Il dito a scatto (più correttamente tenosinovite stenosante dei flessori delle dita o morbo di Notta, dal nome di colui che per primo, nel 1850, descrisse tale patologia) è un processo infiammatorio a carattere cronico che coinvolge i tendini delle dita della mano e le pulegge. Il disturbo può essere congenito (dito a scatto del bambino).
Si tratta di un’entità clinica relativamente frequente che si manifesta in seguito a un processo infiammatorio che interessa i tendini flessori delle dita delle mani e le pulegge, ovvero gli anelli fibrosi all’interno dei quali scorrono i flessori; le pulegge servono a mantenere i tendini a contatto con la superficie dorsale delle ossa sottostanti facendo sì che essi non possano tendersi in seguito alle contrazioni muscolari. Il processo infiammatorio provoca un restringimento della guaina tendinea che stenotizza (in altre parole, “strozza”) i tendini i quali, a monte dell’ostacolo, si dilatano provocando una formazione nodulare; tale formazione provoca un’ulteriore riduzione delle possibilità di scorrimento. Viene quindi a crearsi un conflitto di tipo meccanico che alimenta, in una sorta di circolo vizioso, il processo infiammatorio. Il tendine coinvolto non è in grado di scorrere liberamente nella membrana e il dito rimane quindi bloccato in posizione piegata per poi raddrizzarsi con uno scatto (da qui la terminologia con la quale comunemente ci si riferisce alla patologia in questione).
Il dito a scatto può interessare entrambi i sessi e può manifestarsi a ogni età; generalmente si distinguono due forme, una idiopatica (o primaria) che è tipica delle donne che si trovano nel periodo post-menopausa e una secondaria che si riscontra nel corso di patologie che interessano il tessuto connettivo (come, per esempio, amiloidosi, artrite reumatoide, diabete mellito, gotta, ipotiroidismo ecc.).
La tenosinovite stenosante può colpire tutte le dita della mano, ma, in genere, sono il primo, il terzo e il quarto dito quelli più frequentemente interessati dal disturbo. Possono risultare coinvolti uno o più diti, in modo contemporaneo oppure in successione. Di norma è la mano dominante a essere interessata dal problema. Nei bambini molto piccoli è generalmente il pollice a essere coinvolto.
In alcuni casi il dito a scatto è associato alla sindrome del tunnel carpale o al morbo di Dupuytren.
Cause e fattori di rischio
Le cause del dito a scatto non sono state ancora del tutto chiarite; esistono però diversi fattori di rischio. Molto frequentemente, infatti, la tenosinovite stenosante viene osservata in tutti quei soggetti che, per lavoro o per hobby, fanno un uso particolarmente intenso della mano; ciò, in alcuni casi, provoca a lungo andare un’infiammazione della guaina tendinea; fra i casi più tipici vi sono coloro che usano molto e per lungo tempo pinzette, forbici o cacciaviti, graffettatrici o timbri oppure coloro che suonano determinati strumenti musicali (chitarra, pianoforte, strumenti a fiato ecc).
Corrono un maggior rischio di contrarre la patologia anche tutti i soggetti che soffrono di determinate patologie (vedasi paragrafo precedente) e le donne che hanno superato i 50 anni di età.
Dito a scatto – Sintomi e segni
I segni e i sintomi che caratterizzano il dito a scatto sono variegati e di gravità più o meno marcata; quelli principali sono la rigidità del dito coinvolto (in particolar modo nelle ore mattutine), la sensazione che il dito scatti o schiocchi nel momento in cui si effettua un movimento con il dito, dolenzia o presenza di un nodulo alla base del dito interessato, dito bloccato in posizione piegata e che si raddrizza improvvisamente oppure dito bloccato in posizione piegata senza che il soggetto sia in grado di raddrizzarlo.
La stadiazione della malattia secondo la classificazione di Green (utile clinicamente, ma soprattutto nell’ottica della scelta terapeutica) prevede quattro stadi (da I a IV).
Nello stadio I, il soggetto lamenta dolore, edema e difficoltà a eseguire i movimenti attivi di flesso-estensione, ma non si registra un vero e proprio scatto del dito coinvolto.
Nel secondo e terzo stadio, fasi subacute del dito a scatto, si ha la comparsa, soprattutto al mattino, del blocco in flessione che però il soggetto può correggere attivamente (stadio II) oppure passivamente – cioè, in termini più grossolani, bisogna aiutarsi con l’altra mano – (stadio III); nella fase cronica della patologia, il blocco in flessione non è più correggibile (stadio IV).
Diagnosi
La diagnosi di dito a scatto è semplice ed essenzialmente clinica basandosi sull’evidenza dello scatto e sul riscontro, alla palpazione dell’articolazione metacarpo-falangea, di una formazione nodulare che scorre avanti e indietro in sincronia con la flesso-estensione del dito interessato dal problema.
L’esame fisico permette al medico di individuare le zone dolenti e di verificare la fluidità dei movimenti (al paziente viene chiesto di chiudere e aprire la mano interessata).
Al di là della facilità nella diagnosi, può risultare comunque di una certa utilità l’esecuzione di un’ecografia allo scopo di verificare il grado di infiammazione dei tendini flessori.
Richieste di altri esami diagnostici sono estremamente rare e riferibili soltanto a casi decisamente particolari.
Molto raramente, per effettuare la visita, può essere necessaria l’iniezione di un anestetico locale.

La denominazione inglese per il dito a scatto è “trigger finger”.
Dito a scatto – Rimedi
I rimedi per il dito a scatto variano in base alla gravità del disturbo. Nelle fasi iniziali il trattamento può prevedere l’utilizzo di uno splint (un tutore appositamente studiato) e/o la somministrazione di farmaci antinfiammatori e antidolorifici (questi rimedi farmacologici servono sia a ridurre il gonfiore determinato dalla stenosi sia il dolore associato al movimento di scatto).
Risulta fondamentale, negli stadi iniziali della malattia, la riduzione di quelle attività, lavorative o no, che possono essere alla base della patologia; vanno quindi evitati il più possibile, per circa 30 giorni, tutti i movimenti di presa ripetuti, la chiusura a pugno delle dita nonché l’utilizzo prolungato di macchinari che vibrano.
A seconda dei casi, possono risultare utili esercizi atti alla conservazione della mobilità articolare della parte interessata dal problema; sarà il medico a suggerire le modalità di esecuzione di tali esercizi.
Nei casi di dito a scatto di media gravità si può tentare il ricorso a infiltrazioni locali di corticosteroidi associate a somministrazioni orali di farmaci antinfiammatori. La terapia cortisonica risulta più efficace nel caso in cui venga effettuata subito dopo la comparsa della sintomatologia. Nei soggetti affetti da patologie quali il diabete e l’artrite reumatoide, l’efficacia della somministrazione di cortisonici può risultare ridotta.
Un’altra tipologia di trattamento per il dito a scatto è il cosiddetto release percutaneo, un intervento eseguito in anestesia locale e nel quale si utilizza un ago per liberare il tendine e riportare il dito bloccato nella sua normale posizione. Questo tipo di intervento risulta maggiormente efficace se i diti da trattare sono l’indice, il medio oppure l’anulare.
Nel caso di situazioni particolarmente problematiche, qualora le altre terapie non abbiano sortito gli effetti sperati, si rende necessario il ricorso alla chirurgia.
L’intervento chirurgico per la risoluzione del dito a scatto consiste sostanzialmente nel liberare i tendini tramite la sezione della puleggia che li stenotizza; questo intervento, noto come tenolisi dei flessori, viene eseguito in regime di day-surgery. Dopo l’intervento, il paziente dovrà muovere il dito in modo attivo allo scopo di evitare la formazione di aderenze cicatriziali. La prognosi è di circa due settimane, sempre che non si verifichino complicazioni (peraltro molto rare); queste possono consistere in lesioni intraoperatorie di un nervo sensitivo o del peduncolo vascolare, infezioni o cicatrice dolorosa.
Il dito a scatto nel bambino
Le principali differenze fra il dito a scatto in età pediatrica e dito a scatto nell’adulto sono la tendenza al blocco in flessione irriducibile (sia attivamente che passivamente) e dalla quasi esclusiva prevalenza per il dito pollice; diversamente da quanto accade nei soggetti adulti, il disturbo si presenta come una deformità del dito che rimane fisso, anziché scattare.
Il problema è presente già alla nascita in circa un quarto dei casi e può interessare anche altre dita oltre al pollice; in poco meno di un terzo dei casi la patologia può essere bilaterale.
La principale caratteristica clinica è rappresentata da un nodulo palpabile in corrispondenza dell’articolazione metacarpo-falangea.
Sono di notevole importanza una diagnosi e un trattamento precoci del dito a scatto congenito a motivo della sua tendenza al blocco in flessione che può ripercuotersi sullo sviluppo del dito anche sulle capacità manuali del bambino. Va precisato che, sebbene vi siano dati discordanti in merito, in quasi un terzo dei casi si assiste a una guarigione spontanea nel giro dei primi dodici mesi di età; ne consegue che, nel caso il problema sia presente fin dalla nascita, è opportuno monitorare la situazione per circa un anno; nel caso di insorgenza fra i 6 e i 30 mesi di età, il soggetto può essere tenuto in osservazione al massimo per sei mesi, dopodiché, se non si va incontro a guarigione spontanea è necessario prendere le opportune contromisure.
L’approccio terapeutico al dito a scatto consiste inizialmente in manovre ripetute di flesso-estensione da effettuarsi con una certa cautela; tali manovre possono essere un po’ fastidiose, ma difficilmente sono dolorose. L’intervento chirurgico dovrebbe essere eseguito entro il quarto anno di età; attendere oltre può essere rischioso perché potrebbe residuare una contrattura in flessione.