La papaya fermentata è un integratore alimentare anti-aging (ovverossia antinvecchiamento) molto gettonato e che gode da tempo di un notevole riscontro mediatico; una notevole spinta alla sua fama è certamente legata alla promozione che per diversi anni gli è stata garantita dal premio Nobel Luc Montagnier.
Il continuo miglioramento delle condizioni di vita nei Paesi più avanzati e l’allungamento della vita media hanno reso la ricerca dell’elisir di lunga vita un vero e proprio business per cui è logico chiedesi se integratori come la papaya fermentata possano ritenersi una soluzione interessante. La risposta è NO.
Papaya fermentata – Proprietà
Si tratta di un integratore usato da almeno 25 anni in Giappone, ottenuto dal frutto della Carica papaya (una pianta di origine centroamericana appartenente alla famiglia delle Caricacee) attraverso un particolare processo di fermentazione naturale che dura diversi mesi, al termine del quale viene macinata in una polvere finissima; tale processo serve sostanzialmente a ottimizzare il contenuto in antiossidanti.
I primi ricercatori giapponesi asserivano che i fitonutrienti contenuti nella papaya potessero rallentare moltissimo l’invecchiamento, proteggendo l’organismo dallo stress ossidativo provocato dai radicali liberi, una delle cause (spesso sopravvalutata) della degenerazione dell’organismo con l’età. Ovviamente, poi, i sostenitori della papaya passarono a decantarne le virtù per tutte le malattie degenerative, da quelle cardiache al morbo di Parkinson, dall’osteoporosi all’artrite fino ad arrivare al cancro.
Alla base del loro ottimismo c’era (e c’è) la generica osservazione che il sistema immunitario è strettamente legato al sistema antiossidante poiché, fra l’altro, si occupa di distruggere le componenti delle cellule alterate dallo stress ossidativo. Peccato che, al momento, di riscontri scientifici a supporto della papaya non ve ne siano.
Peraltro, è doveroso ricordare che qualche anno fa (settembre 2014) l’Antitrust ritenne ingannevole la campagna pubblicitaria di un notissimo integratore a base di papaya fermentata (che qui non citiamo per non contribuire a un’immeritata pubblicità), diffusa sui giornali, alla radio e in televisione, oltre che sul sito aziendale. Nell’attività promozionale del prodotto si faceva riferimento alla sua efficacia contro gravi patologie come la malattia di Alzheimer o il morbo di Parkinson, per non parlare della sua propagandata utilità contro influenza e raffreddori, invecchiamento cellulare e stati di debilitazione. Secondo il parere del Garante della concorrenza le informazioni diffuse dall’azienda “si sono rivelate non veritiere o comunque ambigue”, tant’è che l’Autorità decise per una sanzione di 250.000 euro.
Sostanzialmente, se la papaya fermentata può vantare un’efficacia antiossidante, risultano privi di qualsiasi validazione scientifica i vari benefici salutistici ricondotti a una sua prolungata assunzione.
L’errore di novità
Si tratta di un banale errore cui cadono vittima tutti coloro dotati di scarsa intelligenza acquisitiva: di fronte a un problema che non ha attualmente soluzione, ritengono che l’ultima novità possa essere migliore delle precedenti.
Succede con la cura dei tumori, con le terapie antinvecchiamento, con le pillole dimagranti o con la cura non invasiva della cellulite; anche in campo non medico l’errore di novità è diffuso: si pensi ai meccanismi con cui le società di investimento propongono ai loro clienti soluzioni sempre nuove, illudendoli che, essendo migliori di quelle vecchie, guadagneranno di più e senza rischi; oppure alla pubblicità del detersivo: “Nuovo Pincopallo lava più bianco!”.
L’errore riguarda la parte acquisitiva dell’intelligenza perché, di fatto, chi lo commette non sa gestire l’assenza di dati e ragiona con un semplicistico “è nuovo, proviamolo, magari funziona!”.
Nel caso della papaya fermentata è evidente che
- la promozione di un premio Nobel,
- i grossi investimenti pubblicitari,
- l’errore di novità di gran parte della popolazione che si illude di aver scoperto l’elisir dell’eterna giovinezza
non possono che fare di questo integratore un prodotto molto chiacchierato.

I frutti della papaia sono bacche dalle dimensioni variabili, dalla forma ovoidale, simili al melone
Papaya fermentata – Funziona?
Come facilmente si può intuire da quanto abbiamo esposto finora, è lecito esprimere molti dubbi sul fatto che la papaya fermentata faccia ciò che i suoi propugnatori promettono.
Alcuni pareri – Siamo in buona compagnia visto che nel 2004 (anno in cui Montagnier incominciò a supportare lo sviluppo commerciale della papaya fermentata) Silvio Garattini (direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Negri di Milano) affermava: “Ancora non riesco a capire come un ricercatore dello spessore di Montagnier possa farsi promotore di un preparato del genere. Non perché si tratta di un integratore, ma perché non esistono a tutt’oggi studi che ne abbiano dimostrato l’efficacia. Non si può consigliare una sostanza se niente dimostra che funzioni“. Per non parlare di Adriana Maggi, direttore del centro di eccellenza per la malattie degenerative del cervello dell’Università di Milano: “Ben vengano studi sull’estratto di papaya e l’invecchiamento cerebrale; noi non abbiamo niente in contrario, ma per ora quel che vediamo è solo un fenomeno commerciale, di ricerca neanche l’ombra“.
Le ricerche – Dal 2004 è cambiato qualcosa? NO. Andate su Pubmed (la banca dati degli articoli pubblicate sulle maggiori riviste internazionali) e provate a comparare i dati della vitamina E (un altro potente antiossidante) con quelli della papaya fermentata, noterete che i risultati relativi alla papaya sono decisamente scarsi se messi a confronto con quelli di sostanze su cui la ricerca scientifica si è espressa da tempo in maniera positiva. Come dire: la comunità scientifica internazionale non crede alla papaya fermentata!
Il testimonial – Nonostante Montagnier conosca la papaya fermentata dal 1994 e, probabilmente, la usi personalmente, non è certo un buon testimonial, dimostrando tutti i suoi 86 anni (del resto uno che consiglia di limitare l’esercizio fisico a mezz’ora al giorno…). Sicuramente la sua abilità politica (uno dei pochi a vincere il Nobel su un argomento, l’AIDS, sul quale ancora non è stata detta l’ultima parola) è eccelsa, le sue capacità commerciali anche (visto che si è prodigato nel sostenere che la papaya fermentata DOC è il solo prodotto che spinge e che gli altri, addirittura, potrebbero essere dannosi), la sua abilità nel marketing così così (forse molti ricorderanno che lo scienziato francese consigliò la papaya all’allora pontefice in carica Giovanni Paolo II senza ottenere alcun risultato pratico, visto che la malattia del papa decorse in modo del tutto usuale), ma la sua razionalità è del tutto normale, da uomo comune, visto che non sa liberarsi dal delirio di onnipotenza che affligge spesso la classe medica con considerazioni tutto sommato banali come quelle riportate in questo articolo. Del resto Montaignier non è del tutto nuovo a uscite piuttosto dubbie.
I test – Le ricerche che promuovono un integratore antiradicali liberi hanno un modo molto semplice per dimostrare la loro efficacia: allungare la vita di animali a vita breve. Nell’uomo si può sfruttare l’errore di novità perché la lunga vita media rende molto difficile smontare con i fatti la tesi che l’integratore X non ti fa vivere in media 20 anni in più, occorre infatti attendere troppo tempo. Poiché il danno ossidativo esiste anche negli animali, proviamo X sui cani e vediamo se la loro vita media aumenta. Non a caso i migliori mangimi per cani contengono antiossidanti come vitamina C ed E in dosi massicce e non è oggi raro trovare cani (di razze predisposte) che vivono in buona salute fino a 16-18 anni con un incremento medio per razza di 3-4 anni. Ebbene, non esistono test del genere per la papaya.
La comparazione – Basta citare la ricerca (Calzuola, Gianfranceschi e Marsili, Dipartimento di Biologia Cellulare e Ambientale, Università di Perugia, e Centro di Eccellenza Materiali Innovativi e Nanostrutturati, Università di Perugia) del 2006 comparsa su Int J Food Sci Nutr.
La ricerca ha comparato l’attività antiossidante di germogli di grano (ricchi di vitamina E), Morinda citrifolia (noni), papaya fermentata e tè bianco (un tè molto pregiato prodotto in Cina e Sri Lanka). Ecco l’abstract della ricerca:
Sono stati analizzati, per determinare il loro potere riducente e l’attività antiossidante, estratto idroalcolico di germogli di grano, tè bianco, Morinda citrifolia e papaya fermentata. I risultati mostrano che le micromoli di ferrocianuro di potassio ridotto da una quantità di estratto corrispondente a 1 g di vari tessuti disidratati di partenza sono i seguenti: 12,91 + / -0,83 (germogli di grano), 10,66 + / -1,22 (M. citrifolia), 17,06 + / -1,24 (tè bianco), e 1,05 + / -0,09 (papaya fermentata). Inoltre i risultati mostrano una forte attività di eliminazione di superossido negli estratti di tè bianco, Morinda citrifolia e germogli di grano. L’attività dell’estratto di papaya fermentata è la più bassa.
Papaya fermentata – Controindicazioni
La papaya fermentata potrebbe abbassare i livelli di glicemia nel sangue; dovrebbero quindi porre particolare attenzione all’assunzione di prodotti a base di questa sostanza coloro che hanno bassi livelli di zuccheri nel sangue o in terapia con farmaci per abbassare la glicemia. Bisogna astenersi dal consumo di papaya fermentata in caso di ipersensibilità certa o presunta verso la papaya e in caso di allergia al lattice (se si è allergici al lattice, sono elevate le probabilità che si risulti allergici anche alla papaya). In gravidanza e allattamento è bene evitare l’assunzione di papaya fermentata.
Luc Montagnier (1932-2022) è stato un medico, biologo e virologo francese. Professore presso l’Istituto Pasteur di Parigi, presidente della fondazione mondiale per la ricerca e prevenzione dell’AIDS, ha scoperto nel 1983 il virus HIV e ha vinto (con Francoise Barrè-Sinoussi per la stessa motivazione e il tedesco Harald zur Hausen per i suoi studi sul Papillomavirus) il premio Nobel per la medicina 2008.