I barbiturici sono un tipo di farmaci basati sull’omonimo acido, l’acido barbiturico. In chimica organica, è considerato un composto dell’urea (ureide) e dell’acido malonico, pertanto è detto anche malonilurea. I barbiturici sono una delle più antiche classi di farmaci.
Il primo barbiturico, il barbital, fu sintetizzato alla fine dell’Ottocento, seguito poi dal principale rappresentante di questa classe di farmaci, il fenobarbital. Appartiene alla stessa classe anche il famoso pentothal (tiopentale sodico) detto anche “siero della verità”, la cui fama è stata creata da molte opere letterarie, fumettistiche e cinematografiche; in realtà, il vero siero della verità è l’amobarbital (nome commerciale negli USA: Amytal).
Cosa sono: gli effetti dei barbiturici
I barbiturici agiscono come depressivi del sistema nervoso centrale e possono quindi produrre un ampio spettro di effetti, dalla lieve sedazione alla morte. Questi farmaci sono efficaci come ansiolitici, ipnotici e anticonvulsivi, ma possono anche dare dipendenza fisica e psicologica. Sono stati ampiamente sostituiti dalle benzodiazepine nella pratica medica di routine, in particolare nel trattamento dell’ansia e dell’insonnia, a motivo del rischio significativamente più basso di dipendenza e overdose e della mancanza di un antidoto per il sovradosaggio da barbiturico. Nonostante questo, i barbiturici sono ancora in uso per vari scopi: anestesia generale, epilessia, trattamento di emicranie acute o cefalea a grappolo, eutanasia, pena capitale e suicidio assistito.
I barbiturici vengono spesso impiegati come agenti eutanizzanti nella medicina veterinaria per piccoli animali.
Durata dell’effetto
Alcuni barbiturici sono a lunga durata (fenobarbital, mefobarbital e barbital) e vengono usati come anticonvulsivanti nell’epilessia; altri (secobarbital, pentobarbibtal e butabarbital) hanno un’azione breve e vengono assunti per la cura dell’insonnia. Infine, altri, ad azione molto rapida (tiopentale e esobarbital) sono usati come anestetici in chirurgia. La loro emivita (tempo richiesto per ridurre del 50% la biodisponibilità di un farmaco) varia quindi da poche ore (anestetici) a 2-6 giorni (antiepilettici). Per quelli a lunga durata possono rimanere tracce nelle urine per circa 2-3 settimane.
Barbiturici: i nomi commerciali
I barbiturici si devono assumere sotto controllo medico; purtroppo vengono continuamente ricercati in Rete da soggetti che non si rendono conto dei gravi effetti collaterali che comporta una loro assunzione indiscriminata. Tranne quelli a uso ospedaliero, sono di uso relativamente comune (e non vietato) quelli a base di fenobarbital (Luminale e Gardenale). Il butabarbital è contenuto nell’Optalidon.
Effetti collaterali dei barbiturici
Gli effetti collaterali più comuni dei barbiturici sono:
I barbiturici possono rallentare la respirazione, ridurre la frequenza cardiaca e possono dare origine ad assuefazione e a sindrome d’astinenza, con attacchi di tremori, sudorazione, ansia e agitazione. Possono produrre confusione (soprattutto negli anziani) e provocare turbe della coscienza fino al coma.
Paradossalmente, se assunti in dosi molto basse, possono dare ipereccitazione e agitazione.
Interazioni con altri farmaci
I barbiturici devono essere usati con cautela con alcuni farmaci perché accelerano la scomposizione di questi farmaci portando a una diminuzione dell’efficacia. Esempi di questi farmaci che interagiscono con i barbiturici includono antivirali (Reyatax/atazanavir, Victrelis/bocepivir, Norvir/ritonavir, Incivek/telaprevir), psicofarmaci (Latuda/lurasidone), antimicotici (Vfend/voriconazolo), farmaci antianginosi (Ranexa/ranolazina) ecc.
Le conseguenze di depressione del sistema nervoso centrale possono essere inoltre potenziate dall’assunzione concomitante di alcol, di alcuni preparati erboristici (come l’iperico o erba di San Giovanni), altri farmaci ansiolitici e farmaci antistaminici.
Da evitare assolutamente l’assunzione con bevande alcoliche.
I barbiturici alterano il trasporto degli zuccheri e agiscono pesantemente sugli enzimi epatici; di fatto sono controindicati in moltissime situazioni patologiche.
Intossicazione da barbiturici
I barbiturici hanno un ristretto indice terapeutico, cioè è minima la differenza fra la dose terapeutica normalmente utilizzata e quella letale. Sono quindi molto comuni i casi di sovradosaggio sia accidentale sia volontario (tentativo di suicidio). I sintomi e i segni del sovradosaggio sono tipici: sonnolenza, alterazione della coscienza, difficoltà respiratorie, difficoltà del linguaggio e del movimento. Quando si può parlare di vero e proprio avvelenamento, le manifestazioni cliniche si fanno più gravi (ipotermia, insufficienza circolatoria, depressione respiratoria) fino al coma e alla morte.
Purtroppo, non esiste un antidoto contro l’intossicazione da barbiturici e, se le condizioni del soggetto lo permettono, il trattamento più efficace è la lavanda gastrica (processo forzato di svuotamento gastrico). Con la diuresi forzata (e a volte con l’alcalinizzazione delle urine) si può facilitare l’eliminazione del barbiturico già assorbito.
Non è raro che in caso di sovradosaggio insorga broncopolmonite (il cui esito può essere fatale), per cui si somministrano anche farmaci antibiotici per prevenire complicanze a livello polmonare.
Barbiturici e suicidio
I barbiturici sono uno dei mezzi più usati per il suicido assistito (il Nembutal, cioè il pentobarbital viene utilizzato nei Paesi dove il suicidio assistito è legale). Senza entrare nei dettagli etici della vicenda, occorre sottolineare come il commercio illegale di questi farmaci sia una vera e propria attività, facilitata dall’espandersi della rete Internet.
Molto comune il ricorso ai barbiturici per il suicidio volontario, una scelta maturata negli anni ’50 del secolo scorso con i suicidi di attrici come Ona Munson (1955), Phyllis Haver (1960) e Marilyn Monroe (1962). Il suicidio della Monroe scatenò vere e proprie leggende e ancora oggi ci sono molti lati oscuri sulla ricostruzione della morte dell’attrice, creando un alone di mistero che ha contribuito alla costruzione del suo mito.
Dopo la morte della Monroe, i barbiturici sembrano diventare la scelta preferenziale per il suicidio nel mondo del cinema: nel 1970 Chester Morris (che da tempo soffriva di cancro), l’italiana Annamaria Pierangeli (1971), George Sanders (1972), Rachel Roberts (1980), la nota cantante e attrice Dalidà (1987), la nipote del celebre scrittore Margaux Hemingway (1996).