Dal punto di vista biologico, il sesso del nascituro è determinato dai cromosomi portati dallo spermatozoo che feconda l’ovulo femminile: gli spermatozoi che daranno luogo, in seguito alla fecondazione, a una femmina portano i cromosomi femminili (XX), mentre quelli che daranno origine a un maschio quelli maschili (la coppia XY). La coppia femminile XX contiene più materiale genetico (DNA) di quella maschile (la differenza è dell’ordine del 3%).
Il sesso del nascituro nelle donne in stato interessante può essere individuato dopo alcune settimane di gravidanza; già alla quattordicesima settimana è spesso possibile sapere se il nascituro sarà maschio o femmina. Le variabili che possono influenzare l’individuazione del sesso del bambino tramite ecografia sono legate alla posizione del feto, al livello di ecogenicità della madre e dalla modernità della strumentazione ecografica.
Da qualche tempo è disponibile un test (noto come Ottotest) che consente di conoscere il sesso del nascituro grazie a un semplice prelievo di sangue materno a partire dall’ottava settimana di gestazione.
L’Ottotest è basato sull’identificazione del DNA libero del cromosoma Y nel sangue materno. Il ritrovamento del DNA libero del cromosoma Y indica che il nascituro è sicuramente maschio; il non ritrovamento dà la certezza che il nascituro è femmina.
La probabilità di errore è inferiore all’1% (dato relativo alla popolazione italiana); una gravidanza non condiziona in alcun modo il test. Il risultato dell’Ottotest viene consegnato entro 7 giorni dal prelievo di sangue; il costo si aggira sui 130 euro.
Predeterminazione del sesso del nascituro
Il sesso del nascituro è tecnicamente predeterminabile mediante le moderne tecniche di fecondazione assistita.
La prima tecnica messa a punto per la determinazione a priori del sesso del nascituro consiste nella scansione degli spermatozoi in particolari macchine in grado di valutare la differente quantità di DNA in essi contenuto, discriminando quindi tra quelli che danno origine alle femmine e quelli che genereranno un maschio. Dopo l’analisi, si selezionano gli spermatozoi del sesso voluto e si procede a una fecondazione intrauterina: gli spermatozoi sono introdotti nell’utero della donna nel periodo fertile.
Nel caso in cui la fecondazione non avvenisse, occorre ripetere il procedimento il mese seguente. Il primo metodo possiede una probabilità di successo intorno all’80%, legata al margine di errore delle macchine che “riconoscono” gli spermatozoi femminili da quelli maschili.
Il secondo metodo prevede invece la fecondazione in provetta, con il prelievo degli ovuli dalla madre e la fecondazione in vitro. Lo sviluppo dell’embrione inizialmente avviene in laboratorio: il prelievo di cellule dall’embrione permette di analizzare la coppia cromosomica (XX o XY) e determinare quindi il sesso del nascituro.
Se il sesso è quello voluto, l’embrione viene impiantato nell’utero materno, dove prosegue il suo naturale sviluppo. Quest’ultima tecnica ha un margine d’errore nullo, ma è tecnicamente più complessa (in quanto la fecondazione è in vitro e non intrauterina) e notevolmente più costosa.
Scelta del sesso del nascituro: le perplessità
Le perplessità legate alla scelta del sesso del nascituro sono sostanzialmente di due tipi: la prima è di tipo etico, per chi non condivide le tecniche di fecondazione assistita, specialmente quelle che prevedono la possibilità di generare embrioni che non vengono successivamente utilizzati, mentre la seconda e di carattere sociologico, legata alle possibili discriminazioni sessuali che potrebbero riguardare il rifiuto di uno dei due sessi reputato inferiore.
Alcuni studi hanno infatti evidenziato che la maggioranza delle coppie prese in esame preferirebbero avere figli maschi e, potendo scegliere il sesso del nascituro con certezza e con metodi semplici e poco costosi, penalizzerebbero la nascita di femmine. L’esistenza poi di stereotipi culturali e pregiudizi favorirebbe la scelta del maschio per i primogeniti e, dal momento che la maggior parte delle coppie opta oggi per un solo figlio, ciò potrebbe, su larga scala, produrre uno squilibrio sociale tra i due sessi.
Cosa dice la legge?
Nei Paesi europei le legislazioni relative alla scelta del sesso del nascituro non sono tutte uguali.
Nel nostro Paese, per esempio, non è consentita la selezione del sesso di un embrione, fatta eccezione per quei casi in cui tale scelta abbia come scopo la prevenzione di patologie che sono legate al sesso del nascituro (esistono infatti determinate patologie che interessano solo il sesso femminile e altre che interessano soltanto quello maschile).
In Danimarca, similmente a quanto accade nel nostro Paese, la legge stabilisce che la scelta del sesso del nascituro può essere autorizzata soltanto nei casi in cui si voglia evitare una grave patologia genetica legata a un determinato sesso. Stesso discorso per quanto riguarda la Finlandia, l’Inghilterra, il Portogallo e la Spagna.
In Francia, invece, non esiste una regolamentazione specifica sulla scelta del sesso del bambino, ma è consentito l’aborto terapeutico qualora una coppia corra il rischio di dare alla luce un neonato con una patologia genetica legata a un determinato sesso.
In Germania la legislazione è particolarmente restrittiva sulla questione; infatti la scelta medicalmente assistita del sesso non è consentita nemmeno nei casi in cui si vogliano evitare problemi legati a determinate patologie.
Negli Stati Uniti d’America, invece, le cose sono molto diverse ed è consentito il ricorso alla fecondazione assistita per scegliere il sesso dei propri figli per desiderio e non per motivi legati a problemi di tipo medico.
Nei Paesi europei la scelta del sesso del bambino tramite le tecniche di fecondazione assistita è possibile in un numero molto limitato di cliniche e costi relativi sono particolarmente elevati e non alla portata di tutti.