La chirurgia dei tumori, prima di venire affiancata da radioterapia e chemioterapia, è stata per moltissimo tempo l’unica forma di trattamento di cui disponevano coloro che venivano colpiti dal cancro.
L’integrazione della chirurgia con le altre modalità di trattamento dei tumori, le maggiori conoscenze in campo oncologico e il naturale miglioramento delle tecniche chirurgiche e anestesiologiche hanno consentito ai chirurghi, con l’andare del tempo, di eseguire interventi sempre meno demolitivi, più sicuri e con percentuali di successo sempre più elevate.
Nella stragrande maggioranza dei tumori la chirurgia riveste ancora un ruolo di tipo centrale, ma, rispetto a quanto accadeva alcuni decenni orsono, il chirurgo non è più l’unica figura di riferimento del malato di cancro e interagisce con altri medici specialisti, in primis con l’oncologo, ma anche con l’anestesista, il cardiologo, lo psicologo, il nutrizionista ecc. Questa interazione fra specialisti ha fra i suoi scopi primari quello di far arrivare il paziente affetto da cancro nelle migliori condizioni possibili il giorno dell’intervento chirurgico. Risulta ovvio che una buona “preparazione pre-chirurgica” del paziente, spesso debilitato in conseguenza della patologia tumorale, consente di ridurre l’inevitabile rischio operatorio che comunque non potrà mai essere ridotto a zero.
Salvo rare eccezioni, la prima visita del malato di cancro viene fatta dall’oncologo il quale, in accordo con lo specialista in chirurgia, dovrà decidere se il paziente necessita o meno di una terapia preoperatoria chemio- e/o radioterapica che abbia lo scopo di facilitare il compito del chirurgo riducendo le dimensioni della massa tumorale.
La chirurgia dei tumori riveste diversi ruoli. Uno di questi è il ruolo preventivo; spesso infatti il chirurgo si trova a operare pazienti affetti da tumori benigni che, se non vengono trattati in modo adeguato, potrebbero avere evoluzioni maligne. Il tipico esempio è quello dei polipi intestinali; questo tipo di patologia è considerata una condizione precancerosa e in quanto tale non deve essere sottovalutata.
La chirurgia risulta decisamente importante anche dal punto di vista diagnostico. Solitamente ci si affida al chirurgo quando si vogliono acquisire frammenti di tessuto per l’esecuzione di esami istologici, esami che consentono, tra le altre cose, di valutare con correttezza la stadiazione di un’eventuale lesione tumorale maligna. Il ricorso alla biopsia è spesso richiesto quando, nonostante i vari esami clinici effettuati, non si ha la certezza diagnostica. La biopsia può essere un semplice prelievo effettuato tramite un apposito ago oppure una raccolta di frammenti di tessuto che viene effettuata durante un intervento chirurgico vero e proprio.
In campo oncologico però, il ruolo più importante della chirurgia è quello rivolto al trattamento vero e proprio del tumore. Nel caso di tumori solidi non particolarmente estesi e confinati al luogo nel quale si sono originati, l’intervento chirurgico rimane l’opzione terapeutica di prima scelta. Per aumentare l’efficacia dell’intervento, normalmente la resezione chirurgica viene estesa anche alle aree limitrofe all’organo dal quale si è originato il tumore.
Secondo alcuni autori, il ruolo della chirurgia oncologica investe sei diverse aree:
- chirurgia radicale
- chirurgia citoriduttiva
- resezione delle lesioni metastatiche
- urgenza oncologica
- resezione palliativa
- interventi ricostruttivi e riabilitativi.
La chirurgia radicale ha come scopo primario quello di asportare sia tutta la massa tumorale che il chirurgo è in grado di vedere sia una porzione di tessuto sano limitrofo. La radicalità totale limitata alla sola parte colpita (radicalità locale) non garantisce una sicurezza assoluta; spesso si opta quindi per una radicalità regionale asportando i linfonodi alla lesione cancerosa dal momento che è in queste sedi che spesso si annidano le metastasi. In accordo con gli altri specialisti che seguono il paziente, si dovranno poi decidere quali tipi di trattamento dovranno eventualmente seguire l’operazione chirurgica (per esempio chemio- e/o radioterapia).

La chirurgia dei tumori radicale ha come scopo primario quello di asportare sia tutta la massa tumorale che il chirurgo è in grado di vedere sia una porzione di tessuto sano limitrofo.
Non sempre è possibile effettuare resezioni chirurgiche radicali a causa o della notevole estensione del cancro oppure della sua particolare localizzazione e si è costretti o a non intervenire oppure a intervenire in modo parziale; si parla in quest’ultimo caso di chirurgia citoriduttiva. Non sempre, anche se tecnicamente possibile, può essere sensato eseguire interventi di citoriduzione; la chirurgia citoriduttiva deve essere impiegata solo se in grado di apportare sensibili miglioramenti alle altre modalità di cura.
La resezione chirurgica delle metastasi viene applicata quando è possibile rispettare determinati principi di tipo generale, per esempio:
a) si può intervenire chirurgicamente sulle metastasi soltanto quando queste sono presenti in un unico sito (l’intervento chirurgico con metastasi in più di un sito riveste carattere di eccezionalità);
b) il cancro non risponde al trattamento chemioterapico.
In linea generale comunque, l’intervento chirurgico in un paziente con metastasi deve sempre essere valutato caso per caso e in accordo con gli altri specialisti che seguono il paziente.
Gli interventi di chirurgia oncologica di urgenza sono invece necessari in alcuni tipi di tumore (quelli sanguinanti, quelli che occludono le vie gastro-enteriche, quelli che causano ascessi o perforazioni).
La chirurgia palliativa non ha intenti curativi, ma è diretta a diminuire la sintomatologia dolorosa migliorando quindi la qualità della vita del paziente affetto da cancro.
La chirurgia ricostruttiva e la chirurgia riabilitativa possono seguire i cosiddetti interventi demolitivi eseguiti per la rimozione di un cancro. Il tipico esempio è quello della chirurgia ricostruttiva della mammella che viene effettuata dopo un intervento di mastectomia totale.