La carta del rischio cardiovascolare è stata diffusa a tutti i medici dall’Istituto Superiore di Sanità. Una lodevole iniziativa, se non fosse che persevera nell’errore
- di considerare il colesterolo totale come indicatore di rischio
- di parlare di grassi saturi di natura animale
- di non considerare l’obesità.
Si tratta di tre approssimazioni che hanno lo scopo di “svegliare” la popolazione, ma dal punto di vista scientifico sono inaccettabili. Perché ogni approssimazione si traduce in un esempio di seminformazione, in quanto il ricevente può interpretare molto male i messaggi che accompagnano la carta.
Rischio cardiovascolare e colesterolo totale
Perché molti medici (e molte pubblicità) continuano a parlare di colesterolo totale e non fanno distinzione fra colesterolo buono e colesterolo cattivo?
Abbiamo già visto come per uno sportivo sia del tutto normale avere il colesterolo totale alto. È vero che la popolazione veramente sportiva over 40 anni non è che il 10% al massimo del totale, ma di questa percentuale si deve tenere conto.
Si deve anche tenere conto che esiste il colesterolo buono. Se si aggiunge che una discreta percentuale di persone ha “naturalmente” il colesterolo buono alto, ben si comprende come parlare di colesterolemia totale sia inaccettabile. Fra l’altro, il modello di calcolo del rischio cardiovascolare è corretto (per quanto approssimato) perché considera anche il colesterolo HDL.
Se, per esempio, inserisco i dati di un cinquantenne non fumatore, con pressione a 110 (come uno sportivo di resistenza) colesterolo addirittura a 300, ma HDL a 85 e non diabetico ottengo un rischio in fascia verde chiaro, la minima (indice di rischio nei prossimi 10 anni inferiore al 5%)! Se provo a variare il colesterolo da 300 a 200 ottengo un abbassamento del rischio dal 2,5 all’1,4%. Praticamente la stessa cosa. Rischio che schizza al 6,6 se imposto cinquantenne fumatore, con pressione sistolica a 140 e colesterolo totale e HDL rispettivamente a 200 e 30.
A questo punto dovrebbe essere evidente (visto che la matematica non è un’opinione e il rischio è calcolato con il modello stesso dell’Istituto Superiore di Sanità) che non ha senso di parlare di colesterolemia totale, trascurando il colesterolo HDL nei messaggi che accompagnano la carta di rischio cardiovascolare. Perché non parlare di indice di rischio (colesterolo totale/colesterolo HDL)? Forse perché si teme che i medici non sappiano fare una divisione?
Controcorrente – Uno studio apparso su Neurology alcuni anni fa a opera di ricercatori americani e svedesi indica chiaramente che un alto tasso di colesterolo nel sangue è indicativo di un basso rischio di demenza senile. Questo dicono le statistiche.
I ricercatori si spingono più in là ipotizzando che gli individui che hanno un alto tasso di colesterolo sono organicamente più robusti di chi ce lo ha basso. Lo studio ha coinvolto 392 soggetti maschili e femminili residenti a Goteborg in Svezia, dell’età di 70 anni. Poiché 10 manifestavano già sintomi di demenza senile, sono stati esclusi dalla ricerca, riducendo il numero dei soggetti seguiti a 382. Ben 93 di questi hanno sviluppato demenza nei 18 anni di osservazione. La ricerca ha dimostrato che avere alti tassi di colesterolo consentiva di ridurre il rischio di demenza nel quinquennio successivo.

Per avere un basso rischio cardiovascolare basta non fumare e avere una pressione sistolica inferiore a 130
Ciò è molto importante perché dimostra che il ruolo protettivo del colesterolo nei confronti della demenza si sviluppa nel lungo periodo e che un suo abbassamento artificiale per anni può favorire la demenza senile.
Importanza del colesterolo e ricerche dubbie
I grassi saturi, sia di natura animale, sia di natura vegetale sono acidi grassi saturi e basta. Questo insegna la chimica. È inutile demonizzare gli alimenti di origine animale (secondo uno stile “vegetariano”) quando poi il cioccolato contiene le stesse sostanze. Poiché oggi i grassi vegetali sono ottenuti principalmente da olio di palma o di cocco (molto ricchi di grassi saturi) e sono impiegati in moltissime preparazioni alimentari, è distorcente parlare di grassi saturi di origine animale.
Se poi ci mettiamo che i grassi vegetali idrogenati (saturati artificialmente) sono tutti di origine vegetale… Ecco alcuni dati (in rosso gli alimenti “vegetali” o parzialmente “vegetali”) che smentiscono chi usa frasi del tipo “grassi saturi di origine animale”:
Alimento | Grassi saturi in 100 g |
Margarina 100% vegetale | 26,43 |
Cioccolato fondente | 20,59 |
Grana | 17,53 |
Cracker | 14,8 |
Olio d’oliva | 14,46 |
Biscotti frollini | 10,8 |
Salame Milano | 9,88 |
Oca | 9,39 |
Ricotta di vacca | 6,82 |
Prosciutto cotto | 5,1 |
Uovo (intero) | 3,17 |
Cavallo | 2,16 |
Latte di vacca intero | 2,11 |
Yogurt intero | 2,07 |
Fegato di bovino | 1,34 |
Pollo intero crudo senza pelle | 1,3 |
Bovino adulto (tagli anteriori) | 1,14 |
Rischio cardiovascolare e obesità
Nella carta di rischio cardiovascolare non si considera il sovrappeso, anche se in tutte le indicazioni che accompagnano i risultati del test presente nel sito si dice chiaramente che uno stile di vita attivo e un peso salutisticamente accettabile sono fondamentali. Può darsi che la carta semplifichi e non usi il sovrappeso perché chi è in sovrappeso di solito ha colesterolo totale e pressione sistolica alti.
Rischio cardiovascolare: i veri fattori di rischio
Partendo dall’ultimo punto, se è lodevole la volontà di semplificare e di essere chiari, perché non usare coerentemente questa strategia fino in fondo? È banale verificare nel modello che in un non diabetico se si mantiene
- un no al fumo
- una pressione sistolica massima inferiore a 130
il rischio cardiovascolare si mantiene verde (basso) anche se il colesterolo schizza in alto. Quindi il consiglio di Albanesi per il rischio cardiovascolare non si basa su sofisticate considerazioni mediche, ma solo su un esame da ingegnere del modello dell’Istituto Superiore di Sanità che praticamente indica due fattori di rischio principali :
(1) per avere un basso rischio cardiovascolare basta non fumare e avere una pressione sistolica inferiore a 130.
E per avere la pressione sistolica inferiore a 130 basta fare sport a medio-alta intensità (sì, tranquilli, possono farlo anche i sessantenni) e non essere in sovrappeso. Banale. Quando si dirà la verità alla gente?
Per un calcolo preciso del rischio cardiovascolare
Se fate un po’ di simulazioni con l’autorevole modello il cui link è sopraindicato vedrete che in un non diabetico, non fumatore, con pressione sistolica inferiore per esempio di 110 anche in un soggetto di 65 anni con HDL a 85 (per esempio uno sportivo), il rischio nei prossimi dieci anni resta sempre molto basso, passando dal 5 a 4,3% con un colesterolo totale che scende da 240 a 210 mg/dl (valori che con il colesterolo buono a 85 indicano comunque valori molto bassi di LDL).