Il termine tisana indica una preparazione liquida – destinata a essere consumata per via orale – a base di acqua e droghe vegetali. Lo scopo del ricorso alle tisane è generalmente di tipo curativo, ma, come vedremo, le finalità possono anche essere di altro genere.
Molti testi di fitoterapia riportano la definizione che della tisana dà la Farmacopea Ufficiale Italiana; secondo quanto scritto nel Formulario Nazionale, le tisane sono delle “preparazioni acquose ottenute, estemporaneamente, da più droghe vegetali e sono destinate ad essere somministrate per via orale, come tali a fini terapeutici o come veicoli di altri medicamenti.
Possono essere leggermente edulcorate o aromatizzate e vanno, di preferenza, consumate al momento”.
A questo punto si impone una precisazione; molti utilizzano il termine tisana in modo improprio facendo con esso riferimento ad altre tipologie di preparati come, per esempio, l’infuso, il decotto o il macerato. In realtà, questi tipi di preparazione non possono essere definiti propriamente tisane, anche se, con esse, tutti rientrano nella cosiddetta categoria degli idroliti, termine che identifica quelle preparazioni in cui l’acqua è il solvente utilizzato allo scopo di estrarre i principi attivi dal prodotto fitoterapico.
Non è scopo di questo articolo cavillare sulla terminologia, ma è opportuno chiarire in modo corretto alcuni concetti perché quando si parla di preparazioni a scopo terapeutico la soluzione estrattiva ha la sua importanza.
Tisana, decotto, infuso e macerato
Chiarito il fatto che, per quanto usuale, non è corretto riunire sotto un unico termine (tisana) i diversi idroliti, cerchiamo di illustrare brevemente il significato di alcuni dei termini in questione.
Si parla di tisana quando la base di preparazione è costituita da una miscela di droghe; le parti utilizzate solitamente sono le parti aeree, ma in molti casi, può esservi la presenza di parti più dure come radici e cortecce. È bene precisare che la presenza di cortecce esclude quella delle radici (e viceversa); il motivo di questa mutua esclusione è legato al fatto che una corteccia richiede un determinato tipo di trattamento (quello dei decotti), mentre la radice necessita del trattamento riservato agli infusi. Il nome di una tisana dovrebbe essere attribuito avendo riguardo per la droga maggiormente presente dal punto di vista quantitativo oppure per quella fitoterapicamente ritenuta più importante.
Si parla di decotto quando le droghe che si intendono utilizzare devono essere estratte da parti coriacee (radice, rizoma, corteccia ecc.). La decozione è una tecnica che consiste nel mettere la droga vegetale in un recipiente contenente acqua; questo recipiente (tisaniera), che deve essere dotato di coperchio, viene poi messo sul fuoco e il suo contenuto deve essere portato a ebollizione. Il tempo di ebollizione varia a seconda dei tipi di droghe e di parti che sono utilizzate; si va da tempi molto brevi (4-5 minuti), a tempi decisamente più lunghi (anche 30 minuti a seconda del tipo di erba o pianta). Dopo aver spento il fuoco è necessario lasciar macerare il tutto per alcuni minuti e successivamente filtrare. Dopo la filtrazione il decotto può essere consumato.
Si parla invece di infuso quando la droga è estratta da una sola pianta; le parti utilizzate per la preparazione di un infuso sono quelle più delicate (fiori, foglie, sommità fiorite).
L’infusione è probabilmente una delle tecniche estrattive più utilizzate nella preparazione di idroliti; l’infuso è preparato rovesciando dell’acqua bollente sulla droga vegetale; segue un periodo di ammollo in un recipiente chiuso da un coperchio; tale periodo può variare dai 4-5 ai 20 minuti; i tempi più brevi sono generalmente riservati a infusi preparati senza fini terapeutici, mentre per quanto riguarda gli infusi a scopo medicamentoso il periodo di ammollo è solitamente più lungo.
L’infusione è una tecnica molto simile a quella della decozione, ma la prima risulta più adatta per l’estrazione di alcuni principi attivi che l’ebollizione danneggerebbe, soprattutto nel caso che le parti della pianta che sono utilizzate siano quelle più delicate.
Si parla infine di macerato quando l’estrazione è fatta a freddo per un periodo minimo di 12 ore; l’utilizzo di acqua fredda è dovuto al fatto che è necessario estrarre principi attivi termolabili evitando di estrarre principi attivi non interessanti (o addirittura deleteri) per gli scopi che si prefiggono. La macerazione è particolarmente adatta all’estrazione di principi attivi dalle mucillagini.
Il tempo di riposo nei macerati è estremamente variabile; si va infatti, come accennato in precedenza, da un minimo di 12 ore ad alcune settimane; trascorso il tempo stabilito, prima che la bevanda possa essere consumata si dovrà procedere con l’operazione di filtrazione; la filtrazione ha lo scopo di eliminare gli eventuali residui (detti anche feccia).
Una variante della macerazione è la cosiddetta digestione; la tecnica della digestione prevede tempi più lunghi e una temperatura dell’acqua che sia superiore a quella ambiente, ma inferiore al punto di ebollizione.

La tisana è una preparazione liquida – destinata a essere consumata per via orale – a base di acqua e droghe vegetali.
Come preparare una tisana perfetta
Quando una tisana viene preparata a scopi terapeutici, vi sono alcune regole che devono essere rispettate se si vuole che la preparazione sia considerata a regola d’arte.
In una tisana sono essenzialmente due le componenti principali; la prima componente è costituita dalle cosiddette droghe principali, mentre la seconda è costituita dalle cosiddette droghe secondarie.
Com’è facilmente intuibile, le droghe principali sono quelle che contengono i principi attivi dei quali si vuole sfruttare l’effetto terapeutico, mentre le altre sono generalmente aggiunte affinché la tisana sia organoletticamente piacevole.
Le droghe secondarie sono suddivise in due grandi categorie: droghe secondarie complementari e droghe secondarie ausiliarie. Le droghe secondarie complementari hanno lo scopo di coadiuvare l’azione terapeutica delle droghe principali, mentre le droghe ausiliarie hanno il semplice scopo di conferire un sapore e un aroma gradevole.
Esistono diversi schemi utilizzati per la preparazione di una tisana; uno dei più noti è quello proposto da Shavemberg e Paris; lo schema ideato dai due studiosi prevede:
- 60% di remedium cardinale (anche rimedio base, da una a tre droghe principali)
- 20% di adjuvans (rimedio adiuvante, al massimo due droghe)
- 10% di constituens (piante complementari che hanno lo scopo di migliorare l’aspetto della miscela)
- 10% di corrigens (piante utilizzate per migliorare le caratteristiche organolettiche della bevanda).
Anche il tempo di raccolta delle droghe ha la sua importanza nella preparazione a regola d’arte di una tisana.
I fitoterapeuti consigliano di raccogliere le parti erbacee e i fiori nelle prime ore del mattino, si deve però attendere che la rugiada sia evaporata.
Le foglie vanno raccolte al mattino prima che compaiano i fiori. I fiori e le sommità fiorite vanno raccolte quando i primi stanno per aprirsi.
Le radici vanno raccolte durante il periodo autunnale, dopo che la pianta ha terminato il suo ciclo vegetativo.
Le cortecce vanno raccolte durante il periodo primaverile, agli inizi del ciclo vegetativo della pianta.
Le erbe, fresche o secche che siano, devono essere triturate in modo opportuno (si parla di taglio tisana); scopo della triturazione è essenzialmente quello di permettere che l’estrazione dei principi fitoterapici sia caratterizzata dalla maggior efficacia possibile.
Solitamente le foglie sono triturate in modo da ottenere piccoli quadretti, le parti più dure come per esempio le cortecce sono tagliate a forma di piccoli dadi, mentre i fiori e i frutti sono di solito lasciati tali e quali.
Alcune droghe però vengono polverizzate. La triturazione presenta un vantaggio oggettivo, ovvero la migliore distribuzione delle diverse componenti nella tisana; con la triturazione infatti si riducono sia la tendenza al galleggiamento sia quella ad andare a fondo; non si verifica quindi (perlomeno teoricamente) la possibilità che la tisana sia diversamente composta nella parte alta rispetto a quella più bassa.
La triturazione presenta però alcuni svantaggi; uno è prettamente commerciale; il consumatore infatti tende a preferire prodotti facilmente riconoscibili e ciò non è molto facile se la preparazione è eccessivamente sminuzzata; un altro svantaggio è di tipo più tecnico: una triturazione notevole facilita eccessivamente sia il processo di essiccamento sia quello di evaporazione degli oli essenziali contenuti nel preparato; sarebbe quindi consigliabile, quando ciò è possibile, che lo sminuzzamento venisse eseguito poco prima di preparare la tisana.
Dal momento che molte piante presentano interazioni non sempre fra loro favorevoli, è consigliabile che le miscele per la preparazione di una tisana non siano costituite da più di cinque erbe.
Mai zucchero o altri dolcificanti
Alcuni, per rendere più gradevole il sapore di alcune tisane preferiscono zuccherarle, ma una tisana propriamente detta non dovrebbe mai essere zuccherata o dolcificata.
Le correzioni del gusto dovrebbero essere infatti effettuate soltanto attraverso l’utilizzo di erbe corrigens.
Si può conservare una tisana?
Una tisana non è una preparazione adatta a essere conservata; la maggiore efficacia si raggiunge infatti se la si beve poco dopo la sua preparazione; se è necessario assumerla più volte nell’arco della giornata e non si ha la possibilità di prepararla in modo estemporaneo si può ricorrere a un thermos, tenendo però presente che il periodo massimo di conservazione non deve superare le 24 ore.