Il punto G dovrebbe essere un punto della vagina notevolmente sensibile alle stimolazioni erotiche. L’uso del condizionale è sicuramente d’obbligo dal momento che sull’esistenza del celeberrimo punto G le discussioni si sprecano: “il punto G esiste: è stato provato” affermano alcuni, “il punto G non esiste: è una colossale panzana” ribattono altri.
Sull’esistenza del punto G, sul come trovarlo, sul come stimolarlo ecc. sono stati e vengono fatti studi, scritti libri e manuali, aperti appositi blog o siti web ecc. Per rendersene conto basta fare una semplice ricerca su Google digitando “punto G”; si trova di tutto e anche di più…
L’impressione che si ha è che la maggior parte della gente sia propensa a credere alla sua esistenza.
Ma facciamo qualche passo indietro, premettendo che la comunità scientifica sembra essere molto scettica sull’esistenza del punto G.
Punto G: una storia… antica
Sembra che la presenza di un punto erogeno particolarmente sensibile nel corpo della donna, oltre al clitoride (che, ricordiamo, è l’organo erettile dei genitali esterni femminili, situato nel punto di congiunzione delle piccole labbra), fosse nota da secoli, almeno nella cultura orientale.
In occidente questa presenza fu ipotizzata molto più tardi, per merito di un medico olandese, tal Reigner de Graaf che ne parlò in suo trattato che non è mai stato ritrovato, ma che è conosciuto perché citato da molti suoi colleghi del tempo.
Similmente a quanto affermavano gli antichi orientali, Graaf sosteneva l’esistenza di una zona erogena particolarmente attiva in prossimità dell’organo genitale. L’argomento è stato ripreso in era moderna (1950) da un ginecologo tedesco, Ernst Gräfenberg, che descrisse dettagliatamente questa zona che fu poi battezzata punto G in suo onore, prendendo spunto dall’iniziale del suo cognome.
Dove si trova il punto G (se esiste)? I “litigi” fra ricercatori
Ammesso e non concesso che il punto G esista, dove dovrebbe trovarsi esattamente?
Secondo Gräfenberg dovrebbe essere localizzato nello spazio presente fra la parete vaginale anteriore e la base della vescica; facendo riferimento all’ingresso del canale della vagina, il punto G dovrebbe essere quindi localizzato a una profondità variabile fra i 5 e gli 8 cm.
Una ricercatrice australiana, Helen O’Connel, ritiene che il punto G non sarebbe altro che la zona terminale interna del clitoride.
Un certo scalpore lo ha fatto uno studio coordinato da un ricercatore italiano (E. Jannini, docente di Sessuologia Medica dell’Università degli studi dell’Aquila) che alcuni anni fa, nel 2008 per la precisione, ha pubblicato uno studio su una nota rivista di sessuologia.
Lo studio di Jannini è stato condotto su un invero ristretto gruppo (20 soggetti) di giovani donne chiedendo loro se avessero o no orgasmi vaginali; 11 donne avevano affermato di non avere orgasmi vaginali, le altre sì; si è quindi osservata l’anatomia della loro vagina utilizzando la tecnica dell’ecografia transvaginale (una tecnica diagnostica che permette di studiare gli organi pelvici femminili; in particolare è possibile esaminare con cura l’utero, le tube, le ovaie e il canale vaginale).
Nelle donne che avevano dichiarato di avere orgasmi vaginali gli studiosi hanno osservato un ispessimento della parete tra uretra e vagina, di fatto un punto maggiormente innervato che sarebbe responsabile della maggiore suscettibilità agli stimoli erotici.
Gli studiosi italiani ritengono quindi di essere riusciti a “fotografare” il punto G affermando che questa zona erogena non esisterebbe in tutte le donne; quelle che ne sono sprovviste non sarebbero in grado di avere orgasmi vaginali.
Jannini afferma: “Il punto G è formato da diversi tipi di tessuti, che comprendono la parte interna del clitoride, corpi cavernosi come quelli del pene, le ghiandole di Skene e nervi che utilizzano gli stessi fattori biochimici dell’eiaculazione maschile”.
Questione risolta? Il punto G esiste? Niente affatto, almeno secondo una ricerca coordinata da Andrea Virginia Burri e da Timothy D. Spector del King’s College di Londra. Lo studio è stato condotto su 1.800 donne (900 coppie di gemelle mono- o eterozigoti); fondamentalmente lo studio era basato sul fatto che se il punto G esiste in una donna, deve per forza esistere in sua sorella gemella che possiede lo stesso patrimonio genetico; ma sembra che ciò non sia emerso. Commentando lo studio Burri afferma “È da irresponsabili avvalorare l’esistenza di un qualcosa (il punto G, N.d.A) che non è stato mai provato e su questo esercitare pressione psicologica sulle donne e pure sugli uomini”.
Una vera e propria doccia fredda per i sostenitori dell’esistenza del punto G, tanto che Chiara Simonelli, psicosessuologa dell’università La Sapienza di Roma ha affermato alquanto sconcertata: “Che alcune donne non abbiano questa zona particolarmente sensibile è possibile, ma che non ce l’abbia nessuna… È come se mi dicessero che non esiste il mignolo”.
Una risposta alquanto singolare che, a modesto parere di chi scrive, appare più emotiva che razionale. Altri autori, più prudenti, affermano che, se è un fatto l’esistenza di un punto di maggiore densità all’interno della vagina, potrebbero essere altre le spiegazioni.
Comunque non solo la Simonelli contestava lo studio condotto da Burri e Spector; circa un mese dopo la sua pubblicazione, lo studio del King’s College è stato pesantemente attaccato dai medici francesi ritrovatisi a un convegno parigino intitolato “Le polemiche sul punto G”; Sylvain Mimoun, uno di questi medici, ha riassunto così le conclusioni: “Lo studio del King’s College è partito da una falsa pista. Ci sono tre idee false sul punto G: pensare che stia nello stesso posto in tutte le donne, che abbia la dimensione fissa di una moneta da 50 centesimi d’euro, e che provochi sempre un orgasmo. Invece non è mai stato così”. Mimoun conclude: “il punto G è una zona erogena particolare che esiste incontestabilmente in alcune donne. Non si tratta di una funzione di eredità, ma di funzionalità”.
Nel 2014, sempre Jannini è in parte tornato sui propri passi; in uno studio pubblicato nell’agosto del 2014 su Nature Review Urology, Jannini e i suoi collaboratori smentiscono l’esistenza di un particolare punto erogeno nel corpo della donna, pur affermando la presenza di un’area molto più estesa e complessa che sarebbe in grado di favorire l’orgasmo; a tale scopo i ricercatori hanno disegnato una sorta di “mappa intima” denominata CUV (complesso clitoro-uretro-vaginale) comprendente tessuti, muscoli, ghiandole e utero. Secondo Jannini quindi, il termine punto è decisamente inappropriato dal momento che il centro del piacere delle donne corrisponde a un’area notevolmente più estesa di quella indicata da Gräfenberg.
Ovviamente, la ricerca di Jannini non è bastata a mettere la parola fine sulla questione e sembra che sull’esistenza del punto G vi sia ancora molto da discutere…