Il dentifricio è un preparato utilizzato per la detersione e per la protezione dei denti in particolare e per l’igiene del cavo orale in generale.
Esistono varie tipologie di dentifricio: paste dentifricie, dentifrici in gel, acque dentifricie e polveri dentifricie. La tipologia più comune è senz’altro la prima.
Il dentifricio è generalmente estratto, tramite una leggera pressione manuale, da un tubetto flessibile di materiale plastico; la pasta viene posta su uno spazzolino (manuale oppure elettrico) grazie al quale viene effettuata l’operazione di pulizia dei denti.
L’igiene dentale effettuata con dentifricio e spazzolino consiste sostanzialmente nel rimuovere sia la placca batterica (una patina trasparente formata da batteri, sali minerali e sostanze derivanti dall’alimentazione) sia i residui di cibo che rimangono tra i denti.
Il dentifricio contribuisce inoltre in parte a ridurre o comunque a mascherare parzialmente lo sgradevole fenomeno dell’alitosi.
Si deve inoltre ricordare che, nella stragrande maggioranza dei dentifrici, sono presenti alcuni ingredienti (i cosiddetti ingredienti attivi) che svolgono una funzione preventiva nei confronti di patologie delle gengive (per esempio le gengiviti).
È corretto precisare che il solo utilizzo di dentifricio potrebbe ben poco a livello di igiene orale se venisse a mancare l’uso corretto di spazzolino, manuale o elettrico che sia; quest’ultimo tipo di spazzolino tra l’altro è stato oggetto di diversi studi che mostrano una sua netta superiorità rispetto a quella offerta da quello tradizionale (per approfondimenti si consulti il nostro articolo Spazzolino elettrico).
Come scegliere un buon dentifricio
L’offerta commerciale di dentifrici è vastissima; essi infatti sono sicuramente fra i prodotti per l’igiene personale più utilizzati tant’è che le promozioni pubblicitarie che li riguardano sono molto comuni. Ma come effettuare una scelta idonea fra tutti i numerosi dentifrici che il mercato propone dal momento che le pubblicità non sempre brillano per trasparenza?
Possiamo tentare di rispondere a questa domanda dando indicazioni di tipo generale, ma per farlo riteniamo sia prima opportuno fornire qualche indicazione relativa agli ingredienti di base e a quelli aggiuntivi che caratterizzano questi importanti prodotti per l’igiene dentale.
Fra gli ingredienti di base dei dentifrici (oltre ovviamente all’acqua che ne è il costituente principale) troviamo sostanze abrasive, tensioattive e fluoro.
Fra le sostanze abrasive (i cosiddetti abrasivi) troviamo Hydrated Silica (silice idrata), Sodium Bicarbonate (bicarbonato di sodio), Calcium Phosphate (fosfato di calcio) e Perlite (perlite). Abbiamo riportato sia la dicitura estera che quella italiana perché in molti prodotti compare solo la prima.
Le funzioni principali degli abrasivi sono la rimozione delle macchie dentali, la rimozione della placca e la rimozione dei residui alimentari. In sé le sostanze abrasive non hanno proprietà sbiancanti, ma dal momento che possono rimuovere le sostanze che sono causa di ingiallimento dentale, hanno una loro importanza anche da tale punto di vista.
Le sostanze tensioattive vengono inserite per le loro proprietà detergenti e schiumogene; svolgono inoltre una funzione dissolvente nei confronti di altri ingredienti che non sono solubili nell’acqua; il tensioattivo utilizzato comunemente nei dentifrici è il Sodium Lauril Sulphate (sodio laurilsolfato, anche SLS); l’SLS viene anche utilizzato in diversi altri prodotti a uso cosmetico come, per esempio, gli shampoo e le schiume da barba.
Il fluoro è presente sotto forma di fluoruro di sodio (Sodium Fluorite); questo ingrediente svolge un’azione protettiva contro il fenomeno della carie, azione resa possibile dal fatto che esso è in grado sia di distruggere i batteri che contribuiscono alla formazione della placca sia di ridurre l’assorbimento degli zuccheri sia di rinforzare lo smalto dentale.
L’utilizzo di un dentifricio ricco di fluoro dovrebbe essere evitato o comunque limitato nei bambini al di sotto di 6 anni che dovrebbero utilizzare prodotti specifici nei quali la percentuale di fluoro è ridotta; un eccesso di fluoro nei bambini, infatti, può essere causa di fluorosi, una patologia che induce ipomineralizzazione dello smalto con la conseguenza che la matrice interprismatica dello smalto dentale finisce per essere danneggiata.
I principi attivi aggiuntivi che più comunemente si ritrovano nei dentifrici sono gli antibatterici, i regolatori del pH, i conservanti, gli aromi e i coloranti.
L’agente antibatterico più utilizzato nei dentifrici è probabilmente il Triclosan (triclosano); sull’efficacia antibatterica del triclosano non esistono dubbi di sorta; è però vero che da molte parti se ne contesta l’uso; alcuni studi sembrano mostrare che il triclosano, con l’uso a lungo termine, tenda ad accumularsi nell’organismo. Il problema principale di questo accumulo consisterebbe nel fatto che potrebbe essere causa di un rafforzamento dei batteri contro l’azione dei farmaci antibiotici. Dal momento che un’azione antibatterica può essere ottenuta con altri mezzi (una modifica del pH per esempio, creando così un ambiente poco favorevole alla proliferazione batterica), si spiega perché molti autori sconsiglino l’uso di dentifrici contenenti triclosano.
I regolatori del pH che sono utilizzati nei dentifrici sono Sodium Phosphate (fosfato di sodio), Calcium Phosphate (fosfato di calcio), Sodium Hydroxide (idrossido di sodio), Sodium Bicarbonate (bicarbonato di sodio); grazie a questi ingredienti è possibile far sì che l’acidità e l’alcalinità del prodotto siano tenute sotto controllo; i dentifrici dovrebbero avere un pH uguale a 7 o, al più, dovrebbero essere leggermente tendenti al basico. L’utilizzo di regolatori di pH consente, come riportato in precedenza, di evitare l’inserimento di triclosano.
I conservanti utilizzati nei dentifrici hanno lo scopo di evitare che il prodotto si deteriori; fra i conservanti più utilizzati nelle paste dentifricie vi sono i parabeni, sostanze dettagliatamente trattate nel nostro articolo Parabeni al quale rimandiamo coloro che sono interessati ad approfondire l’argomento.
Gli aromi che sono utilizzati nei dentifrici possono essere sia sintetici che naturali. Quelli che vengono usati più comunemente sono quelli al sapore di menta. Gli aromi sono ingredienti inutili dal punto di vista prettamente igienico, ma, in effetti, possono fornire una certa sensazione di freschezza e pulizia.
Anche i coloranti sono ingredienti inutili dal punto di vista igienico, ma vengono inseriti perché costituiscono un elemento di attrattiva dal punto di vista organolettico.
Analizzati brevemente ingredienti di base e ingredienti aggiuntivi possiamo fornire qualche consiglio per orientarci sulla scelta basandoci sui due parametri più importanti: l’abrasività e la quantità di fluoro presente.
Abrasività – L’indice di abrasività di un dentifricio viene indicato grazie a una scala denominata RDA (acronimo dei termini inglesi Relative Dentin Abrasivity); in base a questa scala di distinguono le seguenti tipologie di dentifrici:
- dentifrici ad abrasività bassa (indice RDA tra 60 e 70)
- dentifrici ad abrasività media (indice RDA tra 71 e 100)
- dentifrici ad abrasività moderata (indice RDA tra 101 e 120)
- dentifrici ad abrasività alta (indice RDA tra 121 e 200).
In presenza di una dentatura sana, la maggior parte dei dentisti consiglia di utilizzare un dentifricio ad abrasività media (l’optimum sarebbe rappresentato da un prodotto il cui indice oscilli tra 71 e 75). Se però sono presenti problemi di dentina esposta è bene considerare l’uso di dentifrici ad abrasività particolarmente bassa (indice inferiore a 60).
Anche in presenza di dentatura sana è sconsigliabile scegliere un dentifricio ad abrasività alta perché si corre il rischio di danneggiare smalto e dentina esponendo i denti sia a fenomeni cariogenici sia a problemi di sensibilità.
Quantità di fluoro – Altro parametro di notevole importanza nella scelta del dentifricio è quello relativo al contenuto di fluoro. La legislazione vigente impone che la quantità di fluoro presente nei dentifrici non possa oltrepassare le 1.500 ppm (ppm = parti per milione); i soggetti adulti possono orientarsi a dentifrici contenenti quantità di fluoro alquanto elevate (tra 1.350 e 1.500 ppm), mentre per i bambini la scelta deve orientarsi a dentifrici in cui la presenza di fluoro sia inferiore alle 500 ppm.

L’igiene dentale effettuata con dentifricio e spazzolino consiste nel rimuovere sia la placca batterica sia i residui di cibo che rimangono tra i denti.
Tipologie particolari
In commercio oltre ai dentifrici che potremmo definire come generici, che di fatto sono i più comuni, si trovano anche dentifrici che vengono presentati come prodotti dalle proprietà particolari; facciamo riferimento, per esempio, ai cosiddetti dentifrici antiplacca (la proprietà antiplacca dovrebbe essere comune a tutti i dentifrici, ma in questa tipologia particolare vengono aggiunte sostanze specifiche), ai dentifrici antitartaro, ai dentifrici sbiancanti e ai dentifrici desensibilizzanti.
I dentifrici antiplacca vengono solitamente addizionati di sostanze che svolgono, direttamente o indirettamente, un accumularsi eccessivo di placca batterica; tra queste sostanze si ricordano sali di zinco, stagno e alluminio, questi sali inducono la formazione di una pellicola protettiva che impedisce la proliferazione batterica; tale azione viene svolta anche da altri tipi di sostanze, per esempio alcuni enzimi quali l’amiloglucossidasi, la glucosiossidasi e la lattoreossidasi.
In alcune paste dentifricie si trova anche il cloruro di sodio (il comune sale da cucina) che svolge un’azione stimolante a livello di produzione di saliva, liquido che contiene sostanze ad azione antibatterica.
Alcuni dentifrici antiplacca contengono sostanze che svolgono un’azione antibatterica di tipo diretto; la sostanza più comune è la clorexedina; questi prodotti vanno utilizzati però per periodi di tempo limitati perché possono avere alcuni effetti collaterali (la clorexedina per esempio può provocare modificazioni di colore dello smalto) e vanno quindi alternati con dentifrici ad azione più generica.
I dentifrici antitartaro contengono generalmente sostanze che inibiscono la precipitazione dei sali di calcio, sali responsabili della formazione del dannoso e antiestetico tartaro; tali sostanze sono generalmente i pirofosfati, agenti utilizzati ampiamente nell’industria chimica.
I dentifrici sbiancanti contengono solitamente sostanze dall’azione detergente in grado di rimuovere la pigmentazione esterna che viene provocata dal consumo alimentare, dal fumo di sigaretta dalla placca e dal tartaro. Non è necessario che l’abrasività di tali dentifrici sia particolarmente elevata; non è l’azione abrasiva infatti che si dovrebbe sfruttare per sbiancare i denti, bensì specifiche componenti.
I dentifrici desensibilizzanti contengono agenti ad azione desensibilizzante come, per esempio, il cloruro di stronzio o sali di potassio di vario tipo. Queste sostanze dovrebbero formare una specie di barriera che ha lo scopo di chiudere quei micropori attraversi i quali la polpa del dente riesce a percepire le variazioni termiche o di acidità di cibi o bevande che si ingeriscono.
L’efficacia di tali prodotti è limitata a problemi di sensibilità di lieve entità; se il problema non è risolvibile con questa tipologia di dentifricio si può tentare il ricorso a speciali gel ad azione desensibilizzante. Se, ciononostante, il problema non accenna a scomparire, è necessario ricorrere all’intervento di un dentista.