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INR (International Normalized Ratio)

L’INR (International Normalized Ratio, Rapporto Internazionale Normalizzato) è una particolare metodica di misurazione del tempo di protrombina; è un indice particolarmente affidabile che permette la standardizzazione dei valori riportati.

La necessità di standardizzare i valori deriva dal fatto che la determinazione del tempo di protrombina viene effettuata misurando il tempo di coagulazione del plasma citratato (ovvero che ha subito l’aggiunta di citrato di sodio) dopo l’aggiunta di ioni calcio e di tromboplastina; l’attività delle tromboplastine che sono utilizzate per scopi laboratoristici varia a seconda dei diversi laboratori.

Con l’adozione del sistema INR si minimizzano le differenze legate alla diversa sensibilità dei reagenti commerciali.

INR

L’INR (International Normalized Ratio, Rapporto Internazionale Normalizzato) è una particolare metodica di misurazione del tempo di protrombina.

INR: perché utilizzarlo?

Per comprendere meglio il perché si utilizza il sistema INR è necessario fare un passo indietro e legare il suo utilizzo alla gestione delle terapie anticoagulanti orali (TAO).

Gli anticoagulanti agiscono deprimendo le funzioni di quelle proteine che per essere sintetizzate necessitano dell’apporto di vitamina K; fra queste proteine, alcune hanno azione procoagulante (fattore II, VII, IX e X), altre hanno azione anticoagulante (proteina C e proteina S); può sembrare paradossale utilizzare una strategia terapeutica che riduce sì i fattori procoagulanti, ma contemporaneamente agisce deprimendo anche quelli anticoagulanti; tuttavia i numerosissimi studi clinici effettuati hanno dimostrato senza ombra di dubbio alcuno la notevole efficacia dei farmaci anticoagulanti a livello di trattamento e profilassi di numerose condizioni patologiche legate alla trombosi venosa e a quella arteriosa.

La risposta terapeutica della terapia anticoagulante è però purtroppo caratterizzata da una certa imprevedibilità legata a vari fattori sia di carattere ambientale (stile di vita, regime alimentare ecc.) sia di carattere individuale (età, peso, assunzione di altre tipologie di farmaci ecc.); ciò determina la necessità di una soggettivazione dei dosaggi farmaceutici, soggettivazione tesa a individuare il miglior compromesso possibile fra depressione efficace della forza procoagulante del plasma e corretto livello emostatico.

Diventa pertanto indispensabile monitorare periodicamente la situazione del soggetto. Il monitoraggio della situazione in questione avviene universalmente e ormai da tempo tramite la rilevazione del tempo di protrombina; come già accennato nel paragrafo precedente, sono diversi i reagenti (le tromboplastine in questo caso) e i tessuti dai quali essi vengono ricavati; questa diversità fa sì che la risposta al difetto indotto dalla terapia anticoagulante orale vari al variare del reagente utilizzato; ne consegue che un determinato livello di anticoagulazione verrà valutato diversamente da laboratori che non utilizzano gli stessi reagenti; ben si comprende come ciò possa complicare la gestione terapeutica; da un lato, infatti, il soggetto sottoposto a terapia dovrebbe sempre riferirsi allo stesso laboratorio, dall’altro lo specialista dovrebbe affidarsi alla sua esperienza personale con determinati reagenti rischiando di non avvalersi di range terapeutici più efficaci e sicuri.

Per cercare di rimediare a tali problematiche, a partire dall’anno 1983, l’OMS ha adottato e conseguentemente raccomandato l’utilizzo di un sistema di espressione del tempo di protrombina che consentisse da una parte il mantenimento della varietà dei reagenti presenti sul mercato e dall’altra riducesse al minimo le inevitabili differenze legate alla loro diversa sensibilità. Tale sistema è appunto l’INR; l’INR, a differenza di quanto accadeva in precedenza non esprime il risultato del tempo di protrombina in secondi o in percentuale di attività bensì tramite il rapporto tra il tempo di protrombina del soggetto in esame e il tempo di protrombina di una miscela di plasmi normali elevato alla potenza dell’International Sensitivity Index (ISI); il risultato che si ottiene è un numero che identifica la sensibilità di un determinato kit utilizzato in laboratorio. Quanto più il valore dell’INR è alto, tanto più il sangue è meno coagulabile; viceversa, quanto più il valore è basso, tanto più il sangue coagula rapidamente.

Attualmente l’INR è considerato come il miglior sistema possibile per la gestione del monitoraggio delle terapie anticoagulanti orali; va da sé che, come tutti i sistemi empirici che si basano su una risposta media, anche l’INR ha determinati limiti e può accadere, seppure tale circostanza sia piuttosto rara, che il valore INR misurato sul medesimo campione con reagenti fra loro diversi mostri una certa discrepanza.

Detto questo, è da tutti accettato che, attualmente, l’INR rappresenti la migliore approssimazione ottenibile con un test globale qual è il tempo di protrombina dal momento che fornisce un valore numerico che è sempre confrontabile anche nel caso che il soggetto effettui analisi in laboratori diversi; esso pertanto, essendo facilmente valutabile dallo specialista che prescrive la terapia, consente di arrivare a definire range terapeutici caratterizzati da notevoli efficacia e sicurezza relativamente alle varie condizioni cliniche.

Valori di riferimento INR

Nell’uomo, nella donna e nei bambini il valore normale di riferimento varia da 0,9 a 1,2.

Fra le varie cause di prolungamento dell’INR vi sono le terapie anticoagulanti con antagonisti della vitamina K, ipovitaminosi K, insufficienza epatica grave, trasfusione di sangue, coagulazione intravascolare disseminata (CID) e terapia eparinica ad alto dosaggio.

 

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