Il TIA (acronimo dei termini inglesi Transient Ischemic Attack, attacco ischemico transitorio) è un deficit neurologico caratterizzato da temporaneità e reversibilità; un TIA è provocato da una riduzione transitoria dell’afflusso di sangue al cervello.
Un attacco ischemico transitorio ha molto in comune con l’ictus cerebrale di tipo ischemico, un grave evento patologico appartenente alla categoria delle sindromi vascolari acute.
La differenza sostanziale fra TIA (detto da alcuni mini-ictus) e l’ictus ischemico è che nel primo il danno neurologico non è permanente, bensì transitorio e reversibile.
Anni addietro, la definizione classica, ancora oggi utilizzata da molti, di attacco ischemico transitorio era pressappoco la seguente: “perdita focale, su base ischemica, di una funzione cerebrale od oculare, che insorge in modo improvviso e la cui sintomatologia dura meno di 24 ore e regredisce senza lasciare esiti“. Il limite di 24 ore era puramente accademico; in realtà i moltissimi studi effettuati mettono in evidenza come il TIA, nella stragrande maggioranza dei casi, sia un episodio che una durata inferiore all’ora. Ciò ha portato a una revisione della definizione di attacco ischemico transitorio che attualmente viene descritto come “deficit neurologico di breve durata causato da un’ischemia focale cerebrale che regredisce generalmente in meno di un’ora“.
L’attacco ischemico transitorio non è quindi un evento grave quanto un ictus, ma sicuramente non deve essere preso sottogamba in quanto è spia di una condizione cerebrovascolare non ottimale ed è quindi necessario indagare quanto prima le cause che hanno portato al suo manifestarsi.
Non è semplice fornire dati precisi relativi alla reale incidenza degli attacchi ischemici transitori proprio per la loro natura transitoria; in molti casi, infatti, la persona vittima dell’attacco non gli dà molta importanza e l’episodio finisce praticamente inosservato.
Alcune fonti parlano di un’incidenza annuale pari a un caso ogni 1.000 abitanti; altre parlano di un’incidenza che va da 2 a 8 casi ogni 1.000 abitanti.
Gli attacchi ischemici transitori sono più frequenti nelle persone anziane (circa tre quarti degli episodi riguardano soggetti ultrasessantacinquenni); gli uomini risultano maggiormente sottoposti al problema (il rapporto maschi-femmine è 3:2); per quanto riguarda le razze, le più sottoposte a TIA sono la razza asiatica, l’africana e la caraibica.
Coloro che soffrono di ipertensione arteriosa oppure di insufficienza coronarica hanno un rischio quattro volte superiore, rispetto a quello di un soggetto sano, di subire un TIA.
Attacco ischemico transitorio e rischio di ictus ischemico
I soggetti colpiti da un attacco ischemico transitorio hanno maggiori probabilità di subire, in futuro, altri episodi dello stesso tipo o, ancora peggio, un ictus ischemico.
Dopo un attacco ischemico transitorio, l’incidenza di ictus cerebrale è di circa del 10% a tre mesi; nella metà dei casi di TIA, si ha un episodio di ictus ischemico nel giro di 48 ore.
Il rischio di ictus dopo un TIA risulta maggiore se il soggetto soffre di diabete, ha più di 60 anni e l’attacco ischemico transitorio ha avuto una durata superiore ai 10 minuti e si sono avuti, durante l’episodio, deficit di tipo motorio o disturbi del linguaggio.
Le cause e i fattori di rischio dei TIA
Nella gran parte dei casi, i TIA sono provocati da processi arteriosclerotici a carico delle carotidi e/o delle arterie cerebrali.
Altre cause di TIA sono angiopatia ipertensiva, aritmie cardiache (in primis la fibrillazione atriale), ipercoagulabilità sanguigna, assunzione di contraccettivi orali nei soggetti che presentano fattori di rischio relativamente alla trombosi.

Principale differenza tra attacco ischemico e emorragico.
I principali fattori di rischio, come già accennato parzialmente nei paragrafi precedenti, sono rappresentati da ipertensione arteriosa (la cosiddetta “pressione alta”), diabete mellito, familiarità, fumo di sigaretta ecc.
Segni e sintomi di attacco ischemico transitorio
I segni e i sintomi di un attacco ischemico transitorio sono molto simili a quelli dell’ictus ischemico; la loro durata può essere di pochi secondi o minuti oppure di qualche ora; le manifestazioni cliniche del TIA sono legate dalla zona cerebrale interessata dal fenomeno ischemico.
Fra i sintomi che si registrano più comunemente in caso di TIA vanno ricordati i disturbi del linguaggio, la perdita temporanea (pochi secondi) della vista, formicoli a livello di arti superiori e/o inferiori, sonnolenza, vertigini, bocca storta ecc.
Diagnosi
Com’è facilmente intuibile, dal momento che un attacco ischemico transitorio dura generalmente meno di un’ora, la diagnosi è, praticamente, quasi sempre anamnestica (diversamente da quanto accade con l’ictus dove è possibile il rilievo obiettivo).
Il medico quindi può diagnosticare un attacco ischemico transitorio basandosi solo su quanto riferito dal paziente, piuttosto che su quello che può rilevare nel corso di un successivo esame obiettivo e neurologico.
È comunque necessario tentare di determinare la causa del TIA e valutare il rischio di un ictus ischemico; questo perché una tempestiva diagnosi relativa alla zona vascolare interessata dal TIA e alla causa di quest’ultimo è il modo migliore per cercare di prevenire una manifestazione più grave (ictus).
I test che possono essere prescritti sono diversi; è necessario in primis verificare la presenza di fattori di rischio di ictus (aterosclerosi, diabete mellito, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, iperomocisteinemia) dopodiché, a giudizio del medico, potranno essere effettuati altri test quali angiografia, arteriografia, ecocardiografia, ecografia carotidea, risonanza magnetica cerebrale, TAC cerebrale, vari esami del sangue ecc.
Attacco ischemico transitorio – Cura
La cura dopo un attacco ischemico transitorio si pone come scopo primario quello di trattari gli eventuali fattori di rischio individuati nel soggetto, in modo da prevenire un ictus ischemico.
La cura farmacologica si avvale di diversi tipi di farmaci; in primis gli antiaggreganti piastrinici (aspirina, associazione di aspirina e dipiridamolo, clopidogrel e ticlopidina) in quanto la loro efficacia nella prevenzione di nuovi attacchi ischemici in soggetti con patologie cardiovascolari è stata ormai ampiamente dimostrata da tempo.
A seconda dei casi possono essere prescritti anticoagulanti orali (warfarin e dicumarolici).
Qualora sia stata rilevata la presenza di un ateroma significativamente ostruente il lume delle arterie carotidee (ostruzione superiore al 70%), può essere presa in considerazione l’opzione chirurgica.
Gli interventi chirurgici possibili sono due: endoarteriectomia carotidea (si sostituisce la porzione di carotide occlusa con del tessuto artificiale) oppure angioplastica e stent (vedasi il nostro articolo Angioplastica per i dettagli).