L’ayurveda è una antichissima scienza indiana basata sulla filosofia Samkhya (da Sat=verità e khya=conoscenza) una delle scuole di pensiero induiste.
Nei Paesi occidentali è diffusa in particolar modo la visione “medica e salutistica” dell’ayurveda e, in effetti, non è azzardato affermare che, a livello occidentale, essa sia una delle medicine alternative più conosciute tant’è che spesso ayurveda è considerato un semplice sinonimo di medicina ayurvedica.
Per gli Asiatici l’ayurveda è invece una vera e propria filosofia sulla quale basare la propria esistenza, una filosofia che considera il corpo e la mente come un insieme inscindibile. Scopo primario di tale disciplina è quello di far sì che l’uomo conservi una buona salute in modo da essere in grado di conseguire i principali obiettivi della vita.
Per farlo è necessario seguire quattro principi fondamentali: il dharma (l’agire in modo corretto, sia verso noi stessi sia verso la società), l’artha (il riuscire a procurarsi i mezzi di sostentamento), il kharma (il riuscire a soddisfare i propri desideri entro i limiti dettati da un comportamento corretto) e il moksha (la realizzazione di sé stessi, lo stato più importante di ogni essere umano).
La parte terapeutica della filosofia dell’ayurveda è basata sulla diagnosi dei tre umori corporei, i dosha.
Dosha e subdosha
Secondo l’ayurveda ogni persona è un’espressione unica e irripetibile della combinazione di tre principi fondamentali, i dosha (anche dosa): Vata, Pitta e Kapha. Questi principi sono gli agenti regolatori della natura e, conseguentemente, anche dell’organismo umano. Gli stati di salute o di malattia sono quindi conseguenti alla loro condizione e alle relazioni fra essi intercorrenti.
Il Vata Dosha rappresenta il principio del movimento, principio nato dalla combinazione di Etere e Aria. Il Vata governa le funzioni del sistema nervoso e tutto quello che si muove; il Vata è costituito da cinque subdosha (o subdosa) che sono dislocati in determinate zone dell’organismo; i cinque subdosha del Vata sono il prana vata, l’udana vata, il samana vata, l’apana vata e il vyana vata. Questi cinque subdosha svolgono diverse funzioni (alimentano il cervello, i polmoni, i cinque sensi, sono collegati alla digestione, la circolazione ecc.).
Il Pitta Dosha rappresenta il principio della combustione e della trasformazione, principio nato dalla combinazione di Fuoco e Acqua. Il Pitta presiede tutti i processi relativi alla digestione e alla trasformazione; il Pitta è costituito da cinque subdosha: il pacacka pitta, il ranjaka pitta, il sadhaka pitta, l’alocaka pitta e il bhrajaka pitta. I subdosha del Pitta regolano la temperatura corporea, contribuiscono alla produzione dei globuli rossi, agiscono a livello di salute cutanea, permettono la comprensione attraverso il pensiero logico, regolano la sudorazione e le secrezioni sebacee ecc.
Il Kapha Dosha rappresenta il principio del consolidamento, della coesione, della stabilità; principio nato dalla combinazione di Acqua e Terra. Governa le funzioni del sistema immunitario ed è responsabile della struttura corporea; il Kapha Dosha è costituito da cinque subdosha: il kledaka kapha, l’avalambaka kapha, il bodhaka kapha, il tarpaka kapha e lo slesaka kapha. Questi subdosha sono principalmente responsabili della protezione delle pareti dello stomaco, della digestione, della lubrificazione di cuore, polmoni e articolazioni e sono inoltre associati alla tranquillità emotiva, ai sentimenti affettivi ecc.
Secondo l’ayurveda anche uno solo o due dosha sono predominanti in un soggetto e tale predominanza influenza in determinati modi sia la personalità che la costituzione fisiologica. Di fatto, secondo tale principio, la costituzione di un soggetto (la Prakriti) è influenzata dalla composizione e dalla prevalenza dei singoli dosha. Conoscere la propria Prakriti è, secondo la filosofia dell’ayurveda, fondamentale per gestire in modo ottimale la propria esistenza e, conseguentemente, il proprio stato di salute.
Le malattie sono indice di uno squilibrio dei dosha, mentre la salute rappresenta, l’ordine, l’equilibrio. Uno stile di vita scorretto agisce creando degli squilibri e quindi uno stato patologico più o meno grave a seconda, appunto, della gravità di tali squilibri. Se vi è squilibrio vi è produzione e conseguente accumulo di tossine (Ama); queste tossine agiscono bloccando quei canali che, secondo la filosofia dell’ayurveda, consentono di collegare in modo funzionale tutti i tessuti dell’organismo. Più un organismo è intossicato più un organismo è malato.
La medicina ayurvedica non si rivolge però alla malattia in sé stessa, bensì si preoccupa di portare l’individuo al giusto equilibrio la cui conseguenza è la salute. Pertanto la cura non è tanto rivolta al sintomo quanto all’individuo in generale che deve essere rafforzato e spinto a equilibrare le sue energie vitali, i cui sette centri (chakra) sono disposti lungo tutto il corpo. Il medico semplicemente ascoltando il polso riesce a captare lo stato del soggetto. Il limite della medicina ayurvedica è per stessa ammissione dei sostenitori la lunghezza delle terapie. In Occidente è stata diffusa da Maharishi Mahesh Yogi che insieme a Deepak Chopra, il guru della New Age, ha promosso l’antica conoscenza vedica con particolare attenzione alla meditazione trascendentale.
I mezzi utilizzati dalla medicina ayurvedica sono le erbe, i minerali, i massaggi con oli, lo yoga, la meditazione trascendentale, la cromoterapia, la musicoterapia, l’aromaterapia; particolare attenzione è data anche al cibo, considerato come una medicina.

La medicina ayurvedica è basata sulla teoria che le malattie sono provocate da uno squilibrio della forza vitale del corpo (prana).
Cosa funziona nell’ayurveda
Molto spesso il terapeuta ayurvedico è una persona equilibrata (del resto, tutta l’ayurveda è equilibrio!) e sicuramente più disponibile di tanti medici tradizionali. Questi aspetti fanno sì che egli possa fornire un notevole aiuto psicologico per il paziente e che possa risolvere molte di quelle patologie o disturbi che dipendono dallo stile di vita del soggetto. La guarigione quindi non è legata ai mezzi ayurvedici (di scarsa validità scientifica, dal momento che ha tutt’oggi non è stata fornita alcuna prova che l’ayurveda sia efficace per il trattamento di una qualsiasi patologia), ma alla figura carismatica del terapeuta che riesce a correggere errori esistenziali del paziente, errori che molto spesso incidono pesantemente sullo stato di salute.
Cosa non funziona nell’ayurveda
Prima di riporre la propria salute nei rimedi ayurvedici occorre considerare tre situazioni:
- anche per l’ayurveda vale la legge di guarigione totale: non è una medicina affidabile perché non esistono patologie guarite con assoluta certezza nella totalità dei casi;
- per stessa ammissione degli ayurvedici le terapie sono lunghe;
- la patria dell’ayurveda è l’India, uno dei Paesi dove le malattie da secoli hanno contribuito a decimare la popolazione. Se l’ayurveda funzionasse, come mai in India la vita media si è alzata (ed è tuttora decisamente inferiore a quella dei popoli occidentali) solo quando la medicina tradizionale è entrata negli ospedali indiani?