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Cardirene in gravidanza

Prima di assumere un farmaco consultare sempre il foglietto illustrativo che l’accompagna. Nessun farmaco deve essere assunto senza consultare il proprio medico.

L’impiego di Cardirene in gravidanza deve essere attentamente valutato e può essere fatto soltanto in seguito a prescrizione medica e alla valutazione del rapporto rischi/benefici.

Cardirene è un medicinale a base acetilsalicilato di D,L-lisina, un sale dell’acido acetilsalicilico, il principio attivo dell’aspirina e con esso ha in comune le stesse proprietà terapeutiche (analgesiche, antinfiammatorie, antipiretiche, antiaggreganti piastriniche).

Cardirene è indicato nella prevenzione degli eventi atero-trombotici maggiori (infarto, ictus, TIA ecc.) e degli eventi cardiovascolari in pazienti ad elevato rischio ecc.

Per quanto riguarda le caratteristiche e gli utilizzi generali del farmaco si rimanda comunque alla scheda principale che lo tratta nel dettaglio (Cardirene); qui, invece, si dettagliano le eventuali problematiche relative all’uso di Cardirene in gravidanza.

Per approfondire si consulti il foglietto illustrativo.

Cardirene in gravidanza – Possibili problematiche

In base a diversi studi epidemiologici (in particolare uno studio prospettico in un alto numero di donne) non è stato constatato alcun effetto teratogeno dell’acido acetilsalicilico, a seguito di somministrazioni saltuarie durante il primo trimestre di gravidanza. I dati sono meno numerosi per trattamenti cronici.

L’impiego di Cardirene in gravidanza per lunghi periodi e la somministrazione negli ultimi tre mesi della gravidanza devono avvenire soltanto dietro prescrizione medica perché l’acido acetilsalicilico può provocare fenomeni emorragici nel feto e nella madre, ritardi di parto e, nel nascituro, precoce chiusura del dotto di Botallo. Durante gli ultimi tre mesi e in particolare nelle ultime settimane di gravidanza, sarebbe comunque opportuno evitare l’uso di Cardirene e di acido acetilsalicilico in generale.

Basse dosi inferiori a 100 mg/die

Gli studi clinici indicano che l’acido acetilsalicilico a dosi inferiori a 100 mg/die sembra essere sicuro solo in casi ostetrici limitati, che richiedono un monitoraggio specialistico.

Dosi tra 100-500 mg/die

Ci sono insufficienti dati clinici relativi all’uso di acido acetilsalicilico a dosi tra 100 mg/die fino a 500 mg/die. Quindi, le raccomandazioni di seguito riportate per le dosi di 500 mg/die ed oltre si applicano anche a questo range di dosaggio (vedere paragrafo sottostante).

Dosi di 500 mg/die e oltre

L’inibizione della sintesi di prostaglandine può interessare negativamente la gravidanza e/o lo sviluppo embrio-fetale.

Risultati di studi epidemiologici suggeriscono un aumentato rischio di aborto e di malformazione cardiaca e di gastroschisi dopo l’uso di un inibitore della sintesi delle prostaglandine, nelle prime fasi della gravidanza. Il rischio assoluto di malformazioni cardiache era aumentato da meno dell’1% fino a circa l’1,5%. È stato stimato che il rischio aumenta con la dose e la durata della terapia.

Negli animali, la somministrazione di inibitori della sintesi di prostaglandine ha mostrato di provocare un aumento della perdita di pre e post-impianto e di mortalità embrione-fetale.

Inoltre, un aumento di incidenza di varie malformazioni, inclusa quella cardiovascolare, è stato riportato in animali a cui erano stati somministrati inibitori della sintesi delle prostaglandine, durante il periodo organogenetico.

Durante le prime 24 settimane di gravidanza, Cardirene o altri farmaci a base di acido acetilsalicilico non devono essere somministrati se non in casi strettamente necessari.

Se Cardirene è usato da una donna in attesa di concepimento o durante le prime 24 settimane di gravidanza, la dose e la durata del trattamento devono essere mantenute le più basse possibili.

Oltre le 24 settimane di gravidanza, tutti gli inibitori della sintesi delle prostaglandine possono esporre il feto a:

  • tossicità cardiopolmonare (con chiusura prematura del dotto arterioso e ipertensione polmonare);
  • disfunzione renale, che può progredire in insufficienza renale con oligo- idroamnios.

Alla fine della gravidanza, la madre e il neonato possono presentare:

  • prolungamento del tempo di sanguinamento a causa dell’inibizione dell’aggregazione piastrinica, che può manifestarsi anche dopo la somministrazione di dosi molto basse di acido acetilsalicilico
  • inibizione delle contrazioni uterine risultanti in ritardo o prolungamento del travaglio.

Conseguentemente, Cardirene è controindicato durante il terzo trimestre di gravidanza (dopo le 24 settimane di gestazione).

Cardirene in gravidanza

L’impiego di Cardirene in gravidanza deve essere attentamente valutato e può essere fatto soltanto in seguito a prescrizione medica e alla valutazione del rapporto rischi/benefici.

Cardirene durante l’allattamento

L’acido acetilsalicilico passa nel latte materno: si sconsiglia quindi l’assunzione di Cardirene o altri preparati a base di acido acetilsalicilico durante l’allattamento a causa del possibile rischio di comparsa di acidosi e sindrome emorragica nel lattante.

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NOTA IMPORTANTE – Questa pagina non sostituisce in alcun modo le informazioni presenti nei foglietti illustrativi che accompagnano i farmaci; in particolare per composizione, forma farmaceutica, posologia, proprietà farmacologiche e informazioni farmaceutiche riferirsi al foglietto illustrativo. Nessun farmaco deve essere assunto senza consultare il proprio medico.

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