Il pacemaker (dai termini inglesi, pace, passo, ritmo e maker, chi fa, chi regola), noto anche come stimolatore cardiaco, è un dispositivo elettronico utilizzato in ambito cardiochirurgico sia per impedire aritmie cardiache legate a una patologia cardiaca cronica sia per la prevenzione di alterazioni del normale ritmo cardiaco a insorgenza improvvisa e sporadica che potrebbero essere anche fatali. Il pacemaker è stato ideato nel 1960 da un ingegnere statunitense, Wilson Greatbatch.
Essenzialmente, un pacemaker è in grado di:
- rendere più veloce un battito cardiaco eccessivamente lento (bradicardia patologica)
- prevenire la comparsa di un battito irregolare (aritmia) o eccessivamente rapido (tachicardia)
- rendere normale la contrazione dei ventricoli nel caso in cui gli atri non battano con un ritmo regolare (fibrillazione atriale)
- prevenire le aritmie causate dalla cosiddetta sindrome del QT lungo
- coordinare sia l’attività elettrica tra le cavità superiori e le cavità inferiori sia quella tra i ventricoli.
Pacemaker – Cos’è
Il termine pacemaker è un po’ generico, con esso si fa riferimento a un dispositivo che consta essenzialmente di tre componenti, un pacemaker vero e proprio (lo strumento che genera gli impulsi elettrici e che è contenuto in piccola scatola metallica di forma pressoché rettangolare, di circa 4 cm e del peso di circa 20 g; le batterie hanno una durata di circa 8 anni), uno (o più elettrocateteri, ovvero i collegamenti che uniscono il dispositivo al cuore garantendo la trasmissione del segnale) e un programmatore. Le prime due componenti sono posizionati internamente al corpo, mentre il programmatore è situato presso l’ospedale o la clinica di riferimento. Il personale addetto utilizza il programmatore sia controllare il corretto funzionamento del dispositivo sia per regolarne le impostazioni.
A seconda del numero di elettrocateteri si distinguono pacemaker monocamerali (è presente un solo elettrocatetere collegato all’atrio o al ventricolo destri), bicamerali (sono presenti due elettrocateteri, uno collegato all’atrio destro e uno al ventricolo destro) e biventricolari (sono presenti tre elettrocateteri, uno connesso all’atrio destro e gli altri due ai ventricoli destro e sinistro).
La gran parte dei pacemaker attuali sono dotati di un sistema che si avvale di sensori che avvertono i movimenti del soggetto comunicandoli al generatore degli impulsi in modo da modificare opportunamente il ritmo.
Pacemaker temporaneo e pacemaker permanente
Talvolta il pacemaker viene utilizzato per gestire un transitorio problema cardiaco (per esempio per gestire i postumi di un attacco cardiaco o di un intervento chirurgico al cuore); in questo caso il dispositivo sarà portato solo per il periodo necessario alla gestione del disturbo (pacemaker temporaneo); se invece, il pacemaker deve risolvere quadri clinici cronici che richiedono un trattamento continuo, il pacemaker sarà portato vita natural durante; si tratta in questo caso di un pacemaker permanente; quest’ultima tipologia viene installata allo scopo di eliminare, o perlomeno ridurre al minimo, la sintomatologia e soprattutto le complicanze di serie condizioni patologiche quali la bradicardia non fisiologica, lo scompenso cardiaco, le patologie del seno atriale, la sindrome del QT lungo, la fibrillazione atriale e il blocco atrio-ventricolare.
Pacemaker- Intervento di installazione
Dopo che il cardiologo, una volta effettuate le opportune visite cardiologiche e analizzati i risultati dei vari esami clinici (ECG, ecocardiogramma, Holter cardiaco, test da sforzo ecc.), ha valutato l’installazione di un pacemaker come la soluzione migliore per la gestione di una patologica cardiaca, il paziente dovrà sottoporsi a un intervento chirurgico da effettuarsi in anestesia locale. Si tratta di una procedura chirurgica relativamente semplice che, a seconda dei casi, può avere una durata che può oscillare dai 60 ai 120 minuti circa. Previa anestesia della parte, il chirurgo pratica un’incisione di circa 4 cm di lunghezza in sede sottoclavicolare (destra o sinistra) dopodiché isola una vena di piccole dimensioni nella quale inserirà l’elettrocatetere che verrà posizionato nelle cavità cardiache; il posizionamento verrà effettuato con l’ausilio della fluoroscopia; l’elettrocatetere viene poi collegato al pacemaker che verrà posizionato in una sorta di piccola tasca sottocutanea.
Una volta effettuata l’installazione, il paziente dovrà restare nella struttura ospedaliera per due o tre giorni per verificare che tutto funzioni alla perfezione e che la ferita chirurgica non crei problemi di alcun tipo.
Il dolore post-operatorio è da considerarsi normale; se particolarmente intenso potranno essere prescritti antidolorifici.
I sanitari indicheranno dopo quanto tempo il soggetto potrà riprendere la gran parte delle proprie normali attività quotidiane; in genere sono sufficienti alcuni giorni, ma comunque, per alcune settimane, dovranno essere osservate alcune precauzioni mirate a non far spostare gli elettrodi.
Dovranno per esempio essere evitate manovre come il sollevamento di pesi, la pratica di sport di contatto, il sollevare il braccio sopra la testa ecc.
Per la stabilizzazione dell’impianto occorrono circa 30 giorni.
Il portatore di pacemaker dovrà sempre portare con sé una tessera cartacea o magnetica nella quale sono riportate tutte le informazioni necessarie per un rapido controllo (tipo di stimolatore, elettrocateteri utilizzati, parametri di stimolazione, dati medici ecc.).

In Italia vengono effettuati circa 65.000 interventi chirurgici per l’installazione di un pacemaker.
Precauzioni da osservare
Vi sono diverse strumentazioni elettroniche che possono interferire con il funzionamento del pacemaker fra cui alcuni elettrodomestici e i telefoni cellulari; possono creare problemi anche alcuni esami diagnostici come la risonanza magnetica o procedure mediche come la radioterapia. È quindi opportuno evitare di avvicinarsi troppo spesso a determinati elettrodomestici e di avvicinare il cellulare alla zona di impianto.
È altresì importante avvisare i medici o i tecnici che eseguono le risonanze magnetiche o le radioterapie della propria condizione di portatori di pacemaker.
Per quanto concerne i metal detector presenti negli aeroporti e in alcuni negozi è bene sapere che essi non creano problemi di interferenza, ma ne avvertono la presenza e fanno scattare la segnalazione d’allarme. È sempre quindi opportuno segnalare la presenza di pacemaker al personale addetto alla sorveglianza o ai controlli.
Cosa si deve fare quando la batteria si sta esaurendo?
Come detto, la batteria di un pacemaker ha una durata di circa 7-8 anni; prima che sia totalmente esaurita è necessario sostituirla con una nuova; l’intervento di sostituzione è molto rapido e più semplice dell’intervento chirurgico di installazione del pacemaker.