Misurare i propri riflessi significa, in buona sostanza, misurare i nostri tempi di reazione. Il tempo di reazione può essere definito come la quantità di tempo che trascorre tra la presentazione di un determinato stimolo e il compimento dell’azione di risposta; in altri termini, il tempo di reazione è quell’intervallo di tempo che passa dal momento in cui il cervello riceve un certo stimolo al momento nel quale scattano i muscoli chiamati a rispondere con una determinata azione.
I tempi di reazione sono influenzati da vari fattori; innanzitutto dalla tipologia dello stimolo che può essere visivo, uditivo o tattile; altri fattori sono le caratteristiche del soggetto, il numero di muscoli coinvolti nella risposta, l’allenamento a determinati stimoli ecc.
In linea generale, i tempi di reazione di un singolo soggetto (i suoi “riflessi”) possono essere migliorati e, relativamente a reazioni specifiche, possono essere ridotti in maniera sensibile se ci si allena ad avere reazioni istintive (in altri termini, se si reagisce “senza pensare”); il tipico esempio che si può fare è quello di una minaccia contro gli occhi; istintivamente reagiamo al pericolo imminente sbattendo le palpebre.
Le reazioni istintive sono solitamente rapidissime; come spiegato nel nostro articolo Riflessi, la velocità di reazione nel compiere un determinato gesto e l’involontarietà del gesto stesso (non occorre pensare di farlo) sono le due caratteristiche fondamentali dei riflessi.
Test sui tempi di reazione
I test sui riflessi non sono meri esercizi accademici; in ambito neuropsicologico, per esempio, sono utilizzati per misurare la velocità dei processi di informazione e verificare la natura dei deficit attenzionali; la riduzione della velocità dei processi di informazione, infatti, è spesso indicativa della presenza di deficit dell’attenzione; i tempi di reazione semplici, infatti, sono generalmente piuttosto lenti in coloro affetti da disordini o lesioni di natura cerebrale; la lentezza delle reazioni, peraltro, tende ad aumentare in modo sproporzionato con l’aumento della complessità del compito da eseguire. I tempi di reazione sono tendenzialmente più lenti anche nelle persone depresse.
Generalmente il tempo di reazione è misurato rispetto alla mano, cercando di ridurre il più possibile i movimenti necessari (di solito si ricorre alla pressione di un dito su un pulsante molto sensibile, come per esempio quello del mouse).
Un soggetto normale ha solitamente tempi di reazione che vanno dai 20 ai 30 centesimi di secondo; vi è comunque molta variabilità riguardo a questo punto; esistono infatti persone che, pur senza specifici allenamenti, hanno tempi di reazione attorno ai 10 centesimi di secondo; altre sono decisamente più lente e fanno segnare tempi di reazione superiori ai 30 centesimi di secondo.
Oggi esistono macchinari molto precisi e accurati per misurare i riflessi e i tempi di reazione a stimoli di varia natura sia semplici che complessi. Prima dell’invenzione di questi macchinari, per chi si esercitava con le armi si utilizzava un metodo empirico per valutarne la rapidità nell’estrarre l’arma dalla fondina.
Il test era effettuato nel modo seguente: il soggetto doveva tenere il braccio teso in avanti e una moneta appoggiata sul dorso della mano con la quale avrebbe dovuto poi estrarre l’arma; nel momento cui il tiratore decideva di sparare, girava la mano (e la moneta cadeva) ed estraeva l’arma; la prova era da considerarsi riuscita se il tiratore sparava e colpiva il bersaglio prima che la moneta toccasse terra. La prova però non può considerarsi particolarmente attendibile perché, decidendo il tiratore quando sparare, non si poteva parlare di vero e proprio tempo di reazione.
Test effettuati hanno dimostrato che con specifici allenamenti si è in grado di estrarre un’arma e colpire il bersaglio in tempi brevissimi (molto sotto i 30 centesimi di secondo).
La misura dei tempi di reazione dei riflessi è importante anche per verificare quali siano le possibilità di difesa che si hanno in caso di minaccia da parte di un aggressore, tant’è che in molti Paesi del mondo le polizie hanno cercato di capire quale sia la distanza minima alla quale diventa necessario reagire nel caso di un’aggressione da parte di un soggetto non armato con un’arma da fuoco, ma per esempio con un’arma da taglio; la risposta potrà stupire, ma la distanza considerata standard e comunemente accettata è di 7 metri circa.
Si deve però considerare che i molti test effettuati hanno dimostrato che, pur con lievi variabilità soggettive, il tempo minimo necessario a una persona per percepire il pericolo, decidere di estrarre la propria arma, estrarla e sparare è di circa un secondo e mezzo (di questo tempo, circa 30 centesimi sono necessari alla reazione); il problema fondamentale è che se l’aggressore è abile e si trova troppo vicino a noi è in grado di anticiparci; infatti, un aggressore che si trovi a 7 metri di distanza e scatti a una velocità di circa 15 km/h è in grado di entrare fisicamente con noi in meno di un secondo e mezzo e mezzo, quindi prima che noi si sia in grado di estrarre l’arma e sparare.

La velocità di reazione nel compiere un determinato gesto e l’involontarietà del gesto stesso sono le due caratteristiche fondamentali dei riflessi