Tatuaggio è un termine che deriva dal francese tatouer che a sua volta ha attinto dall’inglese tattoo, un verbo e un sostantivo adattato dal polinesiano tatau. Con tale termine ci si riferisce sia alla tecnica di decorazione del corpo sia alla decorazione effettuata con detta tecnica.
Originariamente il tatuaggio, pratica che ha radici antichissime, era destinato a durare nel tempo, ma adesso esistono anche tipologie di tatuaggio che hanno carattere temporaneo.
Sostanzialmente, nelle sue forme maggiormente diffuse, per eseguire un tatuaggio si procede incidendo la pelle ritardando, grazie a sostanze particolari, il processo di cicatrizzazione (in questo caso si parla di scarificazione) oppure effettuando delle punture e introducendo nelle ferite delle sostanze coloranti.
Sul perché una persona desideri farsi un tatuaggio si potrebbe discutere per giorni; molti considerano il tatuaggio una forma d’arte, altri un modo di comunicare, altri utilizzano una terminologia decisamente poco prosaica per definirlo.
Nell’era moderna, nei Paesi occidentali, il tatuaggio è stato sicuramente, perlomeno agli inizi, una forma di protesta e di devianza; in seguito però è diventato soprattutto un fenomeno di tendenza, un modo per essere alla moda (ci si scusi il gioco di parole).
Non ci interessa però, in questo articolo, affrontare la questione da un punto di vista storico-enciclopedico; riteniamo, infatti, più produttivo, considerando la mission del nostro sito, affrontare la questione sotto altri due punti di vista, quello salutistico e quello psicologico, quest’ultimo aspetto viene affrontato più avanti in un paragrafo a parte: Tatuaggi: un giudizio critico.
Sicuramente, parlando in termini salutistici, il tatuaggio non sembra una scelta particolarmente felice tant’è che, l’innegabile successo dei tatuaggi, è in parte controbilanciato dalla notevole richiesta di rimozione delle decorazioni ed è fuor di dubbio che la principale motivazione del “pentimento” è legata al timore di futuri o presenti problemi di salute.
Ma quali sono le problematiche salutistiche legate ai tatuaggi? Diverse; fra queste si ricordano le infezioni; la FDA, per esempio, ha messo in guardia sui problemi causati dal Mycobacterium chelonae, un micobatterio che può trovarsi negli inchiostri e provocare patologie polmonari, problemi alla vista, infezioni alle articolazioni e ad altri organi. Il micobatterio in questione, comunque, non è l’unico che può contaminare le tinture utilizzate per i tatuaggi.

Tatuaggio è un termine che deriva dal francese tatouer che a sua volta ha attinto dall’inglese tattoo, un verbo e un sostantivo adattato dal polinesiano tatau
Vanno poi considerati i rischi legati a strumentazione non correttamente igienizzata; i rischi sono sicuramente importanti: epatite, tetano, HIV e altre patologie infettive più o meno gravi.
Chi decide di farsi tatuare dovrebbe perlomeno essere sicuro che la struttura cui si rivolge rispetti in modo scrupoloso tutte le norme igieniche previste dalla legge, legge che peraltro, come nel caso del piercing, prevede che se il soggetto che richiede un tatuaggio è minorenne, occorre il consenso di chi esercita la patria potestà.
L’aspetto salutistico comunque non è certamente l’unico che spinge a rimuovere i tatuaggi; talvolta la volontà di eliminazione delle decorazioni ha motivazioni estetiche o di immagine (giusto o no, molti datori di lavoro, fra un dipendente fortemente tatuato e uno dall’aspetto meno appariscente, optano per quest’ultimo) o psicologiche (si pensi a chi si era fatto tatuare per “celebrare” una storia di amore e poi è stato inopinatamente mollato dal suo partner).
Ma come si fa a rimuovere un tatuaggio? Le tecniche sono molteplici; si va da quelle di natura chimica come il peeling o il tatuaggio aggiuntivo a quelle di natura chirurgica (dermoabrasione, escissione e curettage) o fisica (coagulazione con infrarossi, crioterapia, laser, elettrofolgorazione).
Tatuaggio: un giudizio critico
La showgirl Belen (2013) si è pentita dei suoi tatuaggi e lo ha fatto pubblicamente con un “bambini, non fatelo!”.
Alcuni hanno ironicamente sottolineato che i bambini i tatuaggi non li fanno (cosa che peraltro non è del tutto vera…), dimostrando però una propensione razionale minore di quella di una ragazza che magari loro ritengono una svampita. Infatti, dovrebbe essere chiaro a ogni genitore il principio di emulazione secondo cui è troppo tardi lanciare precetti quando il ragazzo è adolescente, ormai soggetto all’influenza di amici che per lui “contano di più dei genitori”. Quello che invece impariamo a valutare negativamente da bambini, molto probabilmente passerà indenne dai “consigli” dell’amico “dannato” di turno.
Tornando ai tatuaggi, spesso chiedo in chi li sostiene di indicarmi un solo motivo valido per farseli. Poiché non ne hanno uno pronto, ci si arrampica sugli specchi e si sostiene che “male non fanno”.
A dire il vero però, chi sa leggere la realtà scoprirà facilmente che nessuna persona comune che ha una vita facile facile usa farsi tatuaggi. Spieghiamo la frase.
1) Per persona intendiamo un adulto. Il fatto che ci si faccia un tatuaggio da adolescenti e che il numero di chi se li fa diminuisca drasticamente con il passare dell’età, indica già una certa correlazione fra tatuaggi e immaturità. In altri termini, se sei maturo non tatuarti (Belen è maturata…).
2) Per persona comune s’intende chi non è un artista o uno sportivo famoso, cioè il 99,9… % delle persone. Infatti, la celebrità ha condizioni talmente facilitanti che può permettersi una certa dose di comportamenti critici senza che la sua qualità della vita ne risenta in maniera significativa.
3) Una vita difficile non è certo una colpa, ma lo diventa se è tale per nostre scelte. Se un ragazzo detesta studiare, lavorare ecc. non può poi prendersela con la società se ha una vita difficile. Così il tatuaggio, rivelando una non completa maturità (un po’ come ritenere la discoteca il massimo della vita può essere sensato in un adolescente, ma penoso in una persona matura), in un adulto che lo approva è un indicatore esistenziale negativo, una specie di rituale con cui la persona cerca di sfuggire alla sua sopravvivenza.
4) Il tatuaggio non è condannabile in sé, ma lo diventa se la persona non ha un motivo valido per farselo; nelle prossime righe spiegheremo questo punto fondamentale.
Per il Personalismo il rapporto fra intelligenza razionale (ragione) e intelligenza affettiva (sentimento) funziona così: la ragione controlla che non ci siano problemi e poi lascia libero il sentimento. Se manca questo controllo preventivo i risultati della vita sono del tutto casuali.

Il tatuaggio non è condannabile in sé, ma lo diventa se la persona non ha un motivo valido per farselo
I tatuaggi sono un indicatore esistenziale non in sé, ma perché nella stragrande maggioranza dei casi vengono fatti senza un positivo motivo razionale. Per esempio farseli come segno di appartenenza a una banda non è certo positivo; ma nemmeno come segno di appartenenza a un gruppo perché, di fatto, si annega la propria personalità in esso, perdendo un po’ della propria libertà, proprio come il militare che sfoggia la divisa anche quando non è in servizio.
Farsi un tatuaggio non è positivo nemmeno se serve a dimostrare amore eterno al partner (romanticismo). C’è poi l’apparente che spera che il tatuaggio migliori l’aspetto fisico (vedasi l’articolo sull’errore di importanza): a differenza del trucco, un tatuaggio non migliora mai l’aspetto di una persona, tant’è che nessuna donna brutta diventa passabile solo perché ha un tatuaggio; in campo maschile, per un apparente un tatuaggio può essere simbolo di forza e coraggio ed essere ritenuto un plus nell’estetica perché in grado di attirare il pubblico femminile, ma ciò è palesemente una manifestazione di vanità, proprio come chi sfoggia muscoli da palestrato per sembrare (non essere!) più virile.
C’è infine chi se lo fa per insicurezza: incapace di mostrare agli altri qualcosa con i propri pensieri, le proprie azioni, le proprie parole viene più semplice farlo con un disegno sul corpo (rientrano in questa classe i pochi che si fanno tatuare solo in zone sessualmente rilevanti).
Il mi piace – L’aspetto più critico è che nella maggioranza dei casi l’unica risposta al perché tatuarsi è uno sconsolante “perché mi piace!”. Una forma d’irrazionalità che evidenzia l’incapacità di chiedersi il perché delle proprie azioni (proprio come chi crede nell’astrologia o chi gioca al SuperEnalotto sperando di vincere, senza approfondire la questione).
Dire “faccio una cosa perché mi piace” significa abdicare alla propria razionalità, non ragionare sulla propria vita” (il concetto vale per i tatuaggi come per ogni altra cosa: molti matrimoni falliscono semplicemente perché si è scelto il partner solo “perché piaceva”).
Sapete perché molte persone sono scettiche su chi ha un bel tatuaggio in vista? Perché non ci sono spiegazioni “affidabili” a esso. Il tatuato di turno si offenderà, non capendo che tutti noi (lui compreso!) giudichiamo in base alla spiegazione dei comportamenti: se una persona va in giro con un vaso in testa dicendo “faccio così perché mi piace”, molti risponderanno “ok, fai pure”, ma dentro di loro è già tanto se ne danno un giudizio del tipo “povero mentecatto…”.
Analogamente la persona tatuata appare inaffidabile perché il suo comportamento basato sul “mi piace” non offre nessuna garanzia di stabilità.
In sintesi, farsi un tatuaggio, giocare al SuperEnalotto, leggere un oroscopo sono cose che non permettono di arrivare in cima alla qualità della vita perché sottintendono un modo troppo superficiale (e irrazionale) di affrontare le cose (manca la consapevolezza della propria azione).
Che manchi un motivo razionale al tatuaggio è dimostrato dal fatto che il tatuarsi diventa sempre meno frequente con l’andare avanti negli anni perché la persona adulta è più propensa a pesare le proprie azioni; solo chi ha fatto del tatuaggio una sorta di rito religioso (e si riempie il corpo fino a snaturarlo) persevera.
Tatuaggi e frasi latine
Molte persone sceglono come tatuaggio una frase latina; fra quelle più richieste si ricordano le seguenti:
- Ad maiora
- Amor vincit omnia
- Audentes fortuna iuvat
- Carpe diem
- Faber est suae quisque fortunae
- Memento audere semper
- Omnia fert aetas
- Per aspera ad astra
- Primum vivere, deinde philosophari

Tatuaggio con la celebre locuzione latina “Carpe diem”