I colliri per il glaucoma (colliri antiglaucoma o colliri ipotonizzanti) rappresentano il primo approccio terapeutico al glaucoma, una delle più importanti cause di cecità (per le informazioni generali sulla malattia si consulti l’articolo Glaucoma che tratta l’argomento in modo alquanto approfondito).
Perché usare i colliri
I colliri si usano per raggiungere la pressione oculare target, cioè quella che non fa peggiorare il campo visivo; in genere si vuole arrivare a una pressione compresa fra 14 e 17 mmHg, se si riesce a raggiungere valori inferiori a 14 mmHg, si ottengono i migliori risultati. Questo obiettivo è valido anche per il glaucoma normotensivo. Ogni millimetro di riduzione della pressione riduce il rischio di progressione del 19%.
Come vedremo, esistono diverse classi di farmaci che sono utilizzate nel trattamento del glaucoma; questi medicinali devono presentare alcune fondamentali caratteristiche:
- elevata azione ipotonizzante (il farmaco deve essere cioè in grado di ridurre significativamente la pressione oculare fino al raggiungimento del valore pressorio ottimale, in riferimento alla situazione del paziente)
- efficacia perdurante nel tempo (sia in riferimento al ciclo delle 24 ore, sia nel lungo termine)
- elevata tollerabilità (sia locale che sistemica)
- efficacia con il numero minimo di somministrazioni (ciò garantisce una migliore adesione del paziente alle prescrizioni del medico e al trattamento; è quella che, in ambito medico, viene definita con il termine “compliance”).
Di norma la terapia con i colliri per il glaucoma deve essere iniziata in monoterapia (vale a dire, ricorrendo a un unico farmaco); ciò permette sia di valutare correttamente l’efficacia di uno specifico farmaco, sia di diminuire i costi e le complicanze del trattamento, sia di migliorare l’adesione del paziente alla terapia che, nei casi di glaucoma, deve essere seguita in modo scrupoloso.
Un buon collirio può ridurre la pressione di un 20-30%; l’effetto additivo massimo è del 40% (valore inferiore alla somma dei singoli farmaci); se l’obiettivo preposto è superiore, bisogna ricorrere al laser o alla chirurgia.
Iniziato il trattamento, possono verificarsi varie situazioni:
- il farmaco è efficace ed è ben tollerato
- il farmaco è efficace, ma non è tollerato
- il farmaco è inefficace, ancorché tollerato
- il farmaco è tollerato, ma è relativamente efficace.
Nel primo caso si deve seguire la terapia; nel secondo e nel terzo caso il farmaco deve essere sostituito con un altro principio attivo; nel quarto caso è consigliabile associare al farmaco relativamente efficace un altro medicinale antiglaucomatoso.
È ovviamente compito dello specialista scegliere il principio attivo e i dosaggi più adatti allo specifico paziente, a seconda della gravità del quadro clinico, della presenza di patologie concomitanti, dell’età del paziente e della risposta al trattamento intrapreso.

Genesi del glaucoma ad angolo aperto ipertensivo
I colliri per il glaucoma: i diversi principi attivi
I colliri per il glaucoma, come detto appartengono a classi farmaceutiche diverse; il loro scopo è essenzialmente quello di ridurre la quantità di umore acqueo all’interno degli occhi.
Attualmente, i principi attivi utilizzati sono i miotici (sono farmaci che causano una miosi, ovvero una contrazione della pupilla; si ricordano l’aceclidina e la pilocarpina), i betabloccanti (attualmente i più utilizzati, agiscono riducendo la produzione di umor acqueo da parte del corpo ciliare; si ricordano il betaxololo, il levobunololo, il metoprololo e il timololo); i simpaticomimetici (agiscono aumentano il deflusso trabecolare e quello uveosclerale; si ricordano la dipivefrina, la clonidina, l’apraclonidina e la brimonidina); i derivati delle prostaglandine e i prostamidi (aumentano il deflusso dell’umore acqueo; sono i principi attivi di più recente introduzione nel trattamento del glaucoma; si ricordano il bimatoprost, il latanoprosted e il travoprost; determinano una riduzione della pressione oculare che va dal 20 a 35%; nelle terapie prolungate possono causare a un’iperpigmentazione dell’iride; vengono somministrati una volta al giorno) e gli inibitori dell’anidrasi carbonica (agiscono inibendo la formazione dell’umore acqueo; si ricordano la brinzolamide e la dorzolamide nei colliri).
È molto importante che l’assunzione venga effettuata con notevole regolarità (se trascorre troppo tempo tra un’instillazione e l’altra, la pressione oculare può salire) e senza aumentare o ridurre i dosaggi stabiliti dallo specialista. Per esempio i colliri a base di prostaglandine si applicano 1 volta al giorno (1 goccia la sera); al contrario quelli a base di beta-bloccanti si applicano 2 volte al giorno (1 goccia la mattina e una la sera).
Qualora debbano essere assunti più colliri pressoché nello stesso orario, è consigliabile attendere qualche minuto fra la somministrazione dei diversi farmaci.
Fra le classi farmaceutiche citate, meritano un cenno in più i derivati delle prostaglandine; si tratta di farmaci che hanno rappresentato una sorta di rivoluzione nella gestione del glaucoma perché la hanno spostata sempre di più verso un trattamento medico piuttosto che verso quello chirurgico. Sono diversi gli studi che hanno messo in mostra i vantaggi di questi principi attivi in termini di efficacia clinica; fra tutte le classi farmaceutiche citate in precedenze, infatti, i derivati delle prostaglandine sono quelli che più di tutti esprimono le varie caratteristiche ricordate nella parte iniziale dell’articolo (efficacia, tollerabilità ecc.). Peraltro si tratta di molecole che sono idonee all’associazione con tutti gli altri principi attivi ad azione ipotonizzante.
Gli effetti collaterali dei colliri per il glaucoma
Come tutti i farmaci, anche i colliri per il glaucoma possono dar luogo ad alcuni effetti collaterali; in linea generale, quelli che si riscontrano con maggiore frequenza sono l’infiammazione delle ghiandole di Meibomio (sono piccole ghiandole che producono lo strato oleoso delle lacrime e che, quando si ostruiscono, danno luogo a calazi), la riduzione della stabilità del film lacrimale (con conseguente secchezza oculare) e l’alterazione delle cellule epiteliali congiuntivali.
Più specificamente, per quanto riguarda gli analoghi delle prostaglandine, i principali effetti avversi sono l’allungamento e l’indurimento delle ciglia (per alcuni autori è l’effetto collaterale più comune relativo a questi farmaci), l’arrossamento oculare (iperemia congiuntivale), cheratite superficiale, blefarite, ematoma periorbitale (popolarmente noto come occhio a panda) e le modificazioni del colore dell’iride. Altri effetti avversi segnalati sono il prurito, la visione confusa e la sensazione di corpo estraneo all’interno dell’occhio.
Relativamente ai betabloccanti (farmaci sconsigliati a chi soffre di asma, bradicardia patologica, insufficienza cardiaca instabile, arteriopatia periferica e ipotensione arteriosa, anche per la sola somministrazione per la terapia del glaucoma), va precisato che se l’utilizzo di questi farmaci per via sistemica è ben tollerato, l’aggiunta di un collirio per il trattamento del glaucoma non dovrebbe creare particolari problemi; tuttavia, nel caso dovessero comparire segni e sintomi quali sensazione di stanchezza, freddo alle estremità, marcato rallentamento della frequenza cardiaca, diarrea e nausea, non si può escludere la possibilità di un sovradosaggio.
Fra gli effetti collaterali a livello oculare legati all’uso di betabloccanti vanno ricordati offuscamento della visione, diminuzione della produzione del film lacrimale, riduzione della sensibilità corneale (con aumento del rischio di cheratite), blefarite, diplopia e ptosi palpebrale. La riduzione della sensibilità corneale è più comune nei soggetti anziani.
Va ricordato, per completezza, che nel corso della somministrazione del collirio, il farmaco può drenare nel dotto naso-lacrimale ed essere assorbito dalla mucosa nasale; il farmaco può quindi raggiungere la circolazione generale senza essere sottoposto al filtro epatico con un’azione anche generale sul cuore o sulle patologie asmatiche.
I miotici possono causare una modificazione del campo visivo o un aumento delle secrezioni lacrimale. Possono manifestarsi, invero raramente, cefalea o ammiccamento delle palpebre; effetti collaterali questi ultimi che tendono scomparire piuttosto rapidamente.
Fra gli effetti collaterali più comuni dei simpaticomimetici, oltre a quelli più tipici dei vari colliri (arrossamento oculare, visione offuscata, prurito oculare) vanno ricordati anche l’infiammazione e il gonfiore palpebrali, macchie bianche sulla congiuntiva, infiammazione congiuntivale, disturbi della visione, occhi appiccicosi, fotosensibilità e dolore.
Per quanto concerne gli inibitori dell’anidrasi carbonica, gli effetti più comuni sono il bruciore e il dolore pungente; frequenti anche cheratite puntata superficiale, lacrimazione, congiuntivite, infiammazione della palpebra, prurito oculare, irritazione della palpebra, visione offuscata.
AVVERTENZA IMPORANTE – Poiché alcune delle gocce possono essere assorbite nel flusso sanguigno, si possono verificare alcuni effetti indesiderati non legati agli occhi. Per ridurre al minimo questo assorbimento, chiudere gli occhi per uno o due minuti dopo aver messo le gocce. Oppure premere leggermente all’angolo dell’occhio vicino al naso per chiudere il canale lacrimale per uno o due minuti. Eliminare le gocce inutilizzate dalla palpebra.