La riflessologia plantare (più raramente, reflessologia) è una delle numerose tecniche terapeutiche considerate alternative, anche se, a onor del vero, molti terapeuti (i cosiddetti riflessologi) preferiscono considerarla come terapia complementare (forma di medicina non convenzionale che completa le metodiche di trattamento tradizionali di una patologia) piuttosto che come terapia alternativa (forma di medicina che si contrappone a quella tradizionale).
La riflessologia plantare, che trae spunto dalla medicina tradizionale cinese antica, è, sostanzialmente, una forma di massaggio (o, più precisamente, una forma di microstimolazione) che, attraverso particolari stimoli e compressioni che vengono effettuati su determinate zone di mani e piedi (le cosiddette zone riflessogene), consentirebbe, secondo quanto affermato dai suoi sostenitori, di diagnosticare, prevenire e anche trattare alcuni tipi di disturbi.
Il principio alla base della riflessologia plantare è che le zone riflessogene di mani e piedi sarebbero corrispondenti a organi interni e altre parti del corpo o, in detta in altri termini, ogni zona del piede sarebbe collegata, tramite una terminazione nervosa, a una zona della colonna vertebrale, zona che metterebbe in contatto detta terminazione con un organo.
La riflessologia plantare fa parte di quel gruppo di terapie denominate terapie olistiche, ovvero quelle terapie che considerano l’uomo nella sua unione di corpo, mente, emozioni e spirito. Per ulteriori dettagli su quest’ultimo punto si consulti il nostro articolo Medicina olistica.
Nel nostro Paese non esiste un inquadramento legislativo relativo alla riflessologia plantare; sul territorio nazionale sono presenti vari corsi di riflessologia plantare per coloro che desiderano esercitare l’attività di riflessologo; per farlo è necessario attenersi ai principi del codice deontologico dell’Associazione Italiana di Medicina Olistica (A.I.M.O.) che sanciscono che l’operatore che pratica la riflessologia plantare non può né formulare diagnosi né prescrivere farmaci o terapie.
Origini e sviluppo della riflessologia plantare
Si ritiene che le origini della riflessologia plantare siano antichissime; sembra infatti che i primi trattamenti terapeutici basati sul massaggio dei piedi risalgano al 5.000 a.C. e sarebbero stati effettuati in Cina e in India; in questi Paesi si adottavano tra l’altro già diversi tipi di terapia che adottavano la pressione delle dita per correggere i campi di energia dell’organismo (come per la digitopressione, l’agopuntura o lo shiatsu). Anche gli antichi Egizi utilizzavano una forma di riflessologia plantare, come appare in un affresco di una tomba di circa 4.300 anni fa, ritrovata a Saqqara, a sud del Cairo.
Per l’arrivo della riflessologia plantare in Occidente si dovette attendere sino al XX secolo. Fu un otorinolaringoiatra statunitense, William Fitzgerald, a introdurre per primo questo tipo di terapia.
Fitzgerald, infatti, elaborò un metodo, definito terapia zonale, che consisteva nell’esercitare una pressione in certi punti del corpo, sia con le mani che con strumenti speciali. Egli divise il corpo in dieci zone lungo le quali fluisce l’energia vitale, dagli alluci fino alla testa e riuscì in certi casi a ottenere un effetto anestetico per contrastare la presenza del dolore in una determinata zona.
Questa forma di riflessologia introdotta da Fitzgerald fu adottata da diversi dentisti, poi venne conosciuta da un medico di New York, Edwin F. Bowers, che la diffuse nel resto del Paese per averla citata in diversi suoi trattati.
Negli anni ’30 del secolo scorso, Eunice Ingham, terapeuta americana, proseguì le ricerche dei suoi predecessori, pubblicando alcuni libri sulla riflessologia plantare come “Le storie che i piedi potrebbero raccontare” e “Storie raccontate dai piedi“, concentrandosi esclusivamente sulla digitopressione legata ai piedi. La riflessologia plantare venne infine introdotta in Europa a partire dagli anni ’50 e oggi viene praticata da numerosi operatori e fisioterapisti, assieme ad altre tecniche manuali, sia diagnostiche che terapeutiche.
Le basi teoriche
Quali sono le basi teoriche della riflessologia plantare? La domanda è insidiosa. Infatti, checché ne possano dire i sostenitori della riflessologia plantare, non esiste nessuna prova scientifica che dimostri che il massaggio di una certa zona del piede o della mano può riflettersi positivamente (o negativamente) su un’altra parte dell’organismo.
Secondo quanto affermato dai sostenitori della riflessologia plantare, la malattia si manifesterebbe quando i “canali di energia” nel corpo sono bloccati, provocando danni in talune aree somatiche. Il massaggio mirerebbe dunque a rimuovere questi blocchi, permettendo così all’energia di fluire di nuovo liberamente.
La riflessologia plantare considera il piede come lo specchio del corpo: il piede sinistro rappresenterebbe il lato sinistro, mentre il piede destro il lato destro. Le varie zone della pianta del piede sono collegate in qualche modo a organi come la vescica, i reni o i polmoni, mentre l’alluce sarebbe legato alla testa e al cervello e il mignolo ai seni paranasali, secondo una caratteristica mappa riflessologica che mostra chiaramente come le zone del piede rispecchiano le varie parti del corpo.
La riflessologia plantare è efficace?
È veramente ottimistico credere che la riflessologia plantare possa indurre il corpo a ritrovare l’equilibrio e la salute, senza alcun impiego di farmaci o di altre sostanze. Basta applicare semplici meccanismi logici (per esempio il Ma se… ) per capire che la teoria alla base della riflessologia plantare è campata in aria: se per esempio l’alluce è collegato a testa e cervello chiunque ne subisca l’amputazione, la frattura, una contusione dovrebbe averne ripercussioni veramente significative, cosa che ovviamente non è vera.
Pur non essendo presentata come una panacea universale, la riflessologia plantare viene attualmente impiegata per trattare una vasta gamma di malanni comuni, tra i quali i dolori alla schiena, la lombalgia e la sciatalgia, i problemi digestivi e mestruali, l’emicrania e per ridurre gli effetti negativi dovuti allo stress.
Che dire dunque dell’efficacia della riflessologia plantare? Può dare benefici? La risposta è semplice, l’efficacia del trattamento infatti è tanto maggiore quanto minore è il malanno perché la sensazione di benessere (del resto tipica di altri tipi di massaggio) provoca un effetto placebo che può dare sollievo al malato.
Con un chiaro esempio del delirio di onnipotenza, coloro che praticano la riflessologia plantare sostengono di poter scoprire un’imminente o potenziale malattia e quindi effettuare un trattamento preventivo, se opportuno, o consigliare al paziente di consultare uno specialista, riuscendo così a fornire eventuali segni premonitori di una malattia. Si deve pertanto porre la massima cura nell’evitare di indicarla in patologie potenzialmente gravi, distraendo il paziente da cure veramente efficaci.
Come si svolge una seduta di riflessologia plantare
Esistono due modi per sottoporsi a questa tecnica: rivolgersi a un terapeuta specialista oppure apprendere le tecniche di base per potersi massaggiare la pianta del piede per proprio conto. Chi si rivolge al terapeuta dovrà innanzitutto sottoporsi a un’anamnesi completa.
Dopo la raccolta anamnestica il soggetto che si sottopone alla seduta di riflessologia plantare viene fatto accomodare su un lettino reclinabile; il terapeuta esaminerà il piede verificando conformazione, colore, temperatura, l’eventuale presenza di vene varicose e di calli o duroni ecc. Terminata questa verifica ha inizio il massaggio, effettuato inizialmente con un po’ di talco per abituare il paziente al tocco procurato da questa tecnica. Il massaggio di riflessologia plantare viene eseguito con il dito pollice che potrà esercitare una pressione o una frizione. La pressione deve essere effettuata in modo energico, ma senza provocare solletico o superare la soglia di dolore del soggetto.
Le prime stimolazioni che il terapeuta effettua hanno lo scopo di “depurare” l’organismo, allentando la tensione nervosa; ciò dovrebbe avere benefici effetti sulla diuresi, sulla motilità gastrointestinale e sulla respirazione. In seguito, il terapeuta si concentrerà su quegli organi che sono interessati dal processo patologico che si intende curare.
Durante la seduta vengono massaggiate tutte le aree riflessogene su entrambi i piedi. Il primo trattamento dura all’incirca un’ora e i benefici che se ne traggono sono già percepibili, se non altro per il massaggio plantare, in grado comunque di apportare sollievo al paziente.
Secondo i riflessologi anche i bambini possono essere sottoposti a trattamenti di riflessologia plantare; la durata del trattamento in questi soggetti è generalmente di minor durata.
Chi pratica la riflessologia plantare ritiene necessarie 6-8 sedute per trattare una determinata malattia, ma esistono casi estremi nei quali la cura può avere effetto quasi immediato (2-3 sedute) o non la può avere affatto: in quest’ultimo caso è meglio indirizzare il paziente al suo medico. Questa posizione dimostra l’infondatezza della tecnica che si basa sull’effetto risultato e sull’effetto coincidenza.
La riflessologia plantare non è un tipo di terapia che comporta solitamente effetti collaterali.

Il principio alla base della riflessologia plantare è che le zone riflessogene di mani e piedi sarebbero corrispondenti a organi interni e altre parti del corpo o, in detta in altri termini, ogni zona del piede sarebbe collegata, tramite una terminazione nervosa, a una zona della colonna vertebrale, zona che metterebbe in contatto detta terminazione con un organo.
Controindicazioni
Le sedute di riflessologia plantare non devono essere effettuate nel caso siano in corso processi infiammatori di tipo acuto o nel caso in cui il soggetto sia febbricitante.