Parlare di prevenzione del cancro vuol dire entrare in un campo minato; spesso non si hanno le idee totalmente chiare sul significato di tale locuzione e si tende a confonderla con quella di diagnosi precoce. Si potrebbe obiettare che, a tale riguardo, non è particolarmente agevole tracciare una netta linea di demarcazione; in parte questo è vero, ma parliamoci chiaro: scoprire un cancro allo stadio iniziale non è prevenzione, a meno di non stravolgere il significato comune del termine.
Cos’è quindi la prevenzione? Presto detto: per prevenzione si dovrebbe intendere ogni strategia atta a non far insorgere la malattia. Comunque sia, che si parli di prevenzione o di diagnosi precoce, una cosa è certa: la questione è estremamente complessa.
Tale complessità è essenzialmente dovuta a due motivi:
- si deve considerare il fatto che molte delle cosiddette strategie di prevenzione riguardano un solo tipo di cancro (ci riferiamo in particolar modo al tumore del seno, al tumore del collo dell’utero, al tumore alla prostata, al tumore del colon-retto e al melanoma); tra l’altro si deve rilevare il fatto che non sempre gli scienziati concordano unanimemente sull’opportunità di determinati screening di massa (vedasi per esempio quelli relativi al cancro alla prostata);
- è opportuno ricordare che gli agenti cancerogeni ben identificati non sono poi moltissimi (vedasi paragrafo successivo). Negli anni ’80 “tutto” era cancerogeno (di qui, da parte di alcuni, un certo “amore” per la cosiddetta alimentazione biologica) per il semplice fatto che si conducevano esperimenti su animali dando loro megadosi della sostanza X (dosi anche 1.000 volte superiori a quelle realisticamente assumibili!) salvo poi constatare che una determinata percentuale (spesso nemmeno alta) di cavie sviluppava un tumore. Per anni gli insaccati e la carne sono stati ritenuti agenti sicuramente cancerogeni relativamente al cancro del colon-retto, per poi in seguito scoprire che i primi lo erano per i conservanti che contenevano (nitriti e nitrati) e la seconda a causa del metodo di cottura (per esempio la cottura alla griglia o comunque modalità culinarie che prevedono temperature di cottura sopra i 180 °C).
Gli agenti cancerogeni
Una premessa fondamentale: è universalmente accettato il fatto che i cancri sono patologie a eziogenesi multifattoriale (vedasi il nostro articolo Dal tumore al cancro al paragrafo Cancro: perché?); non esiste cioè un unico fattore che può scatenare l’insorgenza di un tumore maligno; affinché si sviluppi un cancro devono esserci diverse combinazioni di fattori; fra questi ci sono i cosiddetti agenti cancerogeni.
La premessa è importante perché deve essere chiaro il fatto che determinate sostanze o condizioni (gli agenti cancerogeni) non sono cancerogene perché “fanno venire il cancro”, lo sono perché “aumentano le probabilità di contrarlo”.
Un’altra premessa fondamentale è la distinzione fra l’impiego assoluto e relativo delle percentuali: dire che una sostanza è responsabile del 30% dei tumori a un organo è un dato importante; dire che una sostanza aumenta del 30% la probabilità di contrarre un tumore all’organo considerato è un dato interessante, ma molto meno importante del precedente. Se per esempio la forma tumorale colpisce 10 soggetti su 1.000, un aumento del 30% del rischio porta l’incidenza a 13 su 1.000, un aumento significativo, ma non catastrofico.
Attualmente, fra gli agenti sicuramente cancerogeni vi sono anche quelli che riportiamo di seguito; analizziamoli brevemente.
Fumo – Pur non essendo l’unico fattore responsabile dell’insorgenza di un tumore al polmone, il fumo è implicato in circa il 90% dei carcinomi polmonari. Il fumo è inoltre coinvolto nell’aumentato rischio di contrarre i cancri di bocca, laringe, esofago e vescica. Più incerto appare il legame tra fumo e aumentato rischio di cancro al fegato, cancro al colon-retto e cancro alla prostata. Ulteriori approfondimenti di carattere più generale relativi al fumo sono reperibili nel nostro articolo Fumo: perché smettere!.

Smettere di fumare o non aver mai fumato sono sicuramente ottime strategie di prevenzione del cancro.
Alcol – Una ricerca relativamente recente dell’INCa francese (Institut National Du Cancer) ha evidenziato che il consumo di bevande alcoliche (anche moderato) è causa dell’aumento del rischio di contrarre tumori alla bocca, alla faringe, al colon, all’esofago, al fegato, al pancreas e al seno). Ulteriori approfondimenti di carattere più generale sono reperibili nel nostro articolo L’alcolismo.
Carne grigliata – La carne grigliata è da tempo sul banco degli imputati. Per quanto non tutti concordino sul fatto che il consumo importante di carni grigliate comporti un aumento del rischio di cancro al colon del 30% circa, un’importante istituzione qual è l’American Institute for Cancer Research (AICR) ritiene che tale dato sia del tutto affidabile. Le carni grigliate contengono ammine aromatiche eterocicliche (AAE) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA), sostanze che derivano dalla combustione di prodotti organici. È stato provato che tali sostanze hanno caratteristiche mutagene, possono cioè provocare alterazioni a carico del materiale genetico. Oltre che dell’aumentato rischio di contrarre un tumore del colon-retto, un elevato consumo di carne grigliata sarebbe responsabile dell’aumentato rischio di contrarre il tumore allo stomaco. Vedasi anche l’articolo La carne è cancerogena?.
Salumi e carni con nitriti e/o nitrati – I nitriti e i nitrati sono sali di azoto che sono utilizzati come additivi alimentari, i nitriti sono identificati dalle sigle E249 ed E250, i nitrati dalle sigle E251 ed E252. Secondo molte organizzazioni scientifiche, tra cui l’Associazione Italiana per la ricerca sul cancro (AIRC) e il già citato AICR, i nitriti e i nitrati favoriscono l’insorgenza di alcuni tipi di cancro fra i quali ricordiamo soprattutto il cancro del colon-retto, il cancro dell’esofago, il cancro dello stomaco e, ma per questo si attendono ulteriori conferme, il cancro della vescica. Ulteriori approfondimenti sono disponibili nel nostro articolo Nitriti e i nitrati.
Cloruro di sodio – Il cloruro di sodio (il comune sale da cucina) è una sostanza decisamente importante; l’OMS raccomanda infatti l’assunzione giornaliera di 500 mg di sodio e di norma tale assunzione viene fatta principalmente sotto forma di sale da cucina. Il problema è che l’opportuna raccomandazione viene disattesa “al contrario” a causa di un consumo di sale decisamente elevato; si stima infatti che, a livello mondiale, il consumo di cloruro di sodio vada dai 6 ai 18 g! Un tale eccesso è legato alle aggiunte di sale che si fanno a tavola unite al sodio contenuto negli alimenti. Secondo alcune ricerche, il rischio di contrarre un tumore allo stomaco sale di circa l’8% per ogni grammo di sodio assunto giornalmente in più. Ulteriori approfondimenti sono reperibili nei nostri articoli Sale e Disintossicarsi dal salato.
Diossine – Con il termine diossine si indica una classe di composti organici aromatici clorurati la cui struttura basilare consta di un anello con quattro atomi di carbonio e due di ossigeno. Si conoscono più di 200 tipi di diossine anche se, correntemente, con il termine diossina ci si riferisce soprattutto alla TCCD (2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-p-diossina) sostanza che dal 1997 è classificata come sicuramente cancerogena e pertanto inserita nel gruppo 1, Cancerogeni per l’uomo dalla International Agency for Research on Cancer (IARC). Fra le maggiori fonti di diossina ricordiamo gli inceneritori per i rifiuti urbani e i rifiuti ospedalieri, le fonderie, gli stabilimenti metallurgici che trattano sostanze diverse dal ferro, gli impianti di riscaldamento domestico a legna (legna trattata), il traffico ecc. Secondo una recente ricerca dell’Institut de veille sanitaire francese, le persone che risiedono nelle vicinanze di inceneritori presentano un aumento del rischio (dal 5 al 10%) di contrarre alcuni tipi di cancro (fegato, seno, cervello, ossa, polmoni, vie digestive, cute ecc.).
Amianto – L’amianto (anche asbesto) è un agente cancerogeno accertato; l’esposizione professionale a tale sostanza è ritenuta responsabile di oltre l’80% dei casi di mesotelioma pleurico (una forma di cancro relativamente rara che origina nella membrana che riveste i polmoni, la pleura) nell’uomo e in oltre il 30% dei casi relativi a soggetti di sesso femminile. L’amianto sarebbe inoltre responsabile di un aumentato rischio di contrarre un carcinoma polmonare. Si ritiene che in Italia, in base a stime abbastanza accurate, i casi di mesotelioma pleurico continuerenno a salire fino al 2020 per poi iniziare a decrescere lentamente. Va ricordato che nel nostro Paese l’impiego dell’amianto è proibito per legge dal 1992. Nel 2005 è entrata in vigore in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, la direttiva n. 1999/77 che ha proibito l’impiego e la commercializzazione di tale sostanza, anche se alcuni Paesi hanno chiesto, e purtroppo ottenuto, proroghe di tale direttiva.
Benzene – Il benzene è uno dei composti organici aromatici più utilizzati. A livello industriale il benzene è una delle sostanze derivate dai processi di raffinazione del petrolio e viene utilizzato quale materia prima di un certo numero di composti secondari. Il benzene presente a livello atmosferico deriva sia da emissioni industriali sia da vari processi di combustione come, per esempio, quelli relativi alle emissioni di gas di scarico dei veicoli a motore. Come l’amianto anche il benzene è stato inserito dalla IARC nell’elenco delle sostanze classificate come sicuramente cancerogene essendo in grado scatenare varie forme di cancro del sangue (ma anche altri tipi di gravi patologie quali l’anemia aplastica, la trombocitopenia – ovvero carenza di piastrine – e la pancitopenia – cioè riduzione di tutti gli elementi cellulari del sangue -). Si sospetta inoltre che possa avere un certo ruolo nello sviluppo di neoplasie a carico della tiroide.
Radon residenziale (domestico) – Il radon (anche rado) è un gas naturale, chimicamente inerte e radioattivo che si forma dal decadimento del radio e che è presente nell’aria che respiriamo. Negli spazi aperti raggiunge concentrazioni molto basse, ma in ambienti chiusi come le abitazioni domestiche può accumularsi raggiungendo concentrazioni che possono divenire significative.
Il radon è considerato un agente cancerogeno accertato relativamente all’insorgenza di cancro al polmone (come il benzene e l’amianto è stato inserito nell’elenco delle sostanze sicuramente cancerogene del gruppo 1). Uno studio multicentrico eseguito negli Stati Uniti nel 2005 ha dimostrato che in un periodo di esposizione che va dai 5 ai 30 anni e di fronte a concentrazioni medie di tale sostanza di circa 3 pCi (picocurie) per litro d’aria, si registra un incremento del rischio di cancro ai polmoni che va dall’11 al 21%. Il radon è inoltre sospettato di aumentare il rischio di contrarre determinate forme di leucemia. Attualmente si stima che il radon residenziale sia responsabile in Europa di quasi il 10% di tutti i tumori del polmone. Per approfondire si consiglia la lettura dell’articolo Radon.
Radiazioni UV solari – Le radiazioni solari sono da anni inserite nell’elenco stilato dall’IARC relativo agli agenti considerati come sicuramente cancerogeni. Attualmente, secondo l’OMS, i meccanismi che sembrerebbero scatenare o favorire l’insorgenza di un determinato tipo di cancro (nella fattispecie: i cancri della pelle quali, per esempio, basalioma, carcinoma spinocellulare e melanoma) non sono ancora stati del tutto chiariti. Meno dubbi sembra avere un rapporto dell’IARC datato 2007 (Les causes du cancer en France), rapporto secondo il quale i raggi UV solari sarebbero la causa principale del 68% dei tumori cutanei. Si consiglia la lettura del nostro articolo Come riconoscere un melanoma.
Oltre agli agenti classificati con certezza come cancerogeni, ve ne sono molti altri sospettati di aumentare il rischio di insorgenza di alcune forme di cancro. Mancano però evidenze scientifiche che confermino con assoluta certezza la loro cancerogenità. Fra quelli che più spesso sono sotto la lente dei riflettori ricordiamo la telefonia mobile (a tale proposito, per approfondimenti, rimandiamo al nostro articolo Il cellulare fa male?), le linee ad alta tensione, l’esposizione professionale a fonti radioattive (professionale medico e nucleare), alcuni additivi alimentari ecc.
Dopo aver passato in rassegna alcuni dei cosiddetti agenti cancerogeni viene spontaneo chiedersi se non esistano sostanze che abbiano l’effetto contrario. In effetti spesso vengono stilate liste di sostanze (soprattutto di tipo alimentare) che dovrebbero essere in grado di ridurre i rischi di contrarre una patologia tumorale. Di qui tutte le campagne e le iniziative che mettono al centro la prevenzione del cancro tramite l’alimentazione.
L’intento di tali iniziative è certamente lodevole, ma, a ben guardare, il tutto appare molto fumoso: esistono infatti migliaia di ricerche che dimostrano che l’alimento X protegge dal cancro Y diminuendo il rischio dello Z%.
Riflettiamo un attimo: se decidessimo di ascoltarle tutte dovremmo praticamente avere una dieta molto monotona a fronte di una diminuzione del rischio totale (cioè compresi tutti i tipi di cancro) di non più del 5% (sono per esempio escluse le leucemie, i cancri al cervello, alle ossa ecc., essendo le ricerche praticamente orientate ai cancri dell’apparato digerente).
Alla luce di tutto ciò risulta essere più logico, ma soprattutto più sensato, praticare una strategia preventiva attraverso un buon stile di vita.
Con un buon stile di vita si migliora la qualità della propria vita senza restrizioni maniacali e si diminuisce comunque sensibilmente il rischio di cancro.
Ulteriori approfondimenti su quest’ultimo aspetto sono reperibili nel nostro articolo Dal tumore al cancro al paragrafo Cancro: la nostra ricetta.
Diagnosi precoce e screening di massa
Che la diagnosi precoce di un cancro rivesta una notevole importanza nella lotta contro le patologie di questo tipo è fuori discussione; tanto prima una lesione neoplastica viene scoperta tanto maggiori sono le possibilità di intervenire con una certa efficacia. Ma non è tutto così semplice; ci sono infatti almeno due considerazioni importanti di cui si deve tenere conto allorché si affronta il tema della diagnosi precoce e cioè:
- la diagnosi precoce è possibile solo per alcuni tipi di tumore (si tenga presenta che esistono moltissimi tipi di cancro); in teoria per avere una diagnosi precoce per ogni tipo di cancro occorrerebbe passare 365 giorni all’anno a fare esami;
- il numero di falsi positivi può essere decisamente elevato (vedasi paragrafo finale), ingenerando paure ingiustificate.
Secondo alcuni, un aiuto fondamentale alla diagnosi precoce dovrebbe venire dalle cosiddette campagne di screening di massa; secondo altri tale posizione è decisamente ottimistica senza contare il fatto che una campagna di screening comporta costi decisamente non trascurabili a fronte di incerti benefici.
Allo stato attuale le campagne di screening non riguardano molti tipi di tumore; in ambito italiano i programmi di screening per i quali esistono “raccomandazioni” da parte delle autorità sanitarie sono relativi a tre tipi di cancro:
- cancro del seno
- cancro del collo dell’utero
- cancro del colon-retto.
Ma cos’è esattamente un programma di screening? Per rispondere a questa domanda citiamo due paragrafi tratti da un documento prodotto dal Ministero della Salute (Raccomandazioni per la pianificazione e l’esecuzione degli screening di popolazione per la prevenzione del cancro della mammella, del cancro della cervice uterina e del cancro del colon retto). Il documento riporta testualmente:
Criteri generali di un programma di screening
Lo screening è un esame sistematico, condotto con mezzi clinici, strumentali o di laboratorio per individuare una malattia in una fase preclinica o precursori della malattia nella popolazione generale o in un suo sottogruppo. Un programma di screening organizzato è un processo complesso, che agisce su una popolazione asintomatica invitata attivamente a sottoporsi al test. Per attuare un programma di screening è necessario che ne sia stata dimostrata l’efficacia in termini di riduzione dell’incidenza o della mortalità della patologia oggetto dell’intervento.
Obiettivi dello screening
Lo screening si propone quindi di ridurre la mortalità per causa specifica nella popolazione che si sottopone regolarmente a controlli per la diagnosi precoce di neoplasie o lesioni precancerose.
Esaminiamo brevemente le attuali raccomandazioni relative ai programmi di screening per i tipi di cancro sopracitati.
Cancro del seno – Secondo i più aggiornati dati IARC (vedasi paragrafo Cancro: le cifre nel nostro articolo Dal tumore al cancro) il cancro del seno è la neoplasia più frequente fra i soggetti di sesso femminile, sia per quanto riguarda l’incidenza sia per quanto concerne la mortalità. Sempre secondo stime recenti dell’IARC, la partecipazione ai programmi di screening organizzati tramite invito attivo (mammografia biennale nelle donne di età compresa tra i 50 e 69 anni) riduce di circa il 35% la mortalità per cancro al seno.
Vista la crescita dell’aspettativa di vita, sono in corso valutazioni sull’opportunità di estendere gli screening mammografici anche alla fascia di età compresa tra i 70 e 74 anni.
Rimandiamo al paragrafo La prevenzione del tumore al seno (presente nell’articolo Tumore al seno) per ulteriori dettagli e considerazioni sull’argomento.
Cancro del collo dell’utero – Il cancro del collo dell’utero (anche carcinoma della cervice uterina) è uno dei tumori femminili più frequenti a livello mondiale. Dal momento che gli esami attualmente disponibili consentono di identificare sia lesioni cancerose molto precoci sia lesioni preneoplastiche, un programma di screening per questo tipo di tumore può ridurre decisamente non solo la mortalità, ma anche l’incidenza di tale patologia.
L’efficacia di un tale tipo di screening è ampiamente dimostrata. Il test di screening per il cancro del collo dell’utero prevede l’esecuzione dell’esame citologico cervico-vaginale noto anche come Pap-test. Le raccomandazioni attuali prevedono l’esecuzione di tale esame su base triennale nelle donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni.
Ulteriori approfondimenti sono reperibili nei nostri articoli Tumore al collo dell’utero, Pap-test e Vaccino per il papilloma virus.
Cancro del colon-retto – Il cancro del colon-retto è un notevole problema sanitario, sia nel nostro Paese che nel resto del mondo (vedasi il già citato paragrafo Cancro: le cifre). Secondo le più recenti indicazioni, un programma di screening per il cancro del colon-retto dovrebbe coinvolgere tutte le persone di età superiore ai 50 anni con modalità diverse a secondo delle età.
I test raccomandati sono la ricerca annuale del sangue occulto nelle feci (Sof), l’esplorazione rettale (annuale), la rettosigmoidoscopia (Rss) e la colonscopia (ogni 10 anni). Ulteriori approfondimenti sono reperibili nel nostro articolo Tumore del colon-retto.
Di seguito una tabella riassuntiva, tratta dal documento citato poco sopra, relativa alle modalità di screening per i tre tipi di cancro sopracitati.
E per quanto riguarda altri tipi di cancro?
Vi sono alcuni tipi di tumore relativamente ai quali si discute da tempo sull’opportunità o meno di effettuare screening di massa. Fra questi ricordiamo il tumore alla prostata e i tumori della pelle (in particolar modo il melanoma); per quanto riguarda il primo rimandiamo a quanto riportato nella prima parte di questo paragrafo; relativamente ai secondi, allo stato attuale, non sono previste campagne di screening di massa dedicate alla prevenzione di tali neoplasie; a sfavore di tali campagne sono coloro che ritengono che screening di massa per i tumori cutanei aumenterebbero a dismisura i costi sociali, provocherebbero numerosissimi falsi allarmi con conseguenti ansie diffuse nella popolazione senza ridurre in modo effettivo i tassi di mortalità.
Attualmente, la prevenzione di tali tipi di tumore è demandata alla sensibilità di ognuno verso tale problema e a iniziative di alcune organizzazioni del settore. Utili informazioni possono essere reperite anche nel nostro articolo Come riconoscere un melanoma.
Esami? Sì, ma cum grano salis
Ma gli esami vanno fatti?
L’American Cancer Society (ACS) ha recentemente dichiarato che si fanno troppi screening, molte volte totalmente inutili (gli esami a tappeto sulla popolazione avrebbero l’unico risultato di scoprire forme tumorali poco pericolose e abbastanza lente come, per esempio, il cancro alla prostata).
Chi conosce il nostro sito e le nostre opere sa della nostra naturale propensione a spingere le persone verso gli esami medici, pur con le dovute eccezioni (per esempio la mammografia per le donne con meno di 50 anni). Nonostante questa nostra posizione, non possiamo, in questo caso, non concordare con l’ACS.
È fuor di dubbio che un notevole impulso agli esami indiscriminati è dato da:
- ricercatori che vogliono avere in modo semplice grandi quantità di dati, illudendosi di scoprire la soluzione di problemi ancora irrisolti, senza accorgersi che tali dati, di non univoca interpretazione, rischiano solo di confondere ancora di più le acque. Dal flop del colesterolo totale, a quello di molti altri marker cardiovascolari (come la proteina C reattiva), al PSA totale ecc.;
- medici che non hanno capito che un esame non fa la diagnosi, ma la conferma;
- pazienti che eseguono gli esami medici come riti scaramantici, senza sapere (di qui la necessità della conoscenza) quando e come farli.
Innanzitutto molti esami danno ancora troppi falsi positivi con conseguente notevole apprensione in chi viene identificato come malato (per esempio, può capitare di essere dati per “spacciati” perché un medico rileva valori decisamente fuori range, ma magari assolutamente compatibili con un’intensa attività sportiva); se la persona non ha cultura medica, la situazione può essere veramente angosciante; i falsi positivi inoltre hanno costi altissimi; poniamoci questa semplice domanda: perché fare la mammografia alle donne di età inferiore a 50 anni? Su 10 donne positive, una sola è veramente ammalata di tumore e, per scoprirlo, alle 10 si consiglia di sottoporsi a un ulteriore controllo da effettuarsi mediante un’ecografia (ma non sarebbe più logico fare subito una semplice ecografia a tutte? A questo punto dovrebbe sorgere spontanea la domanda che dà il titolo al paragrafo del nostro articolo Mammografia: Mammografia conviene?.
Sono molti gli esami non immuni dal problema della falsa positività.
Prendiamo per esempio il PSA che molti, da anni, vorrebbero utilizzare come strumento per screening di massa (per il tumore alla prostata) senza tener conto della sua non specificità che può dar luogo a un notevole numero di falsi positivi (i valori di PSA possono per esempio risultare molto elevati anche in presenza di ipertrofia prostatica benigna; appare quindi ragionevole chiedersi se l’esame del PSA sia veramente necessario come molti vorrebbero dare a intendere (per approfondimenti e considerazioni su questo specifico tema si leggano Antigene Prostatico Specifico (PSA) e Sensibilità e specificità (commento Prevenzione o diagnosi precoce?).
Il problema dei falsi positivi sussiste anche in uno degli esami utilizzati normalmente per la prevenzione dei tumori del colon-retto: la ricerca del sangue occulto nelle feci; la positività a questo esame non ha però un preciso valore diagnostico dal momento che sono numerose le condizioni o le patologie non neoplastiche che possono far sì che l’esame risulti positivo.
Che dire poi dei marker tumorali? I valori di questi ultimi possono risultare alterati anche in presenza di condizioni estremamente banali o addirittura innocue.
E non è finita qui: molti esami non prevengono nulla. Per rendersene conto è sufficiente una semplice riflessione:
gli esami attuali non prevengono nessuna forma di cancro, al più consentono una diagnosi precoce, ma il tumore non è prevenuto, c’è già!
A onor del vero esistono esami che potrebbero prevenire: sapere di avere un alto indice di rischio cardiovascolare non serve però a nulla se il paziente non modifica il proprio stile di vita. Si deve poi tenere in debito conto il fatto che la possibile prevenzione è sempre probabilistica perché, non essendo noti tutti i parametri che scatenano la patologia, si può solo parlare in termini di probabilità, mai di certezza assoluta.
C’è un altro aspetto che forse non è tenuto nella debita considerazione: sempre più spesso i medici cercano di “tamponare” l’esito dell’esame con farmaci che, soprattutto se l’assunzione viene fatta per lunghi periodi, presentano, a fronte di certi benefici, una notevole serie di effetti collaterali (possono, per esempio, nei casi più gravi, innescare altre patologie).
Un esempio banale: a un soggetto con pressione 160-90 viene prescritta una pillola anti-ipertensiva, senza fornirgli nessuna indicazione “obbligatoria” sul cambiamento dello stile di vita. Di seguito riportiamo alcuni degli effetti collaterali legati a tale tipo di intervento: shock cardiogeno, insufficienza cardiaca congestizia, acidosi metabolica, feocromocitoma.
Qual è quindi la morale che dobbiamo trarre dalle considerazioni sopra riportate? Molto semplice: facciamo gli esami, ma cum grano salis, ovvero:
- capiamo che tipo di patologia devono individuare o prevenire e se la possibile cura è veramente utile;
- capiamo con che periodicità farli, senza esagerare;
- capiamo i rischi di false positività e i rischi in sé dell’esame (vedasi per esempio quelli rappresentati dalle radiazioni).