La curcuma usata come antinfiammatorio è una pratica ben consolidata nell’antica medicina indiana ayurvedica. L’interesse per le molteplici proprietà della spezia è oggetto di studio anche nella medicina occidentale; l’effetto antiinfiammatorio è solo uno dei tanti benefici attribuiti a questa spezia, assieme alle proprietà antisettiche, anche se per molti di essi sono necessarie ancore conferme con studi approfonditi.
L’uso della curcuma come antinfiammatorio sarebbe legato alle proprietà della curcumina di legarsi a proteine coinvolte nell’insorgere del processo dell’infiammazione, come l’interleuchina-6, o di condizionare il funzionamento di alcuni tipi di enzimi. Inoltre, l’assunzione di curcumina è in grado di ridurre la concentrazione nel sangue della proteina C reattiva, correlata a molte patologie infiammatorie croniche.
Poiché anche l’insorgenza di alcuni tipi di tumori è particolarmente legata a processi infiammatori, spesso la curcuma è indicata anche come sostanza antitumorale, anche se il reale effetto ed efficacia contro questa patologia andrebbe meglio confermata da studi scientifici. L’effetto della curcuma funzionerebbe anche per infiammazioni croniche, alla base di malattie come l’artrite. Il condizionale è d’obbligo perché la reale efficacia della curcuma è ridotta da alcune considerazioni importanti:
- la percentuale delle sostanze biologicamente attive contenuta nella curcuma naturale è molto limitata e variabile, compresa tra l’1 e il 6%. Per questo motivo, molti propongono l’uso di integratori a base di curcuma.
- La biodisponibilità della curcuma è molto bassa. Per biodisponibilità s’intende la percentuale di un principio attivo o un farmaco che il corpo umano è in grado di assorbire. Nel caso della curcuma, la curcumina è metabolizzata a livello epatico e qui immediatamente scomposta in metaboliti di minore efficacia, come la curcumina solfato. La biodisponibilità maggiore è per la frazione di curcuma assorbita a livello gastrico, dove i suoi benefici antiinfiammatori sono maggiori. Al di fuori dell’apparato gastrico, gli effetti sono quindi meno marcati. Per migliorarne la biodisponibilità, è possibile consumare la curcuma assieme a sostanze in grado di potenziarne l’assorbimento da parte del corpo umano. Tali sostanze sono principalmente la piperina (l’alcaloide contenuto nel pepe nero) e la bromelina (un enzima contenuto nel gambo dell’ananas).
- I tempi di assorbimento sono molto variabili; la curcumina ha un’emivita che va da due a otto ore, e ciò rende necessaria un’assunzione in dose multiple giornaliere.
Curcuma come antiinfiammatorio: come usarla
Come detto, gli effetti antinfiammatori della curcuma sono più marcati nel caso di affezioni dell’apparato digerente, nei cui tessuti tende ad accumularsi. Il suo utilizzo è però suggerito da molte fonti per le seguenti patologie:
Le dosi
Secondo alcuni studi, la dose efficace di curcumina è di circa 400–800 mg da spezzare in molteplici assunzioni giornaliere (fino a un massimo di tre), a causa del breve tempo di assorbimento della sostanza. Tale dose non è semplice da assumere perché si stima che il contenuto di curcumina nella polvere secca di curcuma si aggiri tra l’1 e il 6%.
Curcuma come antinfiammatorio: funziona?
Nonostante l’entusiasmo sollevato dalla proprietà della curcuma, uno studio comparativo del 2017 pubblicato su Journal of Medical Chemistry ha ridimensionato il ruolo terapuetico di questa spezia evidenziando che la curcumina, pur essendo una sostanza bioreattiva, è troppo instabile e poco biodisponibile per avere effetti clinici significativi.

Curcuma in polvere e in capsule
Curcuma come antinfiammatorio: controindicazioni ed effetti collaterali
L’assunzione di curcuma non è priva di effetti collaterali e controindicazioni, descritti nell’articolo dedicato: Curcuma: controindicazioni ed effetti collaterali.