Perché smettere di fumare? La risposta è scontata e a nota a tutti, fumatori e no: perché il vizio del fumo è un vero e proprio attentato alla salute, la propria e quella degli altri (non scordiamoci dei danni derivanti dal fumo passivo), un’abitudine assolutamente incompatibile con uno stile di vita sano; ne parliamo più avanti nel paragrafo Fumo e salute; per il momento vediamo un po’ di numeri, cifre che giustificano il termine “epidemia”; stime recenti parlano, infatti, relativamente al XX secolo, di circa 100 milioni di persone morte a causa del vizio del fumo.
Per quanto riguarda il nostro Paese, mostriamo i dati più recenti (2017) diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità.
Sono 11,7 milioni i fumatori in Italia e rappresentano il 22,3% della popolazione (22,0% nel 2016). Diminuiscono i fumatori maschi: 6 milioni rispetto ai 6,9 milioni del 2016, ma aumentano le donne che da 4,6 milioni del 2016 salgono a 5,7 milioni. Si tratta della differenza minima mai riscontrata tra percentuale di fumatori (23,9%) e percentuale di fumatrici (20,8%).
Gli ex fumatori sono invece il 12,6% e i non fumatori il 65,1%. Si fuma di più tra i 25 e i 44 anni (il 28%) invece nella fascia d’età più giovane, tra i 15 e i 24 anni, fuma il 16,2%.
Si fumano in media 13,6 sigarette al giorno con un picco di 14,1 sigarette sul target 45-64 anni.
Il primato peggiore, facendo riferimento all’area geografica, spetta al Centro dove i fumatori di sesso maschile sono il 26%, al Sud e nelle Isole sono il 25,2% e al Nord il 22,0%, ma sono proprio le regioni settentrionali ad avere la maggiore percentuale di fumatrici (24,6%) rispetto a quella dei fumatori (22%).
Si fumano principalmente sigarette confezionate (94,3%), anche se continua a crescere in modo costante il consumo prevalente di sigarette fatte a mano (9,6%), significativamente più diffuso tra i giovani e preferito dagli i uomini (16,6%) rispetto alle donne (12,8). L’età in cui si accende la prima bionda è di 17,6 anni per i ragazzi e 18,8 per le ragazze. Il 12,2% dei fumatori ha iniziato a fumare prima dei 15 anni.
Per chiudere questa rassegna numerica due dati per meditare su quanto sia deleterio il vizio del fumo:
1) Una sigaretta si brucia 30 mg di vitamina C, metà della RDA giornaliera.
2) In una stanza una sigaretta fa arrivare il livello di polveri sottili a 2.000 microgrammi per metro cubo quando per fermare il traffico ne bastano 75.
Fumo e salute
Come detto in apertura di articolo, il fumo è un vero e proprio attentato alla salute. Fumare aumenta il rischio di ictus cerebrale (fino a venti volte nelle donne che usano contraccettivi orali), aumenta le rughe del viso cui fa assumere una colorazione giallastra, aumenta la frequenza cardiaca e il rischio d’infarto, favorisce il deposito di grassi sulle pareti delle arterie, restringe i vasi sanguigni, riducendo la temperatura delle parti periferiche del corpo, aumenta dell’80% il rischio del tumore alla cervice uterina.
Il danno più grave del fumo è comunque a livello polmonare: enfisema e cancro del polmone sono patologie strettamente connesse al fumo di sigaretta. Si ritiene che in Asia e in Africa si assisterà, nei prossimi decenni, a una vera e propria epidemia di cancro al polmone causata dell’incremento del vizio del fumo (anche di quattro volte in dieci anni) presso popolazioni in cui l’informazione medica non è ancora sufficientemente presente.
Il fumo passivo
Si deve tenere conto anche dei danni provocati anche dal cosiddetto fumo passivo (aspirazione di fumo da parte di non fumatori) che nel nostro Paese provoca circa 10.000 morti all’anno.
In Italia si calcola che le persone che subiscono il fumo passivo siano circa quindici milioni e che un 25% abbia meno di quattordici anni. I bambini sono esposti al fumo passivo soprattutto in casa da parte dei genitori; oltre al danno diretto esiste anche un danno a lungo termine: solo il 15% circa dei bambini con genitori che non fumano diventerà un fumatore, mentre la percentuale sale oltre il 35% quando entrambi i genitori fumano.
Perché smettere di fumare
Se da un lato nel 1714 G. Baruffaldi scrisse la Tabacheide, incoraggiando all’uso del tabacco, già in passato campagne contro il fumo furono promosse dallo scià di Persia Abbas il Grande (la pena consisteva nel taglio delle labbra o addirittura nel rogo), da Giacomo I di Inghilterra (fustigazione) e da Pio XII che invitò i sacerdoti a non fumare.

Non fumare è intelligente, ma lo è ancora di più smettere.
La prima ragione per smettere è molto semplice: per vivere più a lungo. Ci sono molte statistiche che danno la vita persa per ogni sigaretta fumata. Ritengo che non siano abbastanza coinvolgenti perché nessuno si mette a calcolare quanti anni di vita in media si perdano. Penso che sia più semplice dire che:
un fumatore perde in media un numero di anni pari alla metà del numero di sigarette fumate al giorno.
I benefici per chi smette di fumare si manifestano già dopo una settimana, ma diventano veramente sensibili dopo qualche anno, a volte ristabilendo una situazione perfettamente normale.
Concludere che si deve smettere di fumare per la propria salute è un’affermazione che molti fumatori incalliti rigettano dicendo (in parte anche giustamente) che ognuno è libero di decidere la propria sorte (e la propria morte…).
Il Personalismo usa anche un’altra motivazione:
si smette di fumare anche per dignità.
Partendo dal fatto che ci sarà pure un motivo per cui la percentuale di fumatori è tanto più alta dove c’è meno cultura (vedasi le statistiche soprariportate e i devastanti effetti del fumo nei Paesi in via di sviluppo), la motivazione si basa su alcune considerazioni difficilmente contestabili:
a) se ci si definisce fumatori “incalliti” tanto vale definirsi tossicodipendenti e un tossicodipendente che non fa nulla per uscire dalla sua situazione che valori può avere? È singolare che anche persone nobilissime dal punto di vista morale fumino: se non ho rispetto del mio corpo e di me stesso, come posso predicare il rispetto per gli altri, come posso avere una morale quando per una sigaretta sarei pronto a venire a patti con la mia coscienza?
b) Se ci si definisce fumatori “occasionali”, si sarà convinti che “si può smettere quando si vuole” ecc. Il danno fisico per questi soggetti è limitato, per alcuni è addirittura assente; per altri invece è presente e concorre ad aggravare altre patologie. Ma se non si riesce a correggere i piccoli difetti come si può pretendere di correggere i grandi?
Vediamo alcuni esempi dove la dignità va a farsi benedire.
Come sono patetiche le madri che si preoccupano della salute dei propri figli e poi fumano in casa!
Come sono patetici i padri severi che sgridano e puniscono i figli per piccole mancanze quando loro non riescono a fare a meno di una sigaretta!
Come sono patetici i giovani che iniziano a fumare per sentirsi grandi e in realtà hanno bisogno della sigaretta per affrontare la vita. Il futuro padre che fuma avidamente aspettando la nascita del figlio o l’allenatore che fuma nervosamente sulla panchina nei decisivi minuti finali di una partita di calcio sono esempi lampanti di come chi fuma non sa essere forte, calmo ed equilibrato.
Come sono patetici i fumatori che vorrebbero far accettare la loro tossicodipendenza: riporto alcune frasi di Beppe Grillo: “Mi mandano in bestia quelli che al ristorante ti chiedono: le dà fastidio se fumo? Domanda idiota. È come se dicessero: le dà fastidio se le sputo nel piatto?”
Non fumare è intelligente, ma lo è ancora di più smettere.
Come smettere di fumare
A questo argomento abbiamo dedicato un articolo apposito: Smettere di fumare: come.
Ridurre il fumo non serve
Ridurre il fumo non serve: bisogna smettere del tutto. Per ridurre il rischio di morte legato alle patologie provocate dal vizio del fumo è necessario smettere del tutto di fumare; infatti, una riduzione anche della metà non dà risultati utili.
Secondo K. Bjartveit, un medico norvegese direttore di un ente nazionale per il controllo della salute pubblica, afferma che i fumatori devono abbandonare il loro vizio: non c’è regalo migliore per la propria salute che smettere di fumare. Nel corso di uno studio durato vent’anni su 51.000 uomini e donne in Norvegia, Bjartveit e il suo gruppo di ricerca hanno studiato l’impatto della riduzione del fumo sui decessi causati da patologie legate al fumo.
Tutti i soggetti all’inizio dello studio avevano un’età compresa fra i 20 e i 34 anni e sono stati visitati per valutare il rischio di patologie cardiovascolari all’inizio del progetto e altre due volte nel corso dei vent’anni seguenti.
Lo scopo della ricerca, pubblicata dalla rivista Tobacco Control, era quello di determinare se i fumatori avrebbero tratto giovamento da una riduzione pari alla metà nella quantità di sigarette (o altro) consumate quotidianamente.
Secondo Bjartveit, gli effetti a lungo termine della riduzione del consumo non hanno dato alcun beneficio rispetto a chi ha continuato a fumare senza riduzioni. I risultati sono stati identici per uomini e donne. Bjartveit ha aggiunto che è necessario smentire la convinzione che ridurre il fumo sia un bene per la salute: secondo i risultati dello studio non lo è. Il fumo è un grave fattore di rischio per varie patologie, dagli attacchi cardiaci a certi tipi di tumore, dalla bronchite cronica all’enfisema.
Gli esperti del settore stimano che le morti annuali associate al fumo potrebbero raddoppiare entro il 2020, raggiungendo i dieci milioni di persone. Secondo Bjartveit, l’unica via di uscita sicura dal rischio è smettere di fumare.
Il tabacco e la nicotina: un po’ di storia
Nonostante nell’antichità si fumasse anche l’hashish (babilonesi), l’origano (secondo Plutarco), il farfano (Plinio), l’arnica (vosgi), il fumo è tradizionalmente legato al consumo di tabacco.
Con tale nome si indicano varie specie di piante erbacee appartenenti al genere Nicotiana. Di provenienza centroamericana, il tabacco fu introdotto in Europa intorno al 1560 e si diffuse nelle regioni a clima temperato fino a essere coltivato industrialmente. Fu la spedizione di Colombo che, sbarcando a Cuba, scoprì indigeni che fumavano rotoli di cohiva (nella lingua locale i rotoli erano detti tobaccos). Presso i maya il fumo era parte integrante del culto del dio Sole, mentre gli aztechi usavano il tabacco come dote che il pretendente doveva versare in base alla bellezza della sposa.
I missionari spagnoli e portoghesi diffusero il tabacco in tutto il mondo, chiamandolo erba santa e attribuendogli presunte proprietà medicamentose. Per un lungo periodo il tabacco fu usato per il fiuto, poi si diffuse la ciccatura e solo più tardi il fumo. La pianta arriva fino a 2 m di altezza con fusto eretto e peloso. Le foglie allungate o ellissoidali contengono nicotina e composti aromatici. Da esse si ricava il tabacco da fumo o da masticare (Nicotiana tabacum) e quello da fiuto (Nicotiana rustica) attraverso un processo che comporta l’essiccamento, la fermentazione e la stagionatura delle foglie. In agricoltura il tabacco viene usato come pesticida.
I fiori della pianta sono bianchi, rosati, rossi e verdastri e hanno corolla tubulosa. I frutti a capsula forniscono molti semi marroni dai quali si ottiene un olio semiessiccativo.
Il principale alcaloide contenuto nelle foglie del tabacco è la nicotina (dal nome dell’ambasciatore francese a Lisbona Jean Nicot che nel 1560 introdusse in Francia il tabacco) che ha effetti neurotropi sul sistema nervoso centrale e sul sistema nervoso neurovegetativo, con effetti ipertensivi, di accelerazione della frequenza cardiaca e di incremento della secrezione acida dello stomaco.
I principali produttori di tabacco sono Cina, Brasile, India, Stati Uniti d’America, Indonesia e Turchia.