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Enzimi cardiaci

Gli enzimi cardiaci (talvolta detti biomarcatori cardiaci) sono proteine presenti nelle fibre muscolari cardiache. Di norma, queste proteine sono rilevabili nel sangue in concentrazioni bassissime; quando però le cellule del cuore (miociti cardiaci) subiscono un danno o uno stress di un certo rilievo a seguito di ischemia, gli enzimi cardiaci vengono rilasciati nel circolo sanguigno in quantità particolarmente elevate.

Quali sono gli enzimi cardiaci?

Gli enzimi cardiaci normalmente misurati sono i seguenti:

  • AST (aspartato aminotransferasi o GOT)
  • CPK (creatinfosfochinasi); in particolare l’isoforma CK-MB
  • LDH (lattato deidrogenasi)
  • Mioglobina
  • Troponine.

Enzimi cardiaci: cosa significa se i valori sono alterati (alti)?

Da quanto spiegato in precedenza si evince che la misurazione dei livelli degli enzimi cardiaci ha un ruolo di una certa importanza nell’insieme dei vari esami effettuati per la diagnosi di infarto miocardico e sindrome coronarica acuta (locuzione con la quale si indica un ampio spettro di alterazioni cliniche, elettrocardiografiche e di laboratorio il cui denominatore comune è rappresentato da un’ostruzione delle coronarie, parziale o totale, determinante ischemia).

La misurazione dei livelli degli enzimi cardiaci viene spesso impiegata anche nella valutazione del rischio di insorgenza di una di queste condizioni patologiche o nel monitoraggio di soggetti nei quali si sospetta la presenza di una di esse.

Va precisato che la misurazione degli enzimi cardiaci può fornire indicazioni sulla presenza o no di lesione miocardica, ma, nel caso questa sia presente, tali marcatori non danno informazioni sul meccanismo responsabile di tale evento.

Alti livelli di enzimi cardiaci in circolo si riscontrano non soltanto quando si verificano eventi cardiovascolari, ma anche nel caso di eventi traumatici, distrofie muscolari e sforzi particolarmente intensi.

Enzimi cardiaci e infarto del miocardio

L’infarto miocardico acuto è un gravissimo evento patologico cardiovascolare che si verifica in seguito a un’ischemia acuta che si prolunga per più di 15-20 minuti e che causa danni permanenti al muscolo cardiaco; di fatto si verifica una necrosi (morte di tessuto cellulare) che è più o meno estesa a seconda della gravità dell’evento. Tale necrosi determina, fra le altre cose, un rilascio nel torrente ematico di elevate quantità di enzimi cardiaci.

L’innalzamento dei livelli degli enzimi cardiaci non è contemporaneo; si distinguono infatti indicatori precoci (<6 ore) e indicatori tardivi (>6 ore).

Nella prima categoria rientrano:

CPK (isoforma CK-MB) – Nel siero sono presenti due isoforme dell’enzima CK-MB, MB2 e MB1; di norma il loro rapporto è uguale a 1. Dal momento che nel corso di un infarto miocardico acuto la forma MB2 viene inizialmente rilasciata in quantità tali da non causare un aumento assoluto dei livelli di CPK-MB, si ritiene che un valore di CPK-MB>1 U/L e un rapporto MB2/MB1>1 U/L abbiano sia una maggiore sensibilità e una maggiore specificità per la presenza di necrosi cardiaca nelle prime sei ore.

I valori di CPK-MB raggiungono il picco nel giro di 18-22 ore per poi ritornare alla normalità nel giro di un paio di giorni o tre.

In caso di infarto cardiaco, ancora prima che i valori di CK-MB superino il range di normalità, è possibile osservare un’alterazione del rapporto CPK-MB/CPK-MM.

L’analisi dei vari isoenzimi CPK è utile anche per il monitoraggio dell’efficacia dell’intervento trombolitico.

Troponine – Sono enzimi proteici riscontrabili nel muscolo scheletrico e in quello cardiaco; si conoscono tre isoforme: troponina C, troponina T e troponina I; soltanto le ultime due sono specifiche per i miociti cardiaci. In seguito a un danno cardiaco, a prescindere dalle cause che l’hanno determinato, le troponine vengono rilasciate nel circolo ematico e i loro valori aumentano dopo 4-6 ore dall’evento; raggiungono il loro piccolo dopo 24-48 ore e si mantengono su livelli elevati per un paio di settimane circa. Altri eventi patologici che possono determinare un innalzamento delle troponine nel circolo sanguigno sono embolia polmonare, ictus cerebrale, patologie renali croniche, BPCO ecc. Fra i vari enzimi cardiaci è quello attualmente più specifico ed eseguito con maggiore frequenza quando si sospetta la presenza di un infarto cardiaco.

Mioglobina – I livelli di questa proteina iniziano ad alzarsi dopo circa 2-4 ore dall’infarto miocardico e raggiungono il loro picco entro le 12 ore successive; di norma i valori rientrano nel range di normalità il giorno seguente.

Nella categoria degli indicatori tardivi rientrano invece i seguenti enzimi cardiaci:

Lattato deidrogenasi (LDH) – Enzima contenuto in vari organi e tessuti (fra cui fegato, globuli rossi, miocardio, muscoli scheletrici, pancreas, polmoni, reni). Questo esame serve a valutare i danni cardiaco, epatico, muscolare e renale.

GOT – Insieme alla GPT appartiene alla categoria delle transaminasi; sono enzimi ubiquitari (si trovano cioè in ogni distretto dell’organismo umano); la GOT è particolarmente presente nei muscoli striati e nel miocardio mentre la GPT è particolarmente abbondante nelle cellule del fegato. Quando si verifica una necrosi a carico del cuore o del fegato, le cellule si rompono e le transaminasi si riversano in circolo e, conseguentemente, in seguito a controlli ematici, si riscontrano elevati livelli sierici di tali enzimi.

Come si misurano gli enzimi cardiaci

La misurazione degli enzimi cardiaci viene effettuata in seguito al prelievo di un campione di sangue da una vena del braccio; in casi particolari, per la rilevazione dei biomarcatori cardiaci viene effettuato un prelievo di liquido da una zona particolare del corpo (per esempio, vicino al cuore).

Enzimi cardiaci

La misurazione degli enzimi cardiaci viene effettuata in seguito al prelievo di un campione di sangue da una vena del braccio.

Il prelievo di sangue dovrebbe essere effettuato preferibilmente dopo un periodo di digiuno di 8-12 ore; ovviamente questa è solo un’indicazione di massima in quanto, in determinate circostanze (per esempio, un ricovero in pronto soccorso per sospetto infarto miocardico), è importante effettuare il prelievo a prescindere dal tempo di digiuno osservato. Dal momento che alcuni medicinali possono interferire con i risultati degli esami è sempre opportuno informare i sanitari delle terapie farmacologiche che si stanno seguendo.

Vale la pena ricordare che i risultati dei vari esami sopracitati, anche se di notevole aiuto nella diagnosi di infarto del miocardio, non devono essere interpretati da soli, ma alla luce dei risultati di vari altri test di laboratorio e no.

 

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