Le cefalosporine sono una classe di farmaci antibiotici beta-lattamici ad azione battericida ad ampio spettro (agiscono sia nei confronti di batteri Gram+ che nei confronti dei germi Gram-); il merito della loro scoperta è perlomeno in parte, attribuibile a uno scienziato italiano, il dottor Giuseppe Brotzu che, nel 1945, mentre indagava insieme al suo allievo Antonio Spanedda, sull’auto-purificazione dell’acqua di mare isolò un fungo, il Cephalosporium acremonium che produceva una sostanza che in vitro aveva attività antibatterica. Gli studi non proseguirono e il microrganismo fu inviato nel 1948 al professor Edward Penley Abraham dell’università di Oxford che in seguito isolò la cefalosporina C; la sostanza isolata non era abbastanza potente da poter essere utilizzata a scopi terapeutici; fu quindi necessario apportare delle modifiche alla sua struttura fino a quando non si riuscì a ricavarne il nucleo principale ovvero l’acido 7-amminocefalosporanico (7-ACA).
Con il passare del tempo, sono state effettuate varie modifiche al nucleo 7-ACA e ciò ha permesso di sviluppare nuove cefalosporine che, rispetto al precursore naturale, hanno una maggiore efficacia e uno spettro d’azione decisamente più ampio.
Classificazione per generazioni
Esistono molte modalità di classificazione delle cefalosporine; uno dei più utilizzati è quello che le suddivide per generazioni; secondo alcuni autori si tratta di una metodica alquanto arbitraria, ma, da un punto di vista pratico è senz’altro piuttosto utile; tale metodica è essenzialmente basata sulle caratteristiche generali di attività antimicrobica di questi farmaci.
Attualmente si distinguono cinque generazioni; le cefalosporine di prima generazione (cefalotina e cefazolina) hanno una buona attività contro i molti germi Gram+, ma sono meno efficaci contro i germi Gram-.
Le cefalosporine di seconda generazione (fra cui si ricordano cefoxitina, cefotetan, e cefmetazolo) si distinguono da quelle della prima generazione per un’aumentata attività verso i germi Gram-.
Le cefalosporine di terza generazione (per esempio ceftazidima e cefoperazone) sono in linea generale meno attive rispetto a quelle di prima generazione per quanto concerne i germi Gram+, ma hanno un’ottima attività nei confronti di alcuni ceppi nei confronti dei quali le altre cefalosporine non sono efficaci.
Le cefalosporine di quarta generazione (per esempio il cefepime) si caratterizzano per uno spettro d’azione molto più esteso rispetto a quello dei principi attivi di terza generazione.
Le cefalosporine di quinta generazione (per esempio il ceftobiprolo) sono state sviluppate per il trattamento di germi resistenti ai principi attivi appartenenti alle precedenti generazioni.

Esistono cinque generazioni di cefalosporine; sono farmaci antibiotici battericidi ad ampio spettro con un meccanismo d’azione simile a quello delle penicilline
Farmacologia delle cefalosporine
Il meccanismo d’azione di questi farmaci è molto simile a quello delle penicilline (agiscono inibendo la sintesi della parete della cellula batterica), sostanze alle quali le cefalosporine sono piuttosto simili, sia per quanto concerne la struttura sia per quanto riguarda la loro potenziale tossicità.
Le cefalosporine si distribuiscono ampiamente in tutti i tessuti e liquidi corporei, compresi quello pleurico, quello pericardico e quelli sinoviali. Le cefalosporine di prima e seconda generazione non erano in grado di penetrare nel sistema nervoso centrale e, conseguentemente, non erano indicate da sole, nel trattamento delle meningiti; quelle delle generazioni successive però sono in grado di raggiungere nel liquido cefalorachidiano livelli sufficientemente elevati per risolvere con successo le meningiti.
L’escrezione delle cefalosporine e dei loro eventuali metaboliti avviene nella gran parte dei casi per via urinaria, generalmente per secrezione tubulare e per filtrazione glomerulare. Alcune di esse (cefpiramide e cefoperazone) vengono eliminati prevalentemente con la bile.
Molte cefalosporine (per esempio cefalexina, cefradina, cefaclor, cefadroxil, loracarbef, cefprozil, ecc.) vengono rapidamente assorbite dopo somministrazione per via orale; altre possono essere somministrate per via endovenosa o per via intramuscolare.
Indicazioni all’uso delle cefalosporine
Le cefalosporine sono antibiotici di largo utilizzo (sia profilatticamente che terapeuticamente) che agiscono con ottima efficacia contro molti microrganismi; sfortunatamente, come nel caso dei sulfamidici, sono molti anche i germi resistenti.
Le cefalosporine di prima generazione sono utilizzate in particolar modo per il trattamento delle infezioni cutanee e dei tessuti molli causate da Streptococcus pyogenes e Staphylococcus aureus.
Quelle di seconda generazione sono state quasi del tutto soppiantate da quelle di terza generazione; talvolta vengono prescritte per il trattamento di infezioni del tratto respiratorio, per il trattamento di polmoniti e otiti medie da Streptococcus pneumoniae resistenti alla penicillina.
Quelle di terza generazione, da sole o in associazione con aminoglicosidi, sono i farmaci di scelta nel caso di serie infezioni da Klebsiella, Enterobacter, Proteus, Providencia, Serratia e Haemophilus spp. Il ceftriaxone l’antibiotico di prima scelta per le forme di gonorrea (popolarmente scolo) e per le forme gravi di borreliosi, una patologia infettiva trasmessa dalla puntura delle zecche.
Le cefalosporine di terza generazione, inoltre vengono usate per il trattamento iniziale della meningite in soggetti adulti non immunocompromessi e, in combinazione con altri principi attivi, nei bambini che hanno superato il limite dei 3 anni di età; rappresentano inoltre la prima scelta per il trattamento delle meningiti da Haemophilus influenzae, Streptococcus pneumoniae, Neisseria meningitidis e batteri enterici Gram+.
I principi attivi di quarta generazione sono particolarmente utili nel trattamento di gravi infezioni in soggetti ospedalizzati nei quali microrganismi come Enterobacteriaceae e Pseudomonas rappresentano la probabile eziologia.
Fra le cefalosporine di quinta generazione ricordiamo il ceftobiprolo, un principio attivo indicato nei soggetti adulti per il trattamento di polmonite acquisita in ambiente ospedaliero (HAP) esclusa la polmonite associata a ventilazione meccanica nonché la polmonite acquisita in comunità (CAP).
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali che più frequentemente fanno la loro comparsa nel corso di un trattamento con cefalosporine sono una lieve e temporanea nausea, vomito e diarrea; questi effetti sono dovuti all’interazione di questi principi attivi con la flora batterica intestinale.
In casi più rari può insorgere una forma di severa diarrea da imputarsi a colite pseudomembranosa; questo effetto, sul quale vale la pena di soffermarsi, è ascrivibile a un’infezione causata da un patogeno anaerobio opportunistico, il Clostridium difficile; quest’ultimo è un germe patogeno normalmente presente nel microbiota umano (l’insieme dei microrganismi simbionti che sono presenti nel tubo digerente), ma la sua crescita è tenuta sotto controllo dagli altri microrganismi che compongono la flora batterica; tuttavia, una terapia antibiotica, in particolar modo di medio-lunga durata, può causare l’eliminazione dei batteri che tengono sotto controllo il Clostridium difficile e ciò permette a quest’ultimo di prendere il sopravvento dando luogo a un processo infettivo.
Altri rari effetti collaterali sono le discrasie ematiche (leucopenia, trombocitopenia e positivizzazione del test di Coombs); alcune cefalosporine possono inoltre determinare aumenti del tempo di protrombina (PT) e del tempo di tromboplastina parziale (PTT), che risultano reversibili con somministrazioni di vitamina K; un altro effetto che può verificarsi è l’insorgenza di intolleranza acuta all’alcol.
Le reazioni di ipersensibilità quali eruzioni cutanee, orticaria a anafilassi, sono generalmente meno frequenti con le cefalosporine che con le penicilline; una sensibilizzazione crociata tra queste categorie di farmaci è un evento piuttosto raro e quindi le cefalosporine possono essere somministrate abbastanza tranquillamente anche a soggetti con anamnesi positiva a episodi di ipersensibilità ritardata alle penicilline. Detto questo, nei soggetti con una storia di intolleranza acuta e grave alle penicilline, l’utilizzo delle cefalosporine è controindicato.
Con tutte le cefalosporine possono verificarsi dolore nella sede dell’inoculazione intramuscolare e tromboflebite dopo l’utilizzo endovenoso.