L’intolleranza al lattosio è un tipico caso di intolleranza enzimatica. Le intolleranze enzimatiche, che possono essere congenite (o primitive) oppure acquisite (o secondarie), sono caratterizzate dall’incapacità, da parte dell’organismo, di riuscire a metabolizzare alcune sostanze che si trovano negli alimenti.
Intolleranza al lattosio – Cause
L’intolleranza al lattosio, disturbo abbastanza diffuso nella popolazione (vedasi più avanti), è causata da un difetto delle disaccaridasi (enzimi che hanno il compito di metabolizzare i carboidrati) più specificamente dalla carenza di lattasi, carenza che fa sì che l’organismo non riesca a digerire il lattosio, uno zucchero che rappresenta la quasi totalità dei carboidrati presenti nel latte (98% circa).
La lattasi ha il compito di scindere il lattosio in zuccheri più semplici (glucosio e galattosio) permettendone il successivo assorbimento a livello gastrointestinale. Non è detto che tutti i soggetti carenti di lattasi presentino una sintomatologia rilevante a livello clinico; quando però ciò succede il soggetto viene definito come intollerante al lattosio.
Intolleranza al lattosio e allergia al latte
L’intolleranza al lattosio non deve essere confusa con l’allergia al latte; quest’ultima è una risposta del sistema immunitario che è essenzialmente legata a una reazione avversa alle proteine e che non dà luogo soltanto a una sintomatologia gastroenterica (come invece accade nell’intolleranza al lattosio), ma anche a problemi a livello cutaneo e a livello respiratorio.
Dati sulla diffusione
L’incidenza a livello percentuale di intolleranza al lattosio varia significativamente a seconda delle zone. Negli Stati Uniti, la carenza di lattasi colpisce il 22% circa della popolazione adulta; in Europa la situazione è abbastanza variegata; nell’Europa meridionale i soggetti che presentano tale difetto sono circa il 70%, nell’Europa centrale la percentuale si aggira attorno al 30% mentre l’incidenza percentuale è decisamente minore nell’Europa settentrionale, si attesta infatti attorno al 5%.
Per quanto riguarda il nostro Paese, il deficit di lattasi risulta presente in circa il 40% della popolazione con valori decisamente elevati nell’area napoletana e presenta un crescente andamento man mano che si passa dalle regioni settentrionali a quelle meridionali.
È importante rilevare come la mappa mondiale relativa alle popolazioni con maggiore frequenza di intolleranza al lattosio nella popolazione adulta coincida con la mappa relativa alle aree con minore consumo di latte.
Non vi sono particolari differenze di incidenza fra sesso maschile e femminile.
Nella maggior parte dei soggetti, la presenza dell’enzima inizia a diminuire a partire dall’età di 2 anni, ma è abbastanza raro che la sintomatologia si presenti prima dei 6 anni di età.
Intolleranza al lattosio – Sintomi e segni
La sintomatologia più comune relativa all’intolleranza al lattosio si verifica a livello gastrointestinale; i segni e i sintomi si presentano generalmente entro poche ore dall’ingestione di latte o comunque di cibi che contengono significative quantità di lattosio e consistono in dolori e crampi addominali, sensazione di gonfiore e tensione a livello intestinale, aumentata peristalsi con borborigmi, flatulenza, meteorismo, scariche diarroiche con feci poltacee (che hanno, cioè, una consistenza simile a quella della polenta), acquose ed acide.
Si ritiene che occorrano circa 12 grammi di lattosio al giorno (circa 240 ml di latte) per dar luogo alle manifestazioni che caratterizzano l’intolleranza al lattosio.

La terapia d’eccellenza in caso di intolleranza al lattosio è un regime alimentare che preveda un ridotto apporto di alimenti ricchi di lattosio
Diagnosi
La certezza della diagnosi si ha solo attraverso l’esecuzione di esami di laboratorio. Poco pregio ha il consiglio di diagnosticare l’intolleranza al lattosio eliminando dalla dieta gli alimenti che contengono questo carboidrato e osservare se i sintomi scompaiono; come già accennato in precedenza, la sintomatologia presente nell’intolleranza al lattosio è abbastanza aspecifica e potrebbe essere dovuta, per esempio, a un’allergia alle proteine del latte.
Un esame che è possibile eseguire, nel caso di sospetta intolleranza al lattosio, è quello delle feci; nel caso di carenza di lattasi le feci risultano avere un pH<5,5 e sono presenti sostanze riducenti a indicazione del fatto che siamo in presenza di un malassorbimento di carboidrati; l’esame non è totalmente specifico perché tali risultati si ritrovano anche in molte altre patologie caratterizzate da un malassorbimento glicidico.
Un test piuttosto affidabile per la diagnosi di intolleranza al lattosio è sicuramente il Breath Test al lattosio; è un esame semplice, non invasivo ed economico anche se ha il difetto di avere una durata non minimale. Viene trattato in un articolo a parte.
Un altro test molto valido è il test genetico per l’intolleranza al lattosio, un esame semplice, non invasivo e che evita di provocare i sintomi tipici dell’intolleranza. Lo trattiamo in un articolo a parte. Detto per inciso, è bene ricordare che il test genetico funziona soltanto per una specifica sostanza e non è quindi pensabile che la genetica sia in grado di dare una risposta alla semplice domanda: “sono intollerante a qualche alimento?”.
Una metodica invasiva, invero quasi mai necessaria per diagnosticare l’intolleranza al lattosio, è la biopsia della mucosa del piccolo intestino.
Va precisato che nel caso di bambini piccoli e di lattanti, il test preferenziale è quello della determinazione del pH e del potere riducente fecale in quanto i test che comportano un carico orale di lattosio potrebbero causare una diarrea osmotica di una certa gravità.
La diagnosi differenziale deve tenere conto delle allergie alle proteine degli alimenti e, in particolare, alle allergie alle proteine del latte e a quelle del grano che possono dar luogo a una sintomatologia molto simile a quella che caratterizza l’intolleranza al lattosio. Va inoltre valutata l’eventuale presenza o di un’infiammazione della mucosa intestinale causata da un processo infettivo sia di un’enterite da ipersensibilità alle proteine, entrambi processi patologici che provocano un’intolleranza al lattosio secondaria.
L’intolleranza al lattosio secondaria (o acquisita, che dir si voglia) è un fenomeno a carattere transitorio che è causato dal danneggiamento della mucosa intestinale e viene a risolversi allorquando la patologia sottostante viene trattata e la mucosa intestinale va incontro a guarigione con conseguente ripristino degli enzimi deputati alla scissione del lattosio.
Come si cura l’intolleranza al lattosio – Cosa mangiare
Non esiste una cura risolutiva per l’intolleranza al lattosio; in altri termini: una guarigione completa non è possibile. Infatti, una volta che vengono a ridursi gradualmente i quantitativi di lattasi che l’organismo riesce a produrre, essi non torneranno più a livelli ottimali.
La terapia d’eccellenza in caso di intolleranza al lattosio è quindi un regime alimentare che preveda un ridotto apporto di alimenti ricchi di lattosio (burro, latte, latticini, formaggi freschi, biscotti con latte o burro, cioccolato al latte, gelati ecc.); si parla in questi casi di dieta delattosizzata.
La riduzione di tali alimenti può essere fatta gradualmente allo scopo di verificare la soglia di tolleranza del soggetto. Se non è possibile eliminare dalla dieta determinati cibi si può ricorrere a un aiuto di tipo farmacologico; esistono infatti farmaci che se vengono ingeriti insieme agli alimenti favoriscono la digestione del lattosio (per esempio Lacdigest, un farmaco a base di tilattasi); una compressa di Lacdigest favorisce la digestione di circa 5 g di lattosio (quello pressappoco contenuto in 100 ml di latte).
Nelle forme severe di intolleranza al lattosio può rivestire una certa utilità l’utilizzo di fruttosio al posto del saccarosio nonché l’eliminazione di lieviti, legumi e miele.
È opportuno ricordare che i benefici derivanti da un’eliminazione o da una drastica riduzione dell’apporto di lattosio nella dieta di un soggetto intollerante non sono del tutto immediati; a seconda dei casi, possono servire alcuni mesi dal momento in cui si inizia la dieta delattosizzata per regolarizzare l’intestino. Non sono poi così rari i casi di soggetti affetti da intolleranza al lattosio che accusano disturbi intestinali anche quando sono trascorsi molti mesi dall’inizio del nuovo regime alimentare; questo perché l’intestino necessita di un periodo piuttosto lungo per sfiammarsi completamente.
La riduzione di alimenti contenenti lattosio porta purtroppo con sé una diminuzione dell’apporto di calcio con la dieta; è quindi consigliabile, soprattutto nei bambini, un’integrazione in tal senso. È inoltre consigliabile un’attenta lettura delle etichette dei prodotti alimentari dal momento che il lattosio è presente in moltissimi cibi pronti.
Gli amanti dei prodotti caseari, se l’intolleranza non è particolarmente grave, possono introdurre nella dieta formaggi quali il cheddar, l’edam, l’emmental e il parmigiano che sono caratterizzati da uno scarsissimo contenuto di lattosio.
Il latte delattosato (latte ad alta digeribilità)
Il latte ad alta digeribilità è stato concepito per consentire a coloro che soffrono di intolleranza al lattosio di consumare il latte vaccino senza andare incontro a tutti i fastidiosi sintomi gastrointestinali causati da tale intolleranza enzimatica. Per approfondire questo argomento si consulti il nostro articolo Latte ad alta digeribilità.
Intolleranza al lattosio e yogurt
Lo yogurt può essere introdotto nel regime alimentare degli intolleranti al lattosio; infatti, lo Streptococcus thermophilus in esso contenuto produce una β-galattosidasi attiva durante il suo transito nel tubo digerente. Ancora più indicato è lo yogurt che si ottiene fermentando il latte delattosato. Le analisi Breath Test, infatti, dimostrano che in seguito all’assunzione di yogurt non si libera lattosio fermentante (la quantità di idrogeno emesso risulta invariata).
Intolleranza al lattosio e probiotici
Si è osservato che la sintomatologia causata dal deficit di lattasi può essere in parte alleviata dall’assunzione di probiotici in quanto si tratta di microrganismi che esercitano un’influenza positiva sulla fisiologia dell’ospite.