La chiropratica è una disciplina che cura alcune patologie con specifiche manovre (aggiustamenti) sulle vertebre e su altre strutture osteoarticolari. Lo scopo dell’aggiustamento è la rimozione delle cause meccaniche all’origine dei disturbi.
La chiropratica (dal greco cheir, mano + praktikè, pratica) conta ormai più di un secolo di vita; è stata infatti proposta nel 1895 da Daniel David Palmer (1845-1913), un insegnante canadese che si trasferì negli USA nel 1865 insieme ai suoi familiari.
Palmer sottolineò l’importanza della manipolazione della colonna vertebrale e ipotizzò che la compressione di un nervo o di una radice nervosa a livello della colonna vertebrale potessero causare sintomi locali e remoti dal sito della lesione. Palmer studiò anche la relazione del bacino con torsioni vertebrali e alcuni tipi di scoliosi, codificò il trattamento manipolativo, dandogli dignità scientifica (The Chiropractor’s Adjuster).
Il primo paziente di Palmer fu un certo Harvey Liliard, sordo da molti anni; sembra che Palmer riuscì a guarirlo operando una correzione manuale specifica sulla sua colonna vertebrale rimuovendo quelle alterazioni neurofisiologiche che erano alla base della sordità del soggetto.
Chiropratica – Cos’è
Esistono varie definizioni di chiropratica; quella dell’Unione Europea dei Chiropratici è la seguente:
“La chiropratica si occupa della diagnosi, il trattamento, la profilassi e la riabilitazione delle sindromi dolorose e disfunzioni dovute a lesioni che colpiscono il sistema motorio del corpo umano, così come le loro conseguenze biomeccaniche e neurofisiologiche“.
Secondo la Federazione Mondiale della Chiropratica “La chiropratica concentra la propria attenzione sulle relazioni tra struttura (principalmente la colonna vertebrale) e funzione (coordinata dal sistema nervoso) e sul modo in cui tale equilibrio influenza il recupero e il mantenimento della salute”.
L’Associazione Americana per la Chiropratica dà invece questa definizione: “La Chiropratica è una branca delle arti sanitarie che considera l’essere umano come un tutto integrato e rivolge speciale attenzione agli aspetti fisiologici-biochimici, inclusi quelli strutturali, spinali, muscolo-scheletrici, neurologici, vascolari, nutrizionali, emozionali ed ambientali”.
Come si vede da queste tre definizioni, ma ogni ente propone la propria, il campo d’azione di tale disciplina sembrerebbe piuttosto vasto; peraltro c’è da dire esistono pareri decisamente discordanti sull’efficacia della chiropratica.
Legislazione italiana
Fino agli inizi del 2008, nel nostro Paese, la chiropratica era una disciplina non riconosciuta dal nostro ordinamento. La situazione di incertezza precedente portava a situazioni paradossali; un qualunque manipolatore poteva definirsi chiropratico; non importava se era un ciarlatano, poteva farlo; poteva cioè definirsi chiropratico, mentre una persona “per legge” non poteva e non può (giustamente) fregiarsi del titolo di medico senza esserlo. Ciò ovviamente finiva per penalizzare la parte migliore della disciplina.
Le cose sono cambiate con la manovra finanziaria del 2008 la quale regolamenta e ufficializza l’attività di chiropratico:
«È istituito presso il Ministero della Salute, senza oneri per la finanza pubblica, un registro dei dottori in chiropratica. L’iscrizione al suddetto registro è consentita a coloro che sono in possesso di diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente. Il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore in chiropratica ed esercita le sue mansioni liberamente come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute, ai sensi della normativa vigente. Il chiropratico può essere inserito o convenzionato nelle o con le strutture del Servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme previsti dall’ordinamento. Il regolamento di attuazione del presente comma è emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro della salute».
Chiropratica – Indicazioni e controindicazioni
Le indicazioni al trattamento chiropratico sono numerose; fra queste si ricordano la cervicalgia, le vertigini e gli acufeni non attribuibili ad alterazioni oto-vestibolari, la sindrome simpatica cervicale posteriore, le dorsalgie, le lombalgie, le disco-artrosi e le protrusioni discali.
Il trattamento chiropratico è invece controindicato nel caso di tumori primari o secondari, osteomielite, spondilite tifica, artrite reumatoide, spondilite anchilosante, patologie dismetaboliche a eziologia sconosciuta, ernie discali espulse, esiti di fratture non consolidate correttamente, spondilolistesi con spondilolisi, osteoporosi avanzata (una forma di osteoporosi in fase non avanzata può costituire una controindicazione relativa in base alle condizioni generali del soggetto e in base al livello di sofferenza riscontrato).

Nel nostro Paese, la manovra finanziaria del 2008, approvata il 21 dicembre 2007, regolamenta l’attività di chiropratico
Quando ricorrere alla chiropratica
Poiché teoricamente basta una minima alterazione delle strutture delle vertebre e/o un loro minimo spostamento per creare una compressione o uno stiramento diretto o indiretto del midollo spinale, dei nervi e/o delle formazioni vascolari che passano tra le vertebre, molti dolori indefiniti o le cui cause sono sconosciute potrebbero essere curati con la chiropratica.
Occorre però un atteggiamento scientificamente corretto e considerare la chiropratica come una delle possibili terapie e non la sola possibilità terapeutica. In realtà, esistono molte altre subdole cause che possono giustificare dolori a prima vista inspiegabili: riportare ogni problema a un’alterazione dell’equilibrio della colonna vertebrale è un passo arbitrario che il serio chiropratico non deve fare. Infatti, in chiropratica la diagnosi è fondamentale. Si esamina attentamente la colonna vertebrale e il bacino mediante esami radiografici, ortopedici e neurologici. In base ai riscontri, il chiropratico deciderà se è opportuno intervenire o no.
Molto meno professionale è l’atteggiamento di chi vuole estendere le procedure chiropratiche alla cura di patologie che non interessano direttamente l’apparato locomotore, sostenendo (ma non esistono prove scientifiche in merito) che comunque un’alterazione a livello della colonna vertebrale può creare problemi di svariata natura.
Anche in questo caso il delirio di onnipotenza del terapeuta (che ha ottenuto buoni successi in un campo comunque ristretto) porta a un ingiustificato allargamento del proprio orizzonte operativo. L’evoluzione più auspicabile è che il connubio fra medicina convenzionale e chiropratica diventi sempre più stretto.
Per questo è importante che il termine “chiropratico” sia estremamente ben definito con un forte collegamento a un percorso di formazione riconosciuto.