimo rilevati nelle urine e concludendo che “elevati livelli di bisfenolo A erano significativamente associati a malattie cardiache, diabete e livelli anormalmente elevati di alcuni enzimi epatici”.
Nell’ottobre del 2008 l’EFSA ha fatto rilevare che lo studio, non contenendo informazioni sull’esposizione a lungo termine al bisfenolo A, non forniva evidenze sufficienti a stabilire un nesso causale tra esposizione alla sostanza e le patologie in questione; conseguentemente l’EFSA non ravvisava la necessità di ridiscutere la dose giornaliera tollerabile precedentemente stabilita.
Circa un anno dopo (ottobre 2009) la Commissione Europea ha nuovamente richiesto una valutazione all’EFSA di uno studio commissionato dall’ACC (American Chemistry Council) relativo a possibili danni di tipo neuroevolutivo provocati dall’esposizione al bisfenolo A; in base a tale valutazione l’EFSA avrebbe dovuto eventualmente aggiornare l’attuale dose giornaliera tollerabile. Ulteriori richieste di valutazione sono state fatte dalla Commissione Europea anche nel marzo del 2010.
Nel settembre del 2010 l’EFSA ha fornito le proprie risposte concludendo che, al momento attuale, non vi sono evidenze tali che facciano ravvisare la necessità di rivedere il dosaggio stabilito nel 2006 e riconfermato nel 2008.

La formula bruta del bisfenolo A è C15H16O2
Cosa succede in Europa
Nonostante le rassicurazioni dell’EFSA, la questione bisfenolo ha continuato a tenere banco e le pressioni delle associazioni dei consumatori affinché la sostanza fosse messa al bando sono state notevoli; tant’è che alla fine i rappresentanti dei 27 Paesi appartenenti all’Unione Europea hanno vietato la produzione di biberon contenenti bisfenolo A a partire dal primo marzo 2011, mentre il divieto di commercializzazione e importazione è in vigore dal primo giugno 2011. Solitamente i biberon che non contengono la sostanza sono contraddistinti dalla scritta BPA free (oppure BPA 0%).
Antesignani del divieto erano stati in Europa i governi di Danimarca e Francia; ma il no ai biberon contenenti bisfenolo A era già una realtà in altri Paesi (Canada, Australia e diversi Paesi statunitensi).