L’Helicobacter pylori (Hp) è un batterio Gram-negativo dalla caratteristica conformazione a spirale; il termine Helicobacter significa appunto “batterio a forma di spirale”, con pylori invece si indica il sito dove l’infezione causata da questo batterio si sviluppa più facilmente: il piloro (porzione terminale dello stomaco le cui principali funzioni sono quelle di contenzione e transito del cibo verso l’intestino tenue).
Il processo infettivo legato all’Helicobacter pylori è in grado di instaurare un quadro infiammatorio a livello locale che in alcuni casi può degenerare in quadri patologici di notevole importanza quali, per esempio, dispepsia non ulcerosa, gastrite cronica, ulcera gastrica, ulcera duodenale, tumori dello stomaco (adenocarcinoma gastrico, MALToma) ecc.
Helicobacter pylori: un batterio diffusissimo
L’Helicobacter pylori è dotato di grandi capacità di sopravvivenza all’interno dell’ambiente gastrico; ne consegue un’infezione particolarmente diffusa nella popolazione (si stima che circa il 50% della popolazione mondiale sia infettato dal batterio in questione); per quanto riguarda i Paesi più avanzati, si ritiene che l’incidenza dell’infezione da Helicobacter pylori corrisponda pressappoco alla decade di appartenenza; si stima, infatti, che in questi Paesi, l’incidenza nei soggetti della fascia di età tra i 40 e i 50 anni sia del 40-50%. Questa corrispondenza viene meno dopo i 60 anni di età, molto probabilmente perché si registra una maggiore diffusione di gastrite atrofica, una condizione patologica che crea un ambiente non favorevole alla sopravvivenza del batterio.
La prevalenza di Helicobacter pylori risulta molto più elevata nei Paesi in via di sviluppo, verosimilmente a causa delle peggiori condizioni igienico-sanitarie e socio-economico. In questi Paesi l’infezione viene quasi sempre contratta nel periodo infantile.
Nonostante l’infezione da Helicobacter pylori sia particolarmente diffusa, la maggior parte dei soggetti che ne sono colpiti risultano asintomatici.
Come si trasmette l’Helicobacter pylori e chi colpisce?
Non ne abbiamo l’assoluta certezza, ma si ipotizza che l’uomo sia il principale portatore e che il batterio si possa diffondere direttamente da individuo a individuo o tramite passaggi intermedi quali, per esempio, l’assunzione di acqua o di cibi contaminati dal batterio, l’assunzione di alimenti manipolati con mani non adeguatamente pulite ecc. Il fatto che il batterio venga ritrovato sia nelle secrezioni fecali sia nella saliva avvalora questa idea. Del resto, la constatazione che l’infezione da Helicobacter pylori sia notevolmente più diffusa nei Paesi in cui le condizioni igienico-sanitarie sono peggiori sembra ulteriormente confermare l’ipotesi in questione.

Le infezioni da Helicobacter pylori possono causare dolori allo stomaco dovuti a gastriti o anche a patologie più gravi (tumori)
Per quanto concerne il rischio di contrarre patologie gastriche legate a un’infezione da Helicobacter, si ritiene che rivestano una certa importanza fattori predisponenti quali alcolismo, vizio del fumo, assunzione a lungo termine di FANS (per esempio l’aspirina).
Sintomi dell’infezione da Helicobacter pylori
Come già accennato, nella grande maggioranza dei casi (85% circa) l’infezione da Hp è asintomatica o comunque talmente lieve da non destare minimamente l’attenzione del soggetto. In altri casi, invece, l’infiammazione gastrica può dar luogo a sintomi particolarmente fastidiosi (bruciore e dolori gastrici, senso di nausea, eruttazione, vomito, reflusso gastroesofageo, calo ponderale). Di norma le sensazioni di bruciore gastrico e quelle di dolore sono maggiori dopo che sono trascorse alcune ore dalla fine dei pasti; l’assunzione di alimenti o l’utilizzo di farmaci antiacido riducono tali sensazioni.
Nel caso il soggetto sia affetto da ulcera peptica, i dolori a livello addominale possono essere particolarmente intensi e in alcuni casi è possibile osservare la presenza di sangue nelle feci o nel vomito.
Infezione da Helicobacter pylori: i test
Come diagnosticare la presenza di Helicobacter pylori? Esistono metodi invasivi e metodi non invasivi. I metodi non invasivi che hanno la maggiore affidabilità sono attualmente due:
- la ricerca dell’antigene fecale dell’Helicobacter pylori
- test del respiro all’urea marcata (Urea breath test, UBT)
Con il primo metodo si ricerca la presenza nelle feci del antigene fecale (HpSA). La presenza di questo antigene indica che l’infezione da Helicobacter pylori è in atto.
Purtroppo non è raro il verificarsi di falsi negativi (in parole povere: il test risulta negativo nonostante la presenza del batterio).
L’UBT è un test che pone le sue basi sul fatto che l’Hp ha la capacità di metabolizzare in modo molto rapido l’urea che viene somministrata oralmente fino a ottenere ammonio e anidride carbonica (CO2). L’urea viene marcata con l’isotopo 13 del carbonio, ciò permette di misurare l’eliminazione di anidride carbonica marcata che avviene attraverso il respiro. Un aumento della quota di CO2 tra due prove consecutive (una prima e una mezz’ora dopo che l’urea è stata somministrata) indica indirettamente la presenza dell’infezione da Hp.
In alcuni casi si può ricorrere anche al test ELISA sulle urine del paziente; tale test offre una discreta accuratezza con una sensibilità di circa il 95%.
Comunque sia, una diagnosi certa e definitiva può essere fatta solo attraverso un esame invasivo: l’esofagogastroduodenoscopia (o più semplicemente EGDS). Dopo l’iniezione al paziente di un blando sedativo viene inserita all’interno dello stomaco una piccola sonda flessibile (il gastroscopio), una minuscola telecamera posizionata sulla punta della sonda permette di visionare direttamente la mucosa gastrica e quella esofagea, inoltre, grazie ad altri minuscoli accessori di cui il gastroscopio è dotato è possibile prelevare frammenti bioptici che saranno esaminati istologicamente consentendo una valutazione dei danni causati dal batterio. La coltura di quest’ultimo sarà inoltre efficace per determinare il tipo di antibiotici a cui il batterio è più sensibile.
Cura dell’infezione da Helicobacter pylori
L’FDA (Food and Drug Administration) ha approvato una cura che consiste nell’assumere antibiotici (tra i più utilizzati vi sono l’amoxicillina, la claritromicina, il tinidazolo, la tetraciclina) per un periodo di circa 10-15 giorni associandoli a un farmaco antiacido. Il Gruppo Europeo di Studio sull’Helicobacter pylori, al Consensus Report di Maastricht del 2000 ha raccomandato uno schema terapeutico basato sull’associazione di due antibiotici a un farmaco IPP (Inibitore di Pompa Protonica); fra gli inibitori di pompa protonica più comunemente utilizzati si ricordano l’omeprazolo, l’esomeprazolo, il lansoprazolo e la ranitidina bismuto citrato.
La scoperta dell’Helicobacter pylori
La scoperta dell’Helicobacter pylori non è recente; fu un patologo dell’università di Torino, Giulio Bizzozero, che nel 1892 isolò i caratteristici batteri spiraliformi nello stomaco di un animale, ma la scoperta, a onor del vero, non fu considerata degna di nota. Si dovette quindi attendere quasi un secolo prima che si tornasse a parlare con un certo interesse dell’Helicobacter pylori (peraltro, per la cronaca, i primi nomi attribuiti al batterio in questione furono prima Campylobacter pyloridis e poi Campylobacter pylori) grazie a due scienziati australiani, Robin Warren e Barry Marshall che nel 1983 isolarono nuovamente il batterio; sino ad allora si pensava che l’ambiente fortemente acido dello stomaco (grazie alla ricchezza di enzimi e acido cloridrico al suo interno) fosse un ambiente “sterile”, praticamente inattaccabile dai batteri. Il grande merito di Marshall e Warren è stato quello di aver sfatato questo “mito” dimostrando come malattie quali l’ulcera peptica e la gastrite avessero origine batterica. Nel 2005 i due scienziati hanno ricevuto il premio Nobel per la medicina.
L’Helicobacter pylori ha la capacità di sopravvivere nell’ambiente fortemente acido che caratterizza lo stomaco grazie a un enzima che esso possiede abbondantemente: l’ureasi. L’ureasi favorisce la produzione di ammoniaca, sostanza basica che neutralizza il naturale pH acido, riducendo in tal modo l’azione battericida dell’ambiente gastrico. La conseguente crescita batterica può causare, a lungo andare, la formazione di un’ulcera. Quando l’organismo è colpito dall’infezione da Helicobacter pylori il sistema immunitario invia i propri fattori difensivi (globuli bianchi, linfociti T “Killer” ecc.) che però difficilmente riescono a superare la barriera mucosa dello stomaco.