La donazione del cordone ombelicale è oggi vista come una delle più promettenti strategie per la cura di malattie ancora difficilmente curabili.
Prima di addentrarci a fondo nella questione è opportuno fornire qualche cenno di tipo anatomico riguardo al cordone ombelicale (anche funicolo ombelicale); si tratta sostanzialmente di un cordone liscio, lucido, resistente e flessibile che funge da collegamento fra il feto e la placenta; è costituito da una sostanza gelatinosa chiamata gelatina di Wharton e al cui interno scorrono tre vasi ovvero due arterie (la cui funzione è quella di trasportare il sangue venoso dal feto alla placenta) e una vena (deputata al trasporto di sangue ossigenato al feto).

La donazione del cordone ombelicale è oggi vista come una delle più promettenti strategie per la cura di malattie ancora difficilmente curabili.
La formazione del cordone ombelicale avviene a partire dalla quarta settimana della vita intrauterina. Al momento del parto la lunghezza media del cordone ombelicale si aggira sui 55 cm; il suo spessore oscilla tra uno e due cm; quando il cordone è eccessivamente lungo (si possono registrare lunghezze che vanno da 80 a 150 cm) c’è il rischio concreto di avvolgimenti attorno al corpo fetale; talvolta si verifica il problema contrario e il cordone è troppo breve (si parla di brevità del funicolo ombelicale nel caso che la sua lunghezza sia inferiore ai 30 cm).
Il sangue del cordone ombelicale
Il sangue contenuto nel cordone ombelicale è molto ricco di cellule staminali; ciò fa del funicolo ombelicale una potenziale riserva di cellule che potrebbero essere utilizzate per il trattamento di diverse patologie, alla stregua di ciò che avviene con il midollo.
Questa potenzialità ha fatto sì che negli anni si iniziasse a prendere in considerazione l’ipotesi di donare e conservare il sangue del cordone ombelicale e, in effetti, sono diversi i Paesi del mondo in cui la donazione e la conservazione del sangue prelevato dal cordone ombelicale sono pratiche ormai comuni.
Le cellule staminali emopoietiche che vengono prelevate dal cordone vengono poste in speciali contenitori criogenici nei quali la temperatura è inferiore a -150 °C; detti contenitori sono conservati da speciali istituti denominati biobanche. La conservazione delle cellule staminali emopoietiche prelevate dal sangue del cordone ombelicale può avere una durata molto lunga, oltre i vent’anni.
Non in tutti casi è possibile effettuare il prelievo e la successiva conservazione del sangue del cordone ombelicale; vi sono infatti diverse condizioni che lo rendono inidoneo alla conservazione. Per esempio, costituiscono ostacolo alla conservazione una gestazione inferiore alle trentasette settimane, la presenza di febbre al momento del parto, la presenza di malformazioni congenite nel nascituro, lo stress fetale, l’aver contratto patologie batteriche o virali durante la gravidanza e anche la positività dei genitori a virus trasmissibili attraverso il sangue.
Un altro problema è rappresentato dal fatto che in una buona parte dei casi (circa il 40%), il sangue che può essere prelevato dal cordone è alquanto scarso e il numero di cellule staminali emopoietiche è eccessivamente basso per poter essere eventualmente utilizzato in seguito. Tutto ciò fa sì che una buona parte di sangue cordonale (oltre il 60%) non sia conservabile.
Quali patologie possono essere curate con le staminali del cordone ombelicale
Non è infrequente leggere, anche su Internet, lunghi elenchi di patologie che potrebbero essere curate grazie alle cellule staminali emopoietiche del cordone ombelicale; in realtà, attualmente, le uniche patologie per le quali tali cellule possono essere utilizzate proficuamente sono alcune malattie del sangue e del sistema immunitario come, per esempio, le leucemie, i linfomi, le talassemie, le immunodeficienze e alcuni difetti metabolici.
Molti ritengono che in futuro, grazie alle cellule staminali emopoietiche cordonali si potrà essere in grado di trattare patologie per le quali attualmente non esiste guarigione (sclerosi multipla, morbo di Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica, morbo di Alzheimer, retinite pigmentosa ecc.), ma, per amor di correttezza, è giusto dire che per adesso siamo nel puro campo delle ipotesi; è quindi giusto non alimentare false speranze fino al momento in cui non si avranno maggiori certezze; sarebbe infatti scorretto, al momento attuale, far passare il messaggio che grazie alle cellule staminali emopoietiche si può essere in grado di trattare praticamente ogni sorta di malattia. Ben si capisce come un argomento del genere possa aver scatenato (e continui a scatenare) polemiche molto accese.
Donazione del cordone ombelicale: eterologa e autologa
Esistono due tipi di donazione del sangue del cordone ombelicale:
- donazione eterologa
- donazione autologa.
Si parla di donazione eterologa (talvolta anche donazione allogenica o donazione pubblica) quando l’utilizzo delle cellule staminali emopoietiche prelevate dal sangue cordonale è destinato all’eventuale cura di un qualsiasi soggetto che possa averne bisogno.
Si parla invece di donazione autologa quando le cellule staminali emopoietiche cordonali vengono conservate per un eventuale bisogno del neonato o di un suo familiare.
La legislazione che regola la donazione e la conservazione del sangue prelevato dal cordone ombelicale varia da Paese a Paese; in alcuni Paesi è consentita soltanto la donazione eterologa, mentre in altri sono consentite liberamente entrambe, in altri ancora sono consentite entrambe, ma vi sono limitazioni molto restrittive relativamente alla donazione autologa.
Nel nostro Paese la conservazione per uso autologo del sangue cordonale non è consentita, fatti salvi i casi (vedasi il D.M. 18 novembre 2009, “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali emopoietiche da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato“) in cui sia accertata tra i consanguinei del neonato una patologia per la quale è ritenuto appropriato l’utilizzo terapeutico delle cellule staminali emopoietiche del funicolo ombelicale; è per esempio il caso del neuroblastoma, una neoplasia maligna che può colpire il nascituro e che può essere diagnosticata prima della nascita; il sangue del cordone ombelicale non viene colpito dalla patologia e può venire usato per sopperire alla distruzione delle cellule staminali emopoietiche del midollo osseo provocata dai trattamenti chemioterapici e radioterapici che vengono effettuati per la cura della patologia in questione; si parla in questi casi di “donazione dedicata” e le cellule staminali emopoietiche vengono conservate in modo gratuito in una delle banche autorizzate per legge e possono essere utilizzate esclusivamente per la cura del soggetto al quale sono state “dedicate”.
Le motivazioni delle limitazioni attualmente in vigore nel nostro Paese, relativamente alla conservazione del sangue cordonale a uso autologo, sono dettate, secondo quanto si legge sul sito ufficiale del Ministero della Salute, dal fatto che “al momento non esistono evidenze scientifiche consolidate a sostegno della reale utilità di tale pratica”, senza contare che, sempre secondo quanto riferito sul sito ministeriale “al di là delle ferree motivazioni scientifiche, la conservazione del sangue cordonale ad uso autologo sovverte completamente il concetto di donazione volontaria, gratuita, anonima e consapevole, intesa come risorsa del SSN fino ad oggi insostituibile per garantire a tutti i cittadini assistiti la possibilità di fruire di determinati trattamenti terapeutici, nel rispetto dei basilari principi di equità e di pari opportunità di accesso. Inoltre, se tutte o molte delle mamme scegliessero la conservazione autologa, si assisterebbe ad una diminuzione della disponibilità delle unità di sangue cordonale donate ad uso trapiantologico allogenico e molti bambini ed adulti in attesa di un trapianto non potrebbero trarre vantaggio da tale procedura terapeutica“.
Viste tali limitazioni, i genitori che volessero comunque conservare il sangue cordonale per uso autologo devono farlo a spese proprie esportandolo all’estero in laboratori di banche private o di organizzazioni umanitarie (per esempio la DRK, la Croce Rossa Tedesca); questa procedura è infatti consentita dalla legislazione italiana.
Commento – Fatto salvo il concetto che al momento non c’è nessuna utilità accertata sulla conservazione per uso autologo, “obbligare a donare” è il miglior modo di portare soldi all’estero: un bel risultato!
Per quanto riguarda il prelievo e la conservazione del sangue del cordone ombelicale si consulti l’articolo Conservazione delle cellule staminali.
Cellule staminali da cordone ombelicale: pro e contro
In un’intervista al Corriere della Sera di qualche anno fa Paolo Rebulla – ematologo, responsabile del centro trasfusioni dell’Ospedale Policlinico di Milano e della Banca Pubblica delle Staminali Cordonali di Milano (Milano Cord Blood Bank) – discuteva dei pro e dei contro delle cellule staminali emopoietiche cordonali affermando che, rispetto al trapianto con staminali ricavate da altre fonti (midollo osseo o sangue periferico opportunamente trattato), quello da cordone ombelicale ha importanti vantaggi: “Sono cellule che hanno una particolare docilità immunologica e pongono meno problemi di malattia del trapianto verso l’ospite, sono prontamente disponibili e comportano meno rischi di contaminazione biologica“.
Rebulla faceva però anche notare un problema non di poco conto relativo alla scarsa quantità di cellule ottenibili (80-100 millilitri contro volumi dieci volte maggiori che si ottengono dal midollo).
Rebulla spiegava: “I risultati infatti si ottengono soprattutto sui bambini e sugli adulti non oltre i 50 chili di peso, anche se ora si studiano nuovi modi per amplificare il numero di cellule staminali e si sperimenta l’uso di due donazioni per ciascun trapianto anziché una sola“.
Altri problemi possono essere di tipo meramente organizzativo; la raccolta di sangue cordonale infatti non è possibile in tutte le zone geografiche; tra l’altro, se il parto avviene nelle ore notturne oppure durante il week-end, esiste la possibilità che non sia possibile procedere con il prelievo a causa dell’assenza di personale idoneo al prelievo o al trasporto.
Al di là, comunque, di questioni tecnico-sanitarie e organizzative, il problema più urgente da risolvere sembra essere quello etico: donazione autologa o donazione eterologa?
Ecco un parere favorevole del famoso oncologo Umberto Veronesi, favorevole anche all’autologa.
Ritengo non giusto ma fondamentale che si possa conservare le cellule staminali del cordone ombelicale e ritengo giustissimo che sia la donna a decidere che cosa fare del suo corpo e quindi anche del cordone ombelicale. Se aumenta globalmente il numero di donazioni si crea un circolo virtuoso per cui, se un domani una donna o il suo bambino dovessero necessitare di un trapianto, essi avrebbero molte più possibilità di trovare un donatore.