La dipendenza da cannabis è una dipendenza psicologica causata dall’uso cronico di cannabis (hashish, marijuana). Non vi sono prove che la cannabis provochi dipendenza fisica.
Come tutte le sostanze che provocano euforia e diminuiscono le sensazioni ansiose, anche la cannabis può provocare dipendenza, ma le lamentele di incapacità a smetterne l’uso sono piuttosto rare; una volta che viene sospeso l’uso della sostanza, non si hanno le manifestazioni tipiche delle sindromi da astinenza, anche se forti consumatori hanno riferito nervosismo e disturbi del sonno una volta effettuata la sospensione.
Alla base della dipendenza da cannabis ci sono probabilmente i medesimi meccanismi che inducono un soggetto a fare uso di un qualsiasi tipo di droga, ovvero un disagio esistenziale che non si riesce a risolvere con la propria forza di volontà.
Consumo di cannabis in Italia
I dati più recenti relativamente al consumo di cannabis sono quelli delle relazioni annuali del Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dati resi pubblici nel 2015 e nel 2016. Secondo la relazione del 2015, in Italia, considerati i cittadini di età compresa tra i 15 e i 64 anni, il 32% ha assunto prodotti a base di cannabis almeno una volta nel corso della vita. Stiamo quindi parlando di circa dodici milioni e mezzo di soggetti. La percentuale passa quasi al 40% se si considera la fascia 15-34 anni, ovvero più di cinque milioni di consumatori (anche solo occasionali o che hanno provato solo una volta) tra i più giovani.
Secondo la relazione del 2016, un terzo degli studenti italiani di 15-19 anni ha provato cannabis almeno una volta nella vita, mentre quasi il 27% l’ha utilizzata recentemente, prevalenze che si riducono quando si fa riferimento al consumo corrente (17%) e a quello frequente (3%).
Dalle rilevazioni effettuate da IPSAD (Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs) relative al periodo 2013-2014 viene confermata ancora una volta la circostanza che la cannabis è stata la droga illegale maggiormente utilizzata dagli italiani nell’ultimo anno: il 9,2% dei cittadini fra 15 e 64 anni, ovvero più di tre milioni e mezzo di persone. Il consumo nell’ultimo mese (definito consumo corrente) ha riguardato circa un milione e mezzo di persone e in quasi 400mila hanno affermato di aver consumato cannabis per 20 o più volte nei 30 giorni che hanno preceduto l’indagine.
La cannabis risulta essere maggiormente diffusa tra i 15-34enni e, di questi, circa due milioni e mezzo hanno assunto cannabinoidi nel periodo della rilevazione.
Gli effetti della cannabis
La cannabis produce uno stato di coscienza oniroide (stato di coscienza, in cui il soggetto conserva un certo orientamento temporale e spaziale, pur con la presenza di fantasie deliranti e allucinazioni sensoriali) nel corso del quale le idee sono sconnesse, non controllabili e liberamente fluenti. In genere si sperimenta una sensazione di benessere associata a rilassamento (il cosiddetto sballo).
Gli effetti hanno una durata di circa 2-3 ore dall’assunzione. Al momento attuale non vi sono evidenze certe di un effetto prolungato o di postumi.
Manifestazioni costanti sono la bocca secca, l’iperemia congiuntivale (aumento dell’afflusso sanguigno a livello della congiuntiva, il cosiddetto occhio rosso) e la tachicardia (netto aumento della frequenza cardiaca).
Molti degli effetti psicologici che si verificano sembrano essere correlati alla situazione nella quale la sostanza viene assunta. Nei consumatori di cannabis alle prime esperienze si sono verificate manifestazioni di panico; queste tendono a ridursi con il passare del tempo.
Altre manifestazioni legate al consumo di cannabis sono riduzione delle capacità comunicative, diminuzione delle capacità motorie, compromissione della percezione della profondità e dei movimenti oculari di inseguimento dell’oggetto e alterazione del senso del tempo, con possibilità di rischio in determinate situazioni (per esempio la guida di autoveicoli o il lavoro con macchinari che richiedono un’alta soglia di attenzione).
La pressione arteriosa subisce alterazioni in rapporto alla postura del soggetto; sale se la persona è in posizione seduta, mentre scende in ortostatismo (termine medico con il quale si indica la posizione eretta).
Di norma si registra un aumento del senso di fame.
I metaboliti dei cannabinoidi restano evidenti per molto tempo. Nei consumatori regolari, le analisi delle urine dopo un’unica assunzione risultano positive per diversi giorni o settimane dalla sospensione.
Va precisato che le analisi che evidenziano la presenza di un metabolita inattivo, accertano soltanto l’utilizzo, non la disfunzione; ovvero il fumatore di cannabinoidi può non essere sotto effetto della sostanza nel momento in cui le sue urine vengono analizzate.
Trattamento della dipendenza da cannabis
È fondamentale che il soggetto che chiede di essere aiutato a distaccarsi dall’uso della cannabis sia informato sul fatto che non andrà incontro a seri problemi fisici in seguito al distacco e che non vi sono particolari terapie atte alla disintossicazione. È ovviamente importante che il soggetto abbia dei supporti che lo aiutino e lo convincano della necessità di modificare le sue abitudini di vita esortandolo anche ad affrontare il proprio disagio esistenziale.
Alcuni autori ritengono molto utile concordare con il soggetto l’effettuazione di esami periodici delle urine per coinvolgerlo e responsabilizzarlo nel seguire insieme la progressiva eliminazione dei metaboliti dall’organismo (eliminazione che può richiedere diverse settimane).
Gli esami delle urine devono essere autentici, in caso si abbiano dei dubbi, il paziente dovrebbe essere indirizzato al SERT di riferimento per una raccolta a vista. Eventualmente, lo specialista potrà effettuare un counselling sui rischi legati all’utilizzo di cannabis e sullo stile di vita necessariamente associato alla dismissione dell’abitudine di consumare cannabis. Se questo percorso non dovesse sortire gli effetti sperati è consigliabile inviare il soggetto a centri specializzati che applichino programmi terapeutici specifici.