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Proteina C reattiva

La proteina C reattiva (anche PCR o CRP, dai termini inglesi C-reactive protein; alcune fonti riportano anche la sigla PRC) è una proteina, per l’esattezza un’alfa-globulina, sintetizzata dal fegato e formata da 5 subunità identiche che risultano associate a uno ione Ca2+. Fa parte del gruppo delle cosiddette proteine della fase acuta (PFA), ovvero quelle proteine la cui concentrazione plasmatica aumenta o diminuisce di almeno il 25% nel corso di una patologia infiammatoria; nel primo caso si parla di proteine positive della fase acuta e nel secondo di proteine negative della fase acuta; la proteina C reattiva appartiene, insieme alla proteina siero-amiloide, al fibrinogeno, all’aptoglobina, all’alfa1-antitripsina, alla ceruloplasmina ecc., al primo sottogruppo.

La proteina C reattiva (da non confondersi con la proteina C, il più importante coagulante del sangue, o con la tecnica di biologia nucleare PCR, Polymerase Chain Reaction, reazione a catena della polimerasi) fu identificata nel 1930 da Tillet e Francis e fu così chiamata per la sua capacità di legarsi, in presenza di calcio, al polisaccaride somatico C che veniva estratto da colture di pneumococco.

Inizialmente si ritenne che la PCR potesse essere una proteina patogenetica, ma la scoperta della sintesi epatica di questa sostanza chiuse tale questione; in realtà l’aumento della concentrazione ematica di proteina C reattiva contribuisce all’immunità innata (o immunità aspecifica) con attivazione del complemento (il complemento è parte importante dei meccanismi difensivi messi in atto dall’organismo contro le infezioni e gli agenti estranei) e accelerazione della fagocitosi (la capacità che diverse cellule hanno di ingerire e distruggere corpi estranei); l’innalzamento dei livelli di proteina C reattiva è quindi un meccanismo che l’organismo mette in atto per difendersi da vari processi patologici.

Come già anticipato in precedenza, la concentrazione ematica di proteina C reattiva aumenta in presenza di un processo di tipo infiammatorio e anche in molte altre circostanze (processi infettivi batterici o virali, infarto del miocardio, malattie reumatiche, tumori maligni, LES, morbo di Crohn, operazioni chirurgiche ecc). Se l’aumento dei livelli di proteina C reattiva è sempre spia di un processo morboso in atto, non è detto che il riscontro di valori normali escluda la presenza di piccoli focolai infiammatori o di patologie in cui la risposta della fase acuta è minima (l’espressione “risposta della fase acuta” descrive l’insieme dei processi aspecifici, fisiologici e biochimici che si contrappongono a un fenomeno di tipo infiammatorio o a un danno tissutale).

In linea generale, il riscontro di elevati livelli di proteina C (che, dopo un evento acuto, nel giro di poche ore possono raggiungere livelli notevolmente superiori a quelli riscontrabili in una situazione di normalità) indica che l’organismo si trova in una situazione di stress, ma non si hanno altre indicazioni diagnostiche e l’origine del processo morboso in atto deve essere indagata sottoponendo il soggetto a esami più specifici.

A cosa serve l’esame

La concentrazione ematica di PCR aumenta nel giro di 6 ore e arriva al suo picco nel giro di 48 ore; i livelli di PCR sono principalmente legati al tasso di produzione e, conseguentemente, alla gravità del quadro clinico. In condizioni di normalità, la concentrazione di PCR raramente supera i 5-6 mg/L, ma durante un processo di tipo infiammatorio essa può arrivare anche a 1 g/L.

Nonostante la pressoché nulla utilità nel porre una diagnosi, il dosaggio sierico della PCR è di notevole importanza sia per definire meglio la gravità e l’evoluzione di una determinata malattia sia per valutare l’efficacia dei trattamenti terapeutici che sono stati intrapresi per contrastarla. Il riscontro, per esempio, di una riduzione dei livelli sierici di proteina C reattiva dopo un trattamento con farmaci antinfiammatori, è indice che la terapia intrapresa sta dando risultati positivi.

Proteina C reattiva alta

Il dosaggio sierico della PCR è di notevole importanza sia per definire meglio la gravità e l’evoluzione di una determinata malattia sia per valutare l’efficacia dei trattamenti terapeutici che sono stati intrapresi per contrastarla

Proteina C reattiva ad alta sensibilità

Negli ultimi anni, i progressi fatti nella diagnostica di laboratorio hanno permesso, tra le altre cose, di mettere a punto dei test per determinare i livelli sierici di proteina C reattiva sempre più sensibili; tali test della proteina C reattiva vengono detti ad alta sensibilità (HS-CRP, High Sensivity C-reactive protein). Sia il test PCR che il test PCR ad alta sensibilità dosano la stessa molecola, ma la sensibilità dei metodi che sono utilizzati è diversa.

Di norma, il dosaggio ad alta sensibilità della proteina C reattiva viene utilizzato, in associazione ad altri esami, per valutare, il rischio cardiovascolare in soggetti apparentemente sani.

Mentre l’esame della proteina C reattiva, solitamente richiesto per soggetti che sono a rischio di infezioni virali o batteriche (per esempio dopo un’operazione chirurgica) o a soggetti affetti da patologie infiammatorie croniche (per esempio l’artrite reumatoide), dosa la proteina in un intervallo che va da 10 a 100 mg/L, l’esame ad alta sensibilità dosa la proteina in un intervallo di concentrazione che è compreso tra 0,5 e 15 mg/L.

Alcuni studi (Irfan et al, 2008; Libby et al, 2009; Araùjo et al, 2009) hanno mostrato che un aumento della PCR a livelli comunque inferiori a quelli che generalmente vengono considerati indicativi di un processo infiammatorio, rappresenterebbe un valido indice di aterosclerosi, lesioni coronariche e, conseguentemente, un fattore di rischio cardiovascolare. Uno studio ha mostrato che un livello basale di proteina C reattiva superiore a 2,4 mg/L è associato a un rischio doppio di insorgenza di coronaropatia e infarto miocardico rispetto a quello associato a un livello basale di PCR inferiore a 1 mg/L.

Il dosaggio dei livelli sierici di proteina C reattiva, unito ad altri testi clinici (dosaggio di colesterolo LDL, colesterolo HDL, colesterolo totale, omocisteina, trigliceridi ecc.) può quindi rappresentare un modo per avere un quadro più completo del rischio cardiovascolare.

Dal momento che determinati farmaci utilizzati per la riduzione dei livelli di colesterolemia totale e colesterolemia LDL hanno mostrato efficacia nella riduzione dei livelli basali della proteina C reattiva, alcuni autori suggeriscono un potenziale impiego di tali farmaci per ridurre il rischio cardiovascolare in quei soggetti che presentano elevati livelli basali di proteina C reattiva.

 

Proteina C reattiva alta (PCR alta) – Cause

Sono davvero molte le possibili cause di PCR alta; fra queste si ricordano principalmente le seguenti:

  • AIDS
  • Artrite reumatoide
  • Broncopolmonite
  • Dispositivi intrauterini
  • Gotta
  • Infarto cardiaco
  • Infezioni gravi
  • Infiammazioni
  • Necrosi tessutale
  • Neoplasie
  • Reumatismo articolare acuto
  • Rigetto renale o midollare
  • Scarlattina
  • Sclerosi multipla
  • Sindrome di Guillan-Barré
  • Tubercolosi
  • Ustioni
  • Varicella

Proteina C reattiva bassa (PCR bassa) – Cause

Nel caso di PCR bassa, è possibile che un disturbo apparentemente associato a un processo infiammatorio, in realtà non lo sia. La causa delle manifestazioni cliniche è, dunque, da ricercarsi altrove; è quindi sempre opportuno rivolgersi al proprio medico curante, che potrà indicare a quali altri test sottoporsi per avere una diagnosi precisa.

Proteina C reattiva – Valori di riferimento

  • 0,00 – 0,50 mg/100 ml: assenza di processi infiammatori
  • 0,50 – 1,00 mg/100 ml: possibilità di processo infiammatorio non acuto
  • 1,00 – 10.00 mg/100 ml: processo infiammatorio acuto lieve o moderato
  • >10.00 mg/100 ml: processo infiammatorio acuto ed esteso.
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