La febbre nei bambini è una condizione comunissima e generalmente è fonte di notevole apprensione per i genitori. Per quanto da anni i pediatri ripetano che la febbre non deve essere vista come un nemico da combattere, ma solo per quello che è, una normale reazione dell’organismo per difendersi dalle infezioni (per approfondire si consulti l’articolo generale), la maggior parte delle madri e dei padri temono che l’aumento della temperatura possa essere causa nei loro figli di danni cerebrali o di altre conseguenze molto gravi. Le convulsioni, tanto per fare un esempio, non derivano direttamente dalla febbre, ma da una predisposizione del fisico, determinata geneticamente, alla produzione eccessiva, nel caso di malattia infettiva, di una particolare interleuchina.
È necessario ricordare, piuttosto, che a temperatura febbrile*, funzionano meglio i meccanismi immunologici, mentre funzionano peggio virus e batteri; non a caso, i pediatri sanno bene che è peggiore la prognosi dei bambini affetti da infezioni gravi, ma non febbricitanti; è noto anche che ridurre la febbre comporta di norma un allungamento dei tempi in condizioni infettive.
Febbre nei bambini – Cosa fare
Cosa fare quando il bambino ha la febbre?
Non ha alcuna utilità cercare di abbassare la febbre nei bambini ricorrendo, per esempio a spugnature o mezzi fisici simili, strategie che in molti casi creano soltanto irritazione (si tenga presente che la febbre è un innalzamento centrale e non periferico della temperatura corporea) e spesso possono risultare controproducenti perché causano brividi e conseguentemente innalzamento della temperatura e malessere.
L’abbigliamento deve essere normale; non serve a niente coprire il bambino in modo eccessivo, così com’è inutile spogliarlo nella speranza di raffreddarlo.
Importante – Di fatto, quando un bambino ha 39 °C di febbre, ma è sostanzialmente tranquillo, non mostra segni di malessere particolare e compie le sue normali attività senza lamentarsi, non è necessaria alcuna terapia per la febbre che va trattata soltanto se essa rende il bambino irritabile e ha ripercussioni sul riposo o sull’appetito.
Quanto riportato sopra è sostanzialmente ribadito dalle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) britannico che ricorda fra l’altro che i due principi attivi antifebbrili (o antipiretici, che dir si voglia) autorizzati nei bambini di età inferiore ai 6 anni, ovvero il paracetamolo (più noto come Tachipirina) e l’ibuprofene (più noto come Brufen o Moment), vanno somministrati per combattere il malessere del piccolo (mal di testa, dolori muscolari, dolori articolari) e comunque soltanto fino a quando tale malessere non cessa. Insistere oltre può far correre rischi inutili al bambino; anche nel caso in cui ci si attenga ai dosaggi raccomandati, non è escluso il superamento, nel corso della giornata, della soglia di tossicità. Per esempio, somministrare per diversi giorni le dosi massime consentite potrebbe danneggiare il fegato.
La maggior parte dei genitori sa che le indicazioni dei bugiardini del paracetamolo e dell’ibuprofene raccomandano un intervallo di 4-6 ore per il primo e di 6-8 ore per il secondo; ma tali indicazioni non significano che, trascorsi questi intervalli, è necessario somministrare di nuovo il farmaco; significa soltanto che il farmaco può essere di nuovo somministrato se il piccolo è ancora sofferente.
Cosa fare se il malessere del bambino non scompare o comunque torna prima che sia trascorso l’intervallo di tempo necessario per la dose successiva?
Non tutti i pediatri sono concordi su questo punto; alcuni autori ritengono che se si è utilizzato un determinato farmaco (per esempio, paracetamolo) si può provare a somministrare l’altro. Altri raccomandano molta cautela perché in letteratura sono stati segnalati casi di danni renali. La cosa da non fare, assolutamente proibita, è la somministrazione contemporanea dei due medicinali in questione.
Si deve inoltre ricordare che, anche se i dosaggi quotidiani rimangono la norma, non si deve mai accorciare l’intervallo di tempo fra le due somministrazioni; così facendo, infatti, c’è il concreto rischio di raggiungere picchi di concentrazioni del principio attivo che potrebbero rappresentare un pericolo per il piccolo.
Febbre nei bambini – Quando preoccuparsi?
Qunado preoccuparsi se il nostro bambino ha la febbre?
Nel caso di bambini molto piccoli è opportuno rivolgersi al pediatra qualora si verifichino le seguenti condizioni:
- bambino con età inferiore ai 3 mesi e temperatura interna >38 °C
- bambino di età compresa tra i 3 e i 12 mesi e temperatura interna >39 °C
- bambino di età inferiore ai 2 anni e presenza di febbre da più di 24 ore
- bambino di età superiore ai 2 anni e febbre che persiste da almeno tre giorni.
Va inoltre precisato che, nei bambini oltre i 3 mesi di età, il livello della temperatura corporea, anche se piuttosto elevato, non è sufficiente da solo per distinguere le situazioni da non sottovalutare; in questo senso hanno più valore altri fattori quali, per esempio, alterazioni dello stato di coscienza o delle interazioni con altri bambini, gravi anomalie a livello respiratorio o del colorito delle mucose o della cute nonché la rigidità del collo.
Si deve dare importanza anche alla frequenza cardiaca: se questa supera i 160 battiti al minuto nei soggetti sotto i 12 mesi di vita, i 150 nei soggetti tra 1 e 2 anni e i 140 nei bambini oltre i 2 anni, è opportuno un consulto pediatrico perché il rischio che si tratti di qualcosa di più di un banale raffreddore è più elevato.
Quando la febbre è molto elevata, ma non ci sono altri segnali preoccupanti, è possibile che la febbre sia scatenata da patologie non particolarmente severe, quali per esempio, la sesta malattia, patologia virale nota popolarmente come febbre dei tre giorni.

Per misurare la febbre nei bambini è consigliabile utilizzare, sotto l’ascella, soltanto il termometro elettronico digitale, lo strumento più idoneo alla misurazione della temperatura corporea.
Altri consigli
Per misurare la febbre nei bambini è consigliabile utilizzare, sotto l’ascella, soltanto il termometro elettronico digitale, lo strumento più idoneo alla misurazione della temperatura corporea.
La via rettale è causa di disagio per il piccolo e talvolta anche di incidenti.
È opportuno far visitare in giornata il lattante febbrile, perché è più frequente la possibilità di infezione batterica grave. Se la febbre non si abbassa è inutile insistere con la somministrazione di antibiotici; non sempre, infatti, la febbre è causata da infezioni.
Pensare sempre alla malaria nel bambino febbrile di ritorno da un Paese ad endemia malarica.
Non esiste la febbre da eruzione dentaria (febbre da dentizione).
* Per quanto riguarda la temperatura corporea, ricordiamo che il range di normalità nell’adulto è considerato 36.8° ± 0.4°C (temperatura orale); ma lo si deve considerare come un importante valore di riferimento e non come un valore corretto in assoluto per ogni persona. Fattore da tenere in considerazione quando si parla di range di normalità è l’età; i valori fisiologici della temperatura corporea, infatti, sono più elevati nell’infanzia (+0,5 °C) mentre sono minori nelle persone anziane.