Con implantologia dentale si fa riferimento a una serie di tecniche chirurgiche tese alla riabilitazione di quei pazienti che hanno subito una perdita, totale o parziale, degli elementi dentali a causa di traumi oppure per la degenerazione di una patologia del cavo orale (come, per esempio, la parodontite); grazie a queste tecniche è possibile ripristinare una corretta funzione masticatoria.
La riabilitazione viene effettuata mediante l’utilizzo degli impianti dentali (che vanno a sostituire le radici ormai compromesse) sui quali successivamente vengono agganciati dei congegni protesici.
Gli scopi dell’implantologia dentale
È doveroso precisare che il ripristino della funzione masticatoria non è l’unico scopo dell’implantologia: la perdita degli elementi dentali va infatti a compromettere anche altre funzioni dell’organismo, tra cui la digestione (i cibi ingeriti senza essere stati sufficientemente masticati affaticano sia il processo digestivo che gli organi deputati a tale scopo), la respirazione (soprattutto nel momento dell’espirazione dell’aria dai polmoni attraverso la bocca), la fonazione (per l’ovvia impossibilità di riuscire a pronunciare correttamente i suoni labio-dentali).
Tutte queste disfunzioni portano evidenti disagi ai pazienti che ne soffrono. Un altro degli scopi dell’implantologia è proprio quello di aiutare questi soggetti a “ritrovare il sorriso” sia nel vero senso della parola che in un senso più metaforico. Per raggiungere i propri obiettivi, l’implantologia dentale si avvale dell’utilizzo degli impianti dentali.
Cosa sono gli impianti dentali?
L’implantologia deriva il suo nome dagli impianti dentali, gli strumenti propri dei suoi interventi curativi.
Ma cosa sono gli impianti dentali, e a cosa servono esattamente? Sostanzialmente questi strumenti svolgono la funzione delle radici naturali dei denti, poiché connettono gli strumenti protesici alle gengive e alle ossa mandibolari e mascellari.
Possono essere realizzati in diverse forme, dipendentemente dal caso clinico riscontrato: conica, cilindrica, cilindrica filettata, conica filettata, a blocco unico senza connessione protesica, a lama, a griglia, ad ago. Oltre al lavoro prettamente tecnico per la loro fabbricazione, svolto dagli odontotecnici secondo le indicazioni del dentista, si deve tenere presente un importante aspetto biologico.
Uno dei problemi da affrontare è il fatto che l’organismo può far scattare nocive azioni di autodifesa contro gli impianti inseriti.
Per quanto riguarda la creazione degli impianti, le moderne conoscenze sui materiali hanno fatto cadere la scelta sul titanio; il titanio infatti risulta essere un metallo estremamente biocompatibile con l’organismo e quindi in grado di limitare notevolmente i casi di rigetto. Esso può assolvere completamente le funzioni osteointegrative che gli vengono richieste, grazie alle sue particolari proprietà e alla sua intima composizione.
Il concetto di osteointegrazione si riferisce proprio al legame tra ossa e impianti, legame che deve garantire stabilità e funzionalità alle protesi da inserire.
Altro concetto proprio dell’implantologia è quello della fibrointegrazione ovvero quando l’organismo non rigetta l’impianto, ma lo ingloba all’interno di una capsula fibrosa.
Tempo addietro si assegnava al fenomeno della fibrointegrazione un significato completamente negativo. L’intervento veniva infatti ritenuto un mezzo insuccesso, proprio per la scarsa stabilità ottenuta. Oggi, alcune tecniche implantologiche contemplano e gestiscono anche la fibrointegrazione all’interno delle operazioni chirurgiche.
Come si svolge l’intervento di implantologia dentale?
Gli interventi implantologici sono molteplici e la scelta della migliore modalità di cura dipende dal tipo di impianto da inserire e dal problema clinico riscontrato.
Sostanzialmente il dentista deve “scollare” la gengiva e il tessuto mucoso dalle ossa mascellari o mandibolari e, successivamente, inserire gli impianti in titanio al loro interno.
Una volta monitorato il livello di osteointegrazione, si passa all’applicazione della protesi vera e propria, da agganciare direttamente sulle emergenze, ovvero le parti dell’impianto che spuntano dall’osso. Le tecniche chirurgiche proprie dell’implantologia possono essere divise in due categorie fondamentali: gli interventi one stage, con inserimento dell’impianto dentale a livello transmucoso e successiva applicazione della protesi, e gli interventi two stage, divisi in due fasi distinte, quella dell’inserimento dell’impianto e quella dell’applicazione della protesi dopo una riapertura del tessuto molle e l’inserimento del pilastro dentale con intervento successivo. Tutti gli interventi di implantologia vengono naturalmente effettuati sotto anestesia, che può essere somministrata in diversi modi, con l’uso delle siringhe o con le più moderne tecniche di sedazione cosciente.

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I diversi tipi di implantologia dentale
L’implantologia ha subito nell’ultimo secolo degli sviluppi davvero notevoli, arrivando ad affinare in maniera precisa tutte le sue tecniche. Molte le sinergie con altri elementi della conoscenza umana, come la scelta del titanio per la fabbricazione degli impianti, che ha decisamente spianato la strada al raggiungimento degli odierni obiettivi. Grazie a essa infatti si è passati dalla tecnica chirurgica a carico differito a quella a carico immediato.
La prima veniva svolta nell’arco di due diversi interventi: il medico inseriva gli impianti all’interno delle ossa mascellari o mandibolari del paziente, dopodiché attendeva un periodo variabile tra i 3 e i 6 mesi per monitorare il livello di osteointegrazione raggiunto. Solo con un successivo intervento veniva applicata la protesi.
La scoperta del titanio e le sue proprietà biocompatibili hanno permesso la creazione di interventi decisamente più rapidi.
Con la tecnica dell’implantologia a carico immediato, il medico può evitare di attendere il periodo tra l’inserimento degli impianti e l’applicazione della protesi e riuscire a risolvere i problemi di edentulismo del paziente nell’arco di un solo intervento.
Ovviamente, non è sempre possibile effettuare questo tipo di intervento: dipende sopratutto dalla sostenibilità consentita dalla situazione gengivale. Infatti, alcune infezioni o gengiviti non permettono l’utilizzo della tecnica di implantologia a carico immediato se non dopo la risoluzione completa del problema stesso (sempre che questo sia risolvibile e non di tipo genetico-strutturale). Possiamo però affermare che nel 85% dei casi l’intervento è fattibile.
Questa tecnica di implantologia è stata inoltre affinata per merito delle scoperte dell’implantologia computer-guidata, tecnica che offre la possibilità di migliorare sia l’aspetto diagnostico sia quello prettamente clinico.
La scannerizzazione delle impronte dentali del paziente (che possono essere lavorate e studiate in modo approfondito dal medico) spesso arriva anche a simulare preventivamente l’iter completo dell’intervento di implantologia.
Molto interessante la moderna tecnica dell’All on Four la quale permette di ridurre il numero di fori da applicare nelle ossa del paziente. Solamente quattro fori in posizioni strategiche che garantiscono alla protesi una stabilità pressoché perfetta e il riequilibrio completo delle forze masticatorie.
L’All on Four viene applicato per protesi dentali complete.
Una delle più recenti scoperte dell’implantologia dentale è la transmucosa, una tecnica che prevede l’inserimento degli impianti all’interno delle mucose e delle pareti molli della gengiva, non più nell’osso.
L’intervento risulta naturalmente più rapido e semplice da effettuare. Spesso si accompagna alla tecnica di implantologia elettrosaldata che consiste nell’unione di tutte le emergenze tramite un filo di ferro che ne stabilizza l’assetto.
Implantologia dentale: un po’ di storia
Possiamo senz’altro affermare che l’implantologia dentale ha origini molto antiche; infatti la consuetudine di sostituire i denti naturali perduti con degli oggetti utili al ripristino della funzione masticatoria, o perlomeno delle sue basi, è propria della civiltà umana fin dai tempi più remoti: già nell’antica Grecia o nell’antico Egitto questa pratica era spesso utilizzata, come testimoniano centinaia di reperti archeologici (vedasi, per esempio, le mummie egizie).
Laddove però brillava l’intuizione, si difettava decisamente nelle tecniche di intervento, spesso rudimentali, e nella scelta dei materiali, nella maggior parte dei casi assolutamente inadatti agli scopi che ci si prefiggevano.
Come già accennato nella prima parte dell’articolo, infatti, l’organismo fa scattare facilmente azioni di autodifesa verso gli oggetti estranei inseriti al suo interno, azioni decisamente dannose come, per esempio, il fenomeno del rigetto, che, se non adeguatamente seguito e curato, può essere causa di infezioni anche gravi.
Dentisti Italia – Il portale scientifico di odontoiatria
A cura di:
Andrea Molini
Responsabile Marketing Dentisti Italia