Con il termine immunoterapia ci si riferisce, in modo alquanto generico, a quelle terapie il cui scopo principale è quello di attivare o potenziare le difese immunitarie generando uno stato di immunità verso una determinata patologia.
Sono ben noti i grandi successi che l’immunoterapia ha avuto nel trattamento di patologie di tipo infettivo o tossico; ovvio che la ricerca stia tentando di appurare se è possibile replicare tali successi anche in campo oncologico. Ci si è chiesti cioè se esiste la possibilità di far reagire in modo efficace il sistema immunitario contro le cellule tumorali.
Alcune ricerche sembrano indicare che esiste la possibilità che determinate tecniche e farmaci siano in grado di far sì che il sistema immunitario riesca a difendersi in modo adeguato dalle cellule neoplastiche. Il la alle ricerche nel campo dell’immunoterapia dei tumori è stato dato da alcune osservazioni fatte in soggetti affetti da cancro che avevano sviluppato risposte immunitarie spontanee.
Fondamentalmente, il principio su cui si basa l’immunoterapia è quello che i soggetti affetti da malattie tumorali presentano dei deficit immunitari (che spesso sono aggravati dalla chemioterapia) e che rimediando a tali deficit l’organismo possa essere in grado lottare efficacemente contro la patologia.

L’immunoterapia oncologica cerca di rimediare ai deficit immunitari dei pazienti affetti da tumore per contrastare il progredire della patologia
Immunoterapia oncologica: i vari tipi
A livello di immunoterapia oncologica la tipologia attualmente più sperimentata è quella che prevede la somministrazione di molecole ad azione immunostimolante che vengono prodotte dal sistema immunitario (immunoterapia stimolante) come, per esempio, l’interleuchina 2 e l’interferone (linfochine), sostanze che hanno la capacità di stimolare i leucociti affinché aggrediscano, distruggendole, le cellule cancerose.
Un tipo di immunoterapia stimolante è la cosiddetta immunoterapia adottiva che viene praticata tramite il prelievo di leucociti del soggetto malato che vengono prima stimolati in vitro per 72 ore con interleuchina 2 per poi essere immessi di nuovo nel paziente; tali cellule, il cui scopo è quello di distruggere le cellule neoplastiche, vengono appunto denominate LAK (Lymphokine Activated Killers, cellule killer attivate da linfochina).
Le sperimentazioni effettuate con tale metodica hanno fornito risultati incoraggianti, ma non ancora totalmente convincenti. Le tipologie di tumore sulle quali si è sperimentata questa tecnica sono il melanoma e il cancro del rene. Questa forma di terapia, tra l’altro, non è scevra da pesanti effetti collaterali.
Un’altra tipologia di immunoterapia oncologica è quella che si avvale degli anticorpi monoclonali; questi anticorpi vengono somministrati ai soggetti malati e diretti contro le cellule neoplastiche; a tali anticorpi vengono legate sostanze citotossiche come i radioisotopi e particolari tossine che hanno il compito di distruggere le cellule tumorali.
Un altro tipo di immunoterapia è la cosiddetta immunoterapia attiva, essa consiste praticamente in una sorta di vaccino creato con le cellule tumorali del paziente, cellule che gli vengono somministrate per tentare di stimolare il suo sistema immunitario a reagire contro la neoplasia. Attualmente la vaccinazione con antigeni tumorali è uno dei tentativi più interessanti nel campo dell’immunoterapia, una delle strade del futuro della lotta al cancro.
Effetti collaterali
Il più grave effetto collaterale dell’immunoterapia oncologica è l’autoimmunità, cioè l’attacco delle cellule immunitarie alle cellule sane del corpo. Altri comuni effetti collaterali che sono effetti dermatologici (eritemi e prurito), gastroenterici (nausea, vomito, diarrea), articolari (dolori più o meno generalizzati), vascolari (variazione della pressione arteriosa e palpitazioni), aumento di peso.