HBsAg è una sigla che sta per Hepatitis B surface Antigen (ovvero, antigene di superficie dell’epatite B); è noto anche come antigene Australia; quest’ultima denominazione deriva dal fatto che fu isolato per la prima volta nel siero di un aborigeno australiano; la sua scoperta risale al 1963.
Com’è noto l’epatite B è una malattia infettiva che colpisce il fegato; è provocata dal virus HBV (Hepatitis B Virus); si tratta di una patologia molto contagiosa; la trasmissione del virus può avvenire attraverso il sangue infetto o attraverso i fluidi corporei come saliva, secreto vaginale e sperma. Si ritiene che una delle principali cause dell’infezione da epatite B sia dovuta ai rapporti sessuali senza protezione.
L’HBsAg è considerato l’indicatore principale dell’infezione da HBV e lo si può rilevare nel sangue di un soggetto affetto dopo un periodo variabile fra le 6 e le 16 settimane dall’avvenuto contagio. La sua comparsa nel siero può anticipare (per un periodo variabile da una settimana a due mesi circa) l’innalzamento dei livelli di transaminasi e bilirubina nonché le varie manifestazioni cliniche (calo dell’appetito, stanchezza, rossore della cute, dolori addominali (in genere localizzati a destra), dolori alle articolazioni, ittero, urine di colore scuro, feci di colore chiaro, nausea e vomito.
I vari sintomi e segni possono avere una durata di circa due mesi, dopodiché l’HBsAg scompare. La comparsa dell’anticorpo anti-HBs (anti-Hepatitis B surface) si ha generalmente verso la fine della fase di convalescenza (3-12 settimane dopo la scomparsa dell’HbsAg); la presenza di questo anticorpo anti-antigene indica o che un soggetto è stato esposto al virus dell’epatite B ed è guarito acquisendo l’immunità permanente oppure che un’eventuale vaccinazione effettuata è stata efficace (il titolo deve essere >10 UI/mL).
La persistenza dell’HBsAg oltre i 6 mesi indica di norma un’evoluzione cronica della patologia.
Va precisato che, in alcuni casi, i livelli di HbsAg nel sangue sono talmente bassi che la sua presenza nel sangue non è rilevabile; in questi casi, se si ha il sospetto di un’avvenuta infezione è opportuno ricorrere all ricerca del genoma virale (HBV-DNA), esame effettuabile con avanzate tecniche di biologia molecolare.
HbsAg – Come si effettua l’esame
Per effettuare la ricerca dell’HbsAg è necessario il prelievo di un campione di sangue. Alcuni laboratori richiedono un digiuno di almeno 12 ore prima del test; per altri è sufficiente un digiuno di almeno 3 ore. Alcune strutture consigliano altresì di seguire un regime alimentare a basso tenore di grassi nei tre giorni che precedono l’esame.
La richiesta del test viene fatta in caso di sospetta infezione da HBV, per verificare l’efficacia di un’eventuale vaccinazione o come test di screening (per esempio all’inizio della gravidanza o nel periodo pre-partum).

HBsAg è una sigla che sta per Hepatitis B surface Antigen (ovvero, antigene di superficie dell’epatite B); è noto anche come antigene Australia; quest’ultima denominazione deriva dal fatto che fu isolato per la prima volta nel siero di un aborigeno australiano; la sua scoperta risale al 1963
Interpretazione dei risultati dell’esame
Il virus dell’epatite B causa un’infezione acuta a carico del fegato che, a seconda dei casi può avere diverse evoluzioni:
- il soggetto guarisce completamente e acquisisce l’immunità permanente dall’infezione (ciò si verifica nella gran parte dei casi (90% circa);
- epatite fulminante; è una situazione grave caratterizzata da un elevato tasso di mortalità (90% circa); può essere necessario il ricorso al trapianto di fegato;
- infezione cronica (dal 5 al 10% dei casi); permane la presenza del virus dell’epatite B e si ha danno epatico; la patologia ha un andamento cronico e può arrivare a compromettere seriamente la funzionalità del fegato in un lasso di tempo generalmente compreso fra i 10 e i 30 anni; nei casi peggiori si ha l’insorgenza di cirrosi epatica e, in seguito, di carcinoma epatocellulare;
- stato di portatore inattivo; in questo caso si ha la persistenza del virus, ma non c’è danno epatico; la situazione può rimanere stabile nel tempo senza causare danni allo stato di salute generale; la contagiosità è bassa.
Nella tabella seguente l’interpretazione a seconda dei risultati: