L’invecchiamento è un fenomeno fisiologico graduale e individuale; esso può infatti manifestarsi con modalità e tempistiche differenti; lo caratterizzano importanti modifiche a livello fisico, cognitivo e psichico. Tali modifiche sono spesso evidenti nella nostra esperienza di vita comune (senza cioè il supporto di dati e teorie scientifiche), osservando da vicino l’evoluzione della vita quotidiana degli anziani.
Non altrettanto evidente è il perché si invecchia in questo modo. Su questo tema gli studiosi sono divisi e hanno avanzato diverse teorie. Francis Bacon (in Storia della vita e della morte) elencò le varie spiegazioni che la scienza del XVI secolo dava dell’invecchiamento. Da allora il pensiero scientifico ha fatto passi da gigante, ma su questo argomento molte sono ancora le teorie che si contendono la piazza. Tralasciando le più suggestive, vengono presentate le teorie sull’invecchiamento attualmente ritenute con un fondamento scientifico.
Invecchiamento: le teorie genetiche
Negli ultimi decenni la genetica ha fatto passi da gigante ed è del tutto normale pensare che giocherà un ruolo fondamentale per fermare l’invecchiamento.
La teoria della catastrofe degli errori – Questa teoria è stata formulata nella prima metà degli anni ’70 del XX secolo da Leslie Eleazer Orgel, un biochimico inglese. Secondo Orgel i processi biochimici alla base della vita cellulare sono governati dalla trasmissione di informazioni tra il DNA (acido desossiribonucleico) e l’RNA (acido ribonucleico), responsabili della sintesi proteica.
Se durante il processo di trasmissione dell’informazione si verificano errori, essi si propagano con un effetto a valanga fino alla catastrofe (la morte cellulare). Secondo la teoria, ogni organismo riceve in eredità un’informazione in cui si trova un programma che organizza la sua attività biologica; nel corso della replicazione del programma si verificano degli errori che possono dar luogo ad altri errori; inizialmente tali errori possono essere corretti, ma in alcuni casi si stabilizzano o non vengono rilevati in quanto la loro entità è minima. Nel corso del tempo, seppur lentamente, la ripetizione e l’assommarsi degli errori danno luogo a conseguenze negative sempre più evidenti che culminano con il decadimento senile e la morte.
Questa teoria è più “filosofica” che sperimentale ed è citata solo per motivi “storici”.
La teoria di Hayflick – Nel 1961 il biologo Leonard Hayflick ha elaborato una teoria secondo la quale ogni cellula dell’organismo umano è legata in modo indissolubile alla specie di appartenenza. Egli osservò che alcuni tipi di cellule si riproducono continuamente (per esempio quelle della pelle), altri tipi mai (i neuroni). In altre parole, ogni cellula può replicarsi un numero finito di volte (una specie di conto alla rovescia fino alla morte) e tale numero (Hayflick limit, il limite di Hayflick) dipende dal tipo di cellula e dalla specie di appartenenza. Solo le cellule tumorali possono riprodursi in modo indefinito. Egli non seppe definire con esattezza quale struttura della cellula fosse responsabile del conto alla rovescia, anche se oggi le teorie genetiche dei telomeri sembrano fornire una spiegazione in accordo con la teoria di Hayflick.
La teoria dei telomeri – Attualmente, la teoria dei telomeri è una delle più accreditate in ambiente scientifico. Secondo tale teoria esisterebbero geni (teoria genetica) che comandano il processo d’invecchiamento. In particolare, l’attenzione degli scienziati è attirata dai telomeri (dal greco telos, fine), un tratto del DNA che termina i cromosomi. Consultate l’articolo sui telomeri per maggiori approfondimenti.
– I telomeri non sono il solo punto di contatto fra genetica e invecchiamento. Più in generale le teorie genetiche sull’invecchiamento studiano i geni per scoprire quali siano quelli legati alla longevità.
La basi della teoria genetica si basano su più evidenze:
1) la grande differenza della durata della vita nelle varie specie animali;
2) riferendosi alla specie umana, l’esistenza di famiglie di grandi longevi;
3) le malattie su base genetica (progeria, sindrome di Werner, sindrome di Down ecc.) caratterizzate da un accelerato invecchiamento e conseguente ridotta durata della vita. Quest’ultimo punto è stato studiato soprattutto su animali.
Le cellule staminali – Una strada più modesta, ma sulla quale sono riposte molte speranze, è quella delle cellule staminali. Le cellule staminali sono cellule indifferenziate (che non hanno assunto cioè una particolare specializzazione) presenti nell’embrione, nel feto, nel cordone ombelicale e in organi e tessuti dell’adulto (midollo spinale, cervello, retina ecc.); da esse si originano i 210 tipi di cellule che costituiscono il corpo umano.
Nel 1988 J. Thomson (Madison University, Wisconsin) riuscì a farle riprodurre in vitro. Sono importanti perché, reintrodotte nell’organo, possono riparare lesioni specifiche. Se si riuscisse a programmarle totalmente potremmo disporre di organi di ricambio (cellule nervose per curare l’Alzheimer, cellule del cuore per riparare i danni dell’infarto ecc.), riuscendo a debellare molte patologie letali.

L’invecchiamento è caratterizzato da importanti modifiche a livello fisico, cognitivo e psichico.
Le teorie biochimiche
Vengono esposte le tre più accreditate.
La teoria dei prodotti di rifiuto – Il metabolismo è definito come l’insieme delle reazioni chimiche che hanno luogo negli organismi viventi e contribuiscono alla trasformazione e all’utilizzo dell’energia introdotta con gli alimenti. Le modificazioni energetiche che si verificano consentono agli organismi viventi la vita e l’accrescimento.
In generale, il metabolismo è distinto in due fasi: il catabolismo, nel quale le molecole complesse sono spezzate durante la digestione, liberando energia, e l’anabolismo, nel quale si verificano le reazioni di sintesi delle sostanze necessarie all’organismo, a scapito dell’energia liberata nel catabolismo. La teoria ipotizza che durante il metabolismo si formino prodotti, simili ai rifiuti, completamente inutilizzabili ma che la cellula non è in grado di eliminare. Sono state anche identificate alcune sostanze di rifiuto, come la lipofuscina. Con il passare del tempo, le sostanze si accumulano e provocano la compromissione delle funzionalità vitali. La teoria continua ad avere sostenitori, ma scientificamente ha poche prove.
Teoria dell’usura – Poiché l’uomo e tutti gli animali vivono immersi nell’ambiente naturale, è stato supposto che fattori esogeni possano essere responsabili dell’invecchiamento: tra essi i fattori climatici (luce, temperatura, umidità), i contenuti minerali delle acque e degli alimenti e soprattutto le radiazioni atmosferiche, le onde elettromagnetiche e i raggi solari.
Tutti questi agenti esogeni, in vario modo, agirebbero sul soma, comportando modificazioni cellulari, responsabili dell’invecchiamento.
Teoria dei radicali liberi – Nel 1954 D. Harman (premio Nobel nel 1995) ipotizzò che la causa della senescenza fossero i radicali liberi prodotti durante i processi metabolici. Leggete l’articolo di approfondimento.
Le teorie mediche
A differenza delle teorie genetiche, quelle mediche riconducono l’invecchiamento a un sostanziale deperimento della funzionalità dell’organismo.
La teoria ormonale (neuroendocrina) – È una delle più antiche, sostenuta, tra gli altri, dal russo Vladimir Dilman fin dagli anni Cinquanta. Il nostro orologio biologico sarebbe governato dall’ipotalamo e dall’ipofisi. La loro funzione è quella di attivare la secrezione di ormoni o inibirla agendo su ghiandole e, indirettamente, su tutti gli organi bersaglio del corpo. L’apparato endocrino è estremamente complesso e si basa su principi di equilibrio tra i vari ormoni prodotti. Quando tale equilibrio viene meno, il sistema di controllo comincia a non funzionare più correttamente, le funzioni vitali si modificano e il corpo invecchia.
Una delle teorie più interessanti sull’invecchiamento è quella ormonale: alcuni ormoni con l’età diminuiscono provocando molti dei problemi associati comunemente alla vecchiaia. Fra questi ci sono l’HGH e il DHEA.
A supporto di questa teoria vi sono molte osservazioni:
- la ridotta produzione di ormoni sessuali (soprattutto nella donna in menopausa);
- la ridotta produzione dell’ormone della crescita (GH, Growth Hormone) e di un particolare ormone derivante dalla surrenale (DHEA – Deidroepiandrosterone).
La teoria immunologica – Secondo questa teoria il corpo invecchia a causa della perdita di funzionalità e prestazioni del sistema immunologico, deputato a difenderci dagli attacchi esterni. Non solo con il passare del tempo il sistema è incapace di evitare l’insorgere di patologie, ma si confonde, attaccando anche i tessuti degli organi vitali, provocandone atrofia e degenerazione.
La risposta immunitaria subisce con l’invecchiamento una progressiva riduzione dovuta a diversi fattori:
- atrofia del timo. Dopo la pubertà il timo (un organo situato dietro allo sterno) si riduce a una piccola massa di tessuto atrofico. A questa atrofia consegue una progressiva perdita dell’efficienza dell’immunità cellulo-mediata, dovuta ai linfociti T (T da timo) e ai fattori stimolanti (timopoietina, linfochine) la loro differenziazione in cellule attive, che neutralizzano sostanze estranee all’organismo (i cosiddetti antigeni).
- Fenomeni involutivi del midollo osseo, della milza e delle linfoghiandole.
Aumento di immunoglobuline di natura anticorpale (cioè dirette verso lo stesso organismo).
- Riduzione di altre cellule, implicate nei meccanismi immunitari, quali i macrofagi e i neutrofili, e soprattutto le cellule citotossiche K (Killer) e NK (Natural Killer).
- I primi due punti portano all’aumento di processi infettivi e alle loro complicanze, mentre il terzo all’aumento della probabilità di patologie autoimmuni di media o alta gravità (artrite reumatoide ecc.) o all’aggravamento di altre malattie, comuni nell’età avanzata, dipendenti da altra causa primaria (quali ictus, cardiopatia ischemica, demenza vascolare ecc.). Il quarto punto è associato principalmente all’aumento di incidenza di alcuni tumori nell’anziano.
Recenti ricerche indicano che in anziani sani il deficit del sistema immunitario è relativamente meno pronunciato: ciò fa supporre che le alterazioni osservate potrebbero essere effetto, più che causa, di malattie concomitanti.
Altre ricerche sui centenari dimostrano che i sistemi di difesa, in questi soggetti di eccezionale resistenza biologica, mantengono un elevato grado di efficienza, tanto da poter essere considerati un marker genetico di longevità. Le cellule immunocompetenti, infatti, conservano adeguate capacità replicative e di risposta agli stimoli antigenici.
Partendo dall’ipotesi immunologica dell’invecchiamento, uno studioso italiano, C. Franceschi, ipotizza che le potenzialità del nostro sistema immunitario, geneticamente determinate, vengano progressivamente esaurite nel corso della vita in relazione all’aggressione antigenica, derivante dal ripetuto contatto con sostanze estranee che invadono l’organismo, in particolar modo virus e batteri.
Il miglioramento delle condizioni igieniche, che si è verificato nei paesi civilizzati, può aver ridotto in misura considerevole l’aggressione antigenica, preservando più a lungo il sistema immunitario ed evitandone un rapido esaurimento. Questo fattore potrebbe giustificare, assieme ad altri, il significativo aumento della durata media della vita.
Teoria del doppio agente – Questa teoria ha unificato varie teorie sull’invecchiamento; l’ipotesi principale che le malattie correlate all’età siano il prezzo che si deve pagare per tenere sotto controllo il rapporto tra eliminazione dei radicali liberi ed espressione genetica.

L’invecchiamento è un fenomeno fisiologico graduale e individuale; esso può infatti manifestarsi con modalità e tempistiche differenti
La teoria di Albanesi
Nessuna delle teorie proposte in passato può essere definita vincente. In realtà, gli studiosi pensano che l’invecchiamento sia dovuto a un insieme di cause e che alcune delle teorie precedentemente esposte non siano che la spiegazione di una sola delle diverse cause reali.
Con un’analisi critica di quanto emerso dalla letteratura scientifica degli ultimi 20 anni, mi appare logico formulare una teoria composita per la quale l’invecchiamento dipende da questi fattori:
- predisposizione genetica;
- sbilanciamento del metabolismo dei radicali liberi;
- riduzione delle difese da agenti esterni;
- aumento delle reazioni autoimmuni;
- psicologia del soggetto.
Molto meno valide ritengo siano le argomentazioni della teoria ormonale perché gli esperimenti condotti sul ripristino dei livelli di certi ormoni (ormone della crescita e DHEA) hanno dato risultati francamente deludenti.
Il primo punto è tuttora un punto interrogativo ed è la sfida che la genetica deve vincere durante questo secolo.
Sul secondo punto si deve notare che gli studi sugli atleti hanno ormai dimostrato che non è tanto importante la quantità di radicali liberi prodotta (negli sport di resistenza per esempio aumenta considerevolmente) quanto il bilancio fra quantità prodotta e quantità smaltita (negli sport di resistenza aumenta nettamente anche la capacità di smaltire i radicali liberi per cui complessivamente lo sport di resistenza è un fattore anti-radicali liberi).
Il terzo e il quarto punto richiamano la teoria immunologica; faccio solo notare, che nella mia visione, i due punti sono mantenuti distinti per capire la difficoltà di combatterli perché, in un certo qual senso, “opposti”: esistono per esempio farmaci (cortisonici) che risolvono il problema 4, ma aggravano il 3.
Il quinto punto è, a mio avviso, importantissimo e lo inserisco nella teoria perché è incredibile che le precedenti teorie si siano dimenticate dell’interazione corpo-mente. È del tutto evidente che molti anziani hanno un crollo verticale non appena crollano le loro aspettative di vita, va cioè in crisi la parte psicologica del soggetto. Ho rilevato che in realtà l’invecchiamento psicologico influenza l’invecchiamento totale nella stragrande maggioranza degli individui già a partire dai 30 anni, per cui deve ritenersi un fattore principale, esattamente come altri fattori di natura fisica.