La fitoterapia è la scienza che studia le proprietà terapeutiche delle piante e l’impiego di medicamenti vegetali nella cura delle malattie.
Il termine fitoterapia deriva dalle parole greche phyton (pianta) e therapeia (terapia, cura); sembra che l’introduzione di tale termine in ambito scientifico sia dovuta a un medico francese, Henri Leclerc, autore di diverse opere che parlano dell’impiego delle piante medicinali.
La storia della fitoterapia ha origini antichissime tant’è che si trovano riferimenti all’uso terapeutico delle piante anche negli antichi geroglifici egiziani e nei testi di cultura orientale senza contare i riferimenti presenti nei testi biblici. Con ogni probabilità la fitoterapia può quindi essere considerata la prima forma di medicina utilizzata dagli uomini.
È anche innegabile l’importanza della fitoterapia nell’era degli antichi greci e dei romani. Nel periodo medievale la fitoterapia diventa una disciplina praticata soprattutto dai monaci e dalle suore; la Regola di Benedetto da Norcia prevedeva fra le altre cose la dedizione alla coltivazione delle erbe curative, un’attività la cui importanza era seconda solo alla preghiera. Un doveroso cenno anche a santa Ildegarda di Bingen, una monaca tedesca alla quale sono intitolate moltissime erboristerie.
La fitoterapia moderna
La storia della fitoterapia moderna inizia però nel XIX secolo quando si iniziano a studiare in modo scientifico i principi attivi contenuti nelle erbe e nelle piante.
Attualmente, secondo l’OMS, sono considerate fitomedicamenti i “prodotti medicinali finiti, provvisti di etichetta, che contengono come principi attivi esclusivamente delle piante o delle associazioni di piante allo stato grezzo sotto forma di preparati. Comprendono anche succhi, gomme, frazioni lipidiche, oli essenziali e tutte le altre sostanze di questo genere”.
Come nel caso dei farmaci cosiddetti “di sintesi”, le fitomedicine vengono assunte in quantità ponderali, commisurate al peso corporeo del soggetto e non decisamente diluite come nel caso dei rimedi omeopatici (vedasi a tale proposito il nostro esaustivo articolo Omeopatia).
Nonostante esista da parte di molti una notevole sopravvalutazione dell’importanza della fitoterapia, alcuni successi sono innegabili e hanno portato alla produzione sintetica di alcuni principi attivi. L’esempio più eclatante è quello della celeberrima aspirina (acido acetilsalicilico), il farmaco probabilmente più noto al mondo; il principio attivo dell’aspirina è presente nella corteccia del salice bianco (Salix alba), ma anche nei fiori di olmaria (Spiraea ulmaria).
Un altro farmaco molto utilizzato è il lanoxin, un farmaco cardiocinetico il cui principio attivo (la digossina) è presente nella digitale, termine generico con il quale ci si riferisce a diverse piante appartenente al genere Digitalis.
Ricordiamo infine il chinino, un alcaloide estratto dalla corteccia della pianta dell’albero della china che ha proprietà antipiretiche, antimalariche e analgesiche. Oggi il chinino, sotto forma di chinino solfato, viene utilizzato soprattutto nella cura della malaria nei luoghi dove si è sviluppata la resistenza alla clorochina.
La posizione alternativa
Considerare la fitoterapia una medicina alternativa (curarsi con le erbe e non con i farmaci!) rende nullo il valore scientifico della disciplina (anche noi l’abbiamo inclusa nella sezione Medicina alternativa per fare in modo che chi fosse interessato alla materia la trovasse!). Infatti tale posizione si basa sul grossolano errore di considerare buono tutto ciò che è naturale. Dovrebbero essere a tutti chiari gli esempi di entità naturali che possono essere molto dannosi per l’uomo: tralasciando veleni e sostanze inquinanti naturali, basti pensare che un’eccessiva esposizione al sole favorisce il melanoma, che sostanze naturali come le aflatossine sono cancerogene ecc.
Come risultato della posizione alternativa c’è la credenza che i prodotti fitoterapici non abbiano effetti collaterali. In realtà una qualunque sostanza che agisce come farmaco per curare deve spostare equilibri e quindi ha sia effetti collaterali sia controindicazioni e soprattutto interazioni con farmaci classici. Per approfondire ci si riferisca ai rischi della fitoterapia; qui ci limitiamo a ricordare, a mo’ di esempio, il caso dell’iperico; l’Hypericum perforatum, noto anche con il nome di erba di San Giovanni, avrebbe proprietà terapeutiche nelle depressioni lievi (nelle depressioni gravi molte ricerche hanno già stabilito l’assoluta inefficacia), anche se la medicina ufficiale non le conferma, mancando dati a lungo termine, e mette in guardia dall’automedicazione che potrebbe provocare l’aggravarsi di depressioni serie. Fra gli effetti collaterali, la fotosensibilizzazione (la comparsa di macchie sulla pelle per l’esposizione alla luce solare), ansia e irrequietezza, l’interazione con farmaci, per esempio la pillola anticoncezionale e alcuni usati nella cura dell’AIDS e del rigetto nei trapianti.
La situazione, poi, diventa profondamente irrazionale quando la posizione alternativa si sposa con il delirio di onnipotenza, tipico di ogni forma di medicina che non riconosce i propri limiti: ecco che allora c’è il rimedio a ogni patologia, persino a quelle inguaribili!
Un’ulteriore deriva della posizione alternativa si ha quando il terapeuta l’affianca ad altre dubbie discipline a sfondo naturalistico, come per esempio l’aromaterapia.
La posizione complementare
In realtà si dovrebbe inquadrare correttamente la fitoterapia come una disciplina complementare alla medicina tradizionale. Non a caso, come abbiamo in apertura, è alla base di molti prodotti della farmacologia di sintesi. La fitoterapia complementare utilizza rimedi derivati dalle piante come mezzo terapeutico rispettandone però il fitocomplesso (l’insieme di tutte le sostanze presenti nel fitomedicamento, ciascuna con proprietà medicamentose più o meno evidenti, indispensabili, nella loro totalità, per l’azione terapeutica completa tipica di quel fitomedicamento).
Infatti a differenza delle medicine alternative per la fitoterapia si può applicare per un certo numero di patologie la legge di guarigione totale. Ricordiamo ancora una volta che la comune aspirina nient’altro è che l’acido acetilsalicilico che, come dice il nome, è contenuto nella corteccia del salice.
I limiti della fitoterapia complementare
La fitoterapia è una medicina complementare; ciò significa praticamente che, con una sorta di principio delle multinazionali, anche per il fitoterapico vale la conseguenza che, se un principio funziona, verrà probabilmente prodotto sinteticamente con costi molto più bassi e con diffusione su larga scala. Il fatto che oggi si utilizzino ancora le piante per estrarre più economicamente sostanze (glicosidi, alcaloidi ecc.) non ottenibili per sintesi non inficia il ragionamento: il farmaco ottenuto risulta molto spesso più attivo della pianta in sé, semplicemente perché questa contiene moltissime altre sostanze ininfluenti nella patologia.
È quindi facile capire che le grandi industrie farmaceutiche impiegherebbero pochi giorni a trasformare in farmaci rimedi fitoterapici veramente efficaci. Vedasi appunto il caso dell’aspirina: con il farmaco a disposizione nessuno oggi si sogna più di curarsi con prodotti fitoterapici ottenuti direttamente dal salice. Altro esempio è il palmetto seghettato (Serenoa repens), il cui principio attivo è usato nei farmaci per curare l’ipertrofia prostatica.
I prodotti fitoterapici che non sono “tradotti” in farmaci debbono essere quindi guardati sempre con un certo scetticismo. Del resto ormai nessuno crede più all’efficacia della camomilla contro un’insonnia piuttosto “resistente”. Per analogia è molto ottimistico che un rimedio fitoterapico, solo perché dell’ultima ora (cioè pubblicizzato con ampi mezzi quando prima era sconosciuto), possa essere efficace contro patologie di un grado di gravità anche solo medio. Come vedremo, i rimedi fitoterapici validi sono una parte di quelli proposti dalla fitoterapia (sicuramente quelli di classe I); vale però la regola che:
i rimedi fitoterapici validi servono solo per disturbi di modesta entità.
Le tre classi fitoterapiche
R. Albanesi ha proposto (2011) una suddivisione dei prodotti fitoterapici in tre classi:
Classe I – Sono le erbe che migliorano la qualità della nostra vita perché sono da preferirsi a farmaci in quanto, per patologie di lieve portata, presentano minori effetti collaterali e minori controindicazioni. L’esempio classico è quello della valeriana contro i classici tranquillanti di sintesi. Per le patologie gravi è invece ottimistico pensare di poter sostituire i farmaci. Un studio inglese relativamente recente effettuato dal Dipartimento di Medicina Complementare dell’università di Exeter (Gran Bretagna), pubblicato sulla rivista medica Thorax, ha mostrato come i principali rimedi fitoterapici contro l’asma (Ligusticum wallichii, Picrorhiza Kurroa, Boswellia serrata, Ginkgo biloba) siano inefficaci e decisamente inferiori ai farmaci tradizionali. È invece corretto vedere i fitomedicamenti come complementari a quelli tradizionali per piccole patologie o come integratori della nostra salute (l’esempio della tisana è classico).
Classe II – Sono le erbe che hanno una qualche efficacia, ma sono chiaramente in secondo piano rispetto ai farmaci convenzionali. Un caso classico è quello già citato dell’iperico: utilizzarlo nelle forme di depressione lieve può essere veramente controproducente perché di fatto può rallentare la guarigione del soggetto rispetto al trattamento convenzionale. Si tratta cioè di quell’ottimismo fitoterapico (che diventa evidentissimo nella classe III) che porta a scegliere una cura inferiore a quelle disponibili solo per un’adesione irrazionale alla bontà della fitoterapia.
Classe III – Si tratta di tutte quelle erbe che hanno scarso peso nella ricerca scientifica convenzionale e per le quali l’impiego si basa solo sull’ottimismo fitoterapico. Per una data erba è sufficiente fare una ricerca su Pubmed per verificare se è sotto ai riflettori della ricerca. Ovviamente questa non è una condizione sufficiente alla promozione terapeutica (infatti molte erbe usate nei dimagranti da banco sono inefficaci, ma sono oggetto di molte ricerche perché l’industria dei dimagranti spinge a pubblicare di tutto per supportare i prodotti), ma è sicuramente necessaria!

La fitoterapia è la scienza che studia le proprietà terapeutiche delle piante e l’impiego di medicamenti vegetali nella cura delle malattie.
Il glossario della fitoterapia
Alcuni termini che sono utilizzati quando si parla dei trattamenti utilizzati in fitoterapia sono molto comuni e di immediata comprensione (si pensi ad analgesico, antiflogistico, antipertensivo, antinfiammatorio, ipotensivo, vasodilatatore ecc.), mentre altri sono meno noti e abbastanza “oscuri”; di seguito, una breve lista, di alcuni termini utilizzati per definire le proprietà dei principi attivi usati in fitoterapia:
Antidrotico – Che arresta o riduce la sudorazione
Antisettico – Che inibisce lo sviluppo e la moltiplicazione di microrganismi infettivi o patogeni.
Astringente – Che restringe i capillari, i tessuti ecc. e che riduce la secrezione mucosa o quella ghiandolare.
Balsamico – Che calma le irritazioni e le infiammazioni delle mucose.
Bechico – Che calma la tosse e, in generale, cura le affezioni a carico delle vie respiratorie.
Carminativo – Che favorisce l’eliminazione di gas dallo stomaco e dall’intestino.
Colagogo – Che stimola il flusso della bile.
Coleretico – Che attiva la produzione e la secrezione della bile.
Diaforetico – Che favorisce la sudorazione.
Emetico – Che provoca il vomito (emesi).
Eupeptico – Che facilita il processo digestivo.
Galattofugo – Che arresta o riduce la secrezione lattea.
Galattogogo – Che stimola e aumenta la secrezione lattea.
Rubefacente – Che richiama localmente una maggior quantità di sangue.
Scialalagogo – Che favorisce la secrezione salivare.
Stomachico – Che aiuta favorisce le funzioni gastriche.
Vasocostrittore – Che contrae i vasi sanguigni riducendone il diametro.
Vulnerario – Che favorisce la cicatrizzazione di ferite e piaghe.