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Elettrocardiogramma

L’elettrocardiogramma (ECG) è il tracciato ottenuto mediante l’elettrocardiografo che registra l’attività del cuore tramite elettrodi applicati in diversi punti del corpo (si utilizzano dieci elettrodi posti sul torace e sugli arti inferiori e superiori).

Elettrocardiogramma – A cosa serve

L’elettrocardiogramma consente di rappresentare graficamente l’attività elettrica cardiaca durante la fase di contrazione (sistole) e di rilasciamento (diastole) degli atri e dei ventricoli.

Il principio che sta alla base dell’elettrocardiogramma è quello che le contrazioni muscolari si accompagnano a variazioni elettriche che vengono denominate depolarizzazioni; tali depolarizzazioni possono appunto essere registrate grazie agli elettrodi che vengono applicati sulla superficie corporea.

La registrazione dell’attività elettrica del cuore è resa possibile dal fatto che i liquidi interstiziali del corpo sono in grado di condurre elettricità. La rappresentazione grafica dell’attività elettrica del cuore viene fatta su una carta millimetrata che scorre nell’elettrocardiografo; la velocità di un elettrocardiografo è di 25 mm al secondo; i lati dei quadrati rappresentati sulla carta millimetrata misurano 5 mm, onde per cui cinque di essi rappresentano un secondo; sulla carta è possibile osservare tre onde positive (onde P, R e T) e due onde negative (onde Q e S). Talvolta è possibile osservare, dopo l’onda T, un altro tipo di onda (onda U); è inoltre possibile apprezzare alcuni intervalli che vengono denominati PQ, QRS, QT  e il segmento ST.

Scopo fondamentale dell’elettrocardiogramma è quello di verificare se l’attività elettrica dell’organo cardiaco è normale o se invece vi è la presenza di condizioni patologiche che condizionano negativamente l’attività meccanica o bioelettrica del cuore. Nel caso vi siano determinati problemi cardiaci, l’aspetto dell’elettrocardiogramma risulterà diverso da quello del tutto caratteristico di una situazione normale.

I problemi cardiaci nei quali il ruolo dell’elettrocardiogramma risulta fondamentale sono:

  • angina pectoris
  • aritmie
  • cardiopatia ischemica nelle sue varie forme cliniche
  • disturbi di conduzione
  • infarto miocardico
  • malattie delle valvole cardiache
  • scompenso cardiaco.

 

Lettura del tracciato

A prima vista la lettura di un elettrocardiogramma può sembrare un’impresa particolarmente ardua, ma grazie all’indicazioni seguenti è possibile farsi un’idea di massima; vediamo quindi gli aspetti più significativi di un elettrocardiogramma.

Onda P e tratto PQ – L’onda P dell’elettrocardiogramma è l’onda che visualizza lo stato di attivazione degli atri; la contrazione di questi ultimi (sistole atriale) non è particolarmente potente, conseguentemente la P è un’onda di dimensioni ridotte (ampiezza uguale o inferiore a 2,5 mm) e la cui durata va dai 60 ai 120 ms; offre indicazioni del tempo impiegato dall’impulso per propagarsi a entrambi gli atri (può servire appunto per la diagnosi di patologie atriali come il flutter); il tratto PQ, piano e privo di onde, misura il tempo che intercorre dal momento in cui iniziano ad attivarsi gli atri fino al momento in cui si attivano i ventricoli.

Complesso QRS – Successivamente troviamo il complesso QRS, formato dall’onda Q, breve e verso il basso (è un’onda negativa che corrisponde alla depolarizzazione del setto intraventricolare), l’alta e stretta onda R (corrisponde alla depolarizzazione dell’apice del ventricolo sinistro) e la piccola onda S, anch’essa verso il basso (è un’onda negativa anch’essa che corrisponde alla depolarizzazione delle regioni basale e posteriore del ventricolo sinistro); il complesso caratterizza la sistole ventricolare con l’arrivo dell’impulso ai ventricoli (onda Q) e l’estensione a tutto il tessuto (onde R e S). Il complesso QRS dà indicazioni su aritmie, fibrillazioni e può essere utile anche in caso d’infarto del miocardio. La durata del complesso QRS ha una durata compresa tra i 60 e i 90 ms. In questo intervallo si ha anche la ripolarizzazione atriale; quest’ultima però non è visibile in quanto mascherata dalla depolarizzazione del setto intraventricolare.

Tratto ST – Il lungo intervallo ST che segue l’onda S e comprende l’onda T può rilevare problemi ischemici, visto che rappresenta il periodo in cui i ventricoli si contraggono e poi (con l’onda T) ritornano a riposo. Di norma si trova sulla linea di base dell’elettrocardiogramma, linea dalla quale può spostarsi verso il basso o verso l’alto per non più di un mm.

Onda T – L’onda T rappresenta la ripolarizzazione dei ventricoli (ovvero il momento in cui i ventricoli hanno terminato la loro fase di attivazione e sono pronti per una nuova contrazione); non è facilmente rilevabile dal momento che il suo valore può essere decisamente piccolo; l’onda T permette di avere indicazioni sull’ipertrofia cardiaca, l’infarto del miocardio e l’ischemia cardiaca.

Intervallo QT – L’intervallo QT è la rappresentazione della sistole elettrica, ovvero quel periodo di tempo in cui si hanno la depolarizzazione e la ripolarizzazione dei ventricoli. La durata di questo intervallo varia a seconda della frequenza cardiaca; di norma tale frequenza oscilla tra i 350 e i 440 ms.

Onda U – L’onda U che fa parte del processo di ripolarizzazione ventricolare; non è un’onda sempre apprezzabile in un elettrocardiogramma.

Elettrocardiogramma

Elettrocardiogramma: come si fa

La registrazione dell’elettrocardiogramma può avvenire a riposo o sotto sforzo. Nel primo caso il grafico può evidenziare patologie delle coronarie, alterazioni del ritmo cardiaco (aritmie, extrasistole, fibrillazioni), variazioni del volume cardiaco (ipertrofia) e della conduzione dell’impulso elettrico (blocchi).

L’elettrocardiogramma non è però garanzia del funzionamento del cuore per il futuro. Con l’elettrocardiogramma da sforzo è invece possibile ottenere un tracciato dinamico in grado di evidenziare cardiopatie latenti, nonché di stabilire i limiti dell’attività fisica per i pazienti affetti da scompensi coronarici (per approfondimenti rimandiamo al nostro articolo ECG  da sforzo); un test sotto sforzo si dice positivo qualora sul tracciato elettrocardiografico compaiano segni di ischemia o nel caso in cui il soggetto avverta dolore al petto.

L’elettrocardiogramma a riposo (anche elettrocardiogramma basale) viene eseguito con il paziente in posizione supina; vengono applicati sulla cute gli elettrodi che hanno lo scopo di registrare le variazioni di carica elettrica che corrispondono alle varie fasi dell’attività del muscolo cardiaco. Sei elettrodi vengono posizionati sul torace, i rimanenti vengono messi uno per ciascun braccio e uno per ciascuna gamba; il cuore viene quindi osservato da punti di osservazioni diverse (detti punti vengono denominati derivazioni).

L’elettrocardiogramma basale è un esame semplice, non richiede alcuna preparazione particolare, non è invasivo, è indolore ed è privo di rischi (non ha quindi controindicazioni, al contrario dell’elettrocardiogramma sotto sforzo che è controindicato in coloro che sono affetti da grave insufficienza cardiaca).

Ovviamente si deve tenere conto del fatto che un elettrocardiogramma a riposo “fotografa” la situazione cardiaca nel momento in cui esso viene effettuato e conseguentemente non si ha la garanzia di una diagnosi sicura dal momento che determinati sintomi potrebbero non presentarsi durante il periodo di esecuzione dell’esame per cui in determinate situazioni potrebbe essere consigliabile eseguire un elettrocardiogramma dinamico noto anche come Holter; l’elettrocardiogramma dinamico è una tecnica di registrazione prolungata (24-48 ore) dell’elettrocardiogramma. La registrazione viene effettuata per mezzo di un apparecchio portatile dotato di supporti (cassette magnetiche o memorie elettroniche) sui quali viene registrato il tracciato elettrocardiografico.

L’apparecchio portatile è molto piccolo e permette al paziente in esame di svolgere le normali attività che caratterizzano la sua giornata; il paziente viene fornito anche di un diario dove egli dovrà annotare vari dati (attività svolte, orari ed eventuali disturbi avvertiti). La tenuta del diario è fondamentale per la corretta esecuzione dell’esame in quanto il medico potrà correlare le attività svolte e gli eventuali disturbi con le eventuali alterazioni elettrocardiografiche. Per approfondire questo punto si consulti il nostro articolo Holter.

elettrocardiogramma ecg

L’elettrocardiografo è un’apparecchiatura inventata nel 1887 dal tedesco Augustus Waller e perfezionata successivamente dal fisiologo William Einthoven

Elettrocardiogramma e cuore d’atleta

Uno studio dell’Istituto di Scienza dello Sport dell’università di Roma di alcuni anni fa ha sottoposto 1.005 atleti a un elettrocardiogramma, rilevando che nel 40% dei casi c’erano delle anomalie. Successivi esami (soprattutto ecocardiografie) hanno rilevato che solo una percentuale minima di atleti aveva effettivamente qualcosa al cuore. Sostanzialmente chi pratica sport ha un elettrocardiogramma diverso dall’elettrocardiogramma di un sedentario perché i loro cuori sono diversi.

C’è da chiedersi allora perché i medici sportivi continuino a leggere l’elettrocardiogramma di soggetti sportivi come quello di sedentari, obbligando a esami complementari (che spesso vengono richiesti ogni anno) che possono spaventare l’atleta non acculturato in materia (la classica frase: “Sì, probabilmente non c’è nulla, ma è meglio fare un’ecografia“). Non sarebbe più opportuno abbinare fin da subito un’ecografia? Per approfondimenti si consulti il nostro articolo: Cuore d’atleta (ipertrofia cardiaca da sport).

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