Soffio al cuore (o soffio cardiaco) è un’espressione utilizzata per descrivere una condizione in cui il sangue, che viene sospinto grazie alle contrazioni del muscolo cardiaco, perde il suo tipico flusso laminare acquisendo un flusso turbolento (nel flusso laminare, a differenza di quanto accade nel flusso turbolento, gli strati infinitesimali di fluido scorrono dolcemente uno sopra l’altro, senza che vi sia alcun rimescolamento, nemmeno a livello microscopico); questa variazione crea una sorta di sibilo che può essere paragonabile al fruscio che l’aria genera quando fluisce attraverso una sottile fenditura; questo sibilo viene denominato soffio.
In condizioni normali, durante l’auscultazione con lo stetoscopio, il medico non percepisce alcun soffio.
Soffio al cuore in neonati e bambini
Esistono numerose situazioni che possono causare la presenza di un soffio al cuore; in moltissimi casi si tratta di condizioni fisiologiche che non devono destare alcuna preoccupazione; in altri casi, il soffio al cuore può essere dovuto a una condizione patologica e, ovviamente, il suo riscontro richiede un’attenta valutazione clinico-strumentale.
Un classico esempio di soffi al cuore fisiologici è quello dei soffi cardiaci che vengono riscontrati in moltissimi bambini e che dipendono da una condizione di iperattività cardiaca (tant’è che si parla di soffi innocenti o soffi benigni); si tratta di una condizione che in genere regredisce con la crescita; in alcuni casi, invero abbastanza rari, i soffi innocenti possono perdurare per tutta la vita, ma, non avendo natura patologica, non richiedono alcun tipo di terapia.
Alcune volte, poi, i soffi cardiaci sono temporanei e legati a condizioni che determinano un incremento dell’attività cardiaca (anemia, febbre, gravidanza ecc.); questi soffi scompaiono quando viene meno la causa sottostante.
Diverso è il caso del soffio al cuore patologico, generalmente provocato o da alterazioni strutturali o funzionali delle valvole cardiache oppure da difetti interventricolari o interatriali.
Fra le varie alterazioni anatomo-fisiologiche alla base di un soffio al cuore si possono ricordare stenosi aortica e stenosi mitralica, insufficienza tricuspidale, insufficienza mitralica, flusso sanguigno in vasi arteriosi dilatati (è per esempio il caso di aneurisma aortico), flusso sanguigno attraverso pervietà cardiache o vasali (una certa quantità di sangue passa attraverso piccoli fiori non fisiologici) ecc.
La prognosi e il trattamento dei soffi cardiaci patologici (soffi cardiaci anomali) dipendono essenzialmente dal tipo di problema cardiaco che li ha generati e dalla gravità di quest’ultimo.
Soffio al cuore: preoccuparsi o no?
L’aumento delle visite di prevenzione (i cosiddetti check-up) ha reso estremamente comune la scoperta di soffi cardiaci. Una percentuale elevata di soggetti adulti (sicuramente vicina al 50% di coloro che eseguono controlli periodici) evidenzia un soffio al cuore o temporaneo o permanente durante la propria vita. Nonostante ciò, il medico raramente riesce a tranquillizzare il paziente sulla probabile innocuità del fenomeno.
Il caso più comune è un preoccupante “Facciamo un’ecografia per verificare se c’è qualche problema”. È ovvio che un tale approccio psicologico è negativo e genera un’inutile apprensione fino al risultato finale dell’ecografia.
È quindi estremamente utile cercare di comprendere esattamente cos’è un soffio al cuore; per farlo è necessario esaminare il ciclo cardiaco.
Il ciclo del cuore può essere suddiviso in fasi caratterizzate meccanicamente dall’apertura e dalla chiusura di atri (le cavità superiori del cuore), ventricoli (le due cavità inferiori) e valvole.
All’inizio della sistole (contrazione) ventricolare, la contrazione dei ventricoli chiude le valvole atrioventricolari (valvola mitrale e valvola tricuspide) e, poiché le valvole polmonare e aortica sono ancora chiuse, il ventricolo è una cavità chiusa.
La pressione sale e fa aprire le valvole aortica e polmonare e il sangue fuoriesce. La pressione diminuisce e le valvole aortica e polmonare si richiudono, terminando la sistole (che va dunque dalla chiusura delle valvole mitrale e tricuspide alla chiusura delle valvole aortica e polmonare). Inizia la diastole (rilasciamento) in cui i ventricoli sono chiusi, ma vuoti, con il sangue che fluisce negli atri aumentandovi la pressione finché si aprono le valvole mitrale e tricuspide che fanno affluire il sangue nei ventricoli, flusso aumentato dalla sistole (contrazione) atriale.
Il ciclo è così completo. In corrispondenza del ciclo cardiaco vengono normalmente percepiti tre toni, prodotti dalla vibrazione delle valvole.
Il primo tono coincide con la chiusura delle valvole mitrale e tricuspide (inizio della sistole), il secondo tono coincide con la chiusura delle valvole aortica e polmonare (inizio della diastole), il terzo è invece associato alla fine del riempimento rapido della diastole ventricolare. Quest’ultimo tono è rilevato normalmente nei bambini e nei giovani fino ai 30-40 anni o in donne gravidanza, ma può essere associato anche a condizioni patologiche (ed è allora chiamato galoppo ventricolare diastolico).
Un quarto tono (galoppo atriale) è in genere anomalo. I soffi cardiaci sono suoni estranei di durata maggiore rispetto a un tono fisiologico, prodotti dalle vibrazioni delle pareti ventricolari, delle valvole cardiache o delle pareti vasali. Possono nascere da flussi anomali o semplicemente aumentati. Si differenziano per tempo di comparsa (soffio al cuore diastolico, soffio al cuore sistolico o soffio al cuore continuo), frequenza (alti o bassi), intensità (si classificano in sei gradi, da 1 a 6 con il primo grado non sempre udibile e il sesto così intenso da essere percepito anche da uno stetoscopio di poco sollevato dal torace), durata, punto di massima intensità (punta, spazi intercostali ecc.), trasmissione (verso il collo, il margine sternale ecc.).
Anche la postura, la respirazione, lo sforzo fisico e l’esecuzione di certe manovre (manovra di Valsalva, manovra di Müller) possono rendere percettibili o modificare i soffi cardiaci. Sfortunatamente nessuna delle caratteristiche sopradescritte consente di determinare se un soffio al cuore è fisiologico o patologico (rendendo così superflue ulteriori indagini).

Il soffio al cuore è facilmente rilevabile dal medico con lo stetoscopio.
Soffio al cuore non causato da patologie cardiache
In questo paragrafo indicheremo alcune condizioni che possono condurre a soffi cardiaci che nulla hanno a che vedere con una patologia cardiaca. Fra tali condizioni citiamo:
- aumentata gittata cardiaca (condizione comune nei soggetti sportivi)
- febbre
- anemia
- gravidanza e inizio del puerperio (soffio mammario)
- ansia
- ipertiroidismo
- problemi costituzionali (pectus excavatum, sindrome della schiena dritta)
- fistola arterovenosa periferica
- ronzio venoso (flusso rapido attraverso le vene, frequente in giovani adulti sani e donne in gravidanza).
Si deve poi rilevare che la causa di un soffio al cuore può essere una situazione cardiaca di per sé in genere benigna come il prolasso della valvola mitrale.
Relativamente a quest’ultimo punto si deve specificare che il soffio che si avverte è un soffio retrogrado generato dal fatto che in caso di prolasso della valvola mitralica questa è spesso incontinente.
Aspetti diagnostici
Un cardiologo esperto, in base alle caratteristiche del rumore che percepisce è spesso in grado di diagnosticare con una certa facilità l’entità del problema; comunque sia, si hanno a disposizione specifici esami quali ecocolordoppler ed ecocardiogramma che servono a confermare o no la diagnosi di soffio al cuore.
Una breve considerazione
Che insegnamento trarre da quanto esposto in questo articolo?
Se volete eseguire un check-up cardiaco è inutile sottoporsi a una visita tradizionale dal vostro medico curante, visita che non è in grado nella maggioranza dei casi di distinguere fra situazioni fisiologiche e patologiche; è sicuramente preferibile effettuare direttamente ogni anno un elettrocardiogramma (a riposo e sotto sforzo) e un’ecografia cardiaca.
Soffio al cuore negli atleti
Negli atleti molto allenati si riscontrano rigurgiti valvolari che in genere scompaiono con il deallenamento. Molti studi scientifici hanno dimostrato la fisiologicità di questi minimi jet da rigurgito in valvole strutturalmente integre. Utilizzando il mappaggio Color-Doppler, P.S. Douglas et al. hanno osservato che in 45 atleti estremamente allenati il 69% presentava un’insufficienza mitralica, il 76% un’insufficienza tricuspidale (1).
Incerta è la causa, ma anche l’American College of Cardiology Foundation nella stesura della task force sui disordini delle valvole cardiache ha premesso che negli atleti, la prevalenza dei rigurgiti valvolari rilevata con metodo Doppler è alta, con almeno un jet da rigurgito trovato in più del 90% dei soggetti e un triplo jet da rigurgito presente nel 20% degli atleti.
La vasta maggioranza di questi jet sono insignificanti e non hanno nessuna importanza clinica (2). Secondo la scuola europea (K. Wrzosek et al., L. Ferritto et al.), in studi più recenti effettuati su ciclisti estremamente allenati, si è evidenziato che il fenomeno di minimi rigurgiti valvolari negli atleti è secondario alla dilatazione delle camere cardiache e a un conseguente allargamento dell’anulus valvolare dovuta all’allenamento di endurance (3, 4).
In definitiva, tutti concordano che l’eccessiva prevalenza di rigurgiti valvolari negli atleti sia, presumibilmente, un altro adattamento cardiaco all’allenamento e, ove tutti gli altri elementi clinici siano nella norma (anamnesi, ECG, ecocardiogramma M-mode), il rilievo doppler di questi minimi rigurgiti deve essere considerato insignificante.
Bibliografia
1) P.S. Douglas, GO Berman, ML O’Toole, WD Hiller, N. Reichek., “Prevalence of multivalvular regurgitation in athletes”, Am J Cardiol. 1989 Jul 15;64(3):209-12.
2) Bonow RO et al. “Task Force 3: valvular heart disease” J Am Coll Cardiol. (2005).
3) K. Wrzosek, W. Braksator, A. Mamcarz, K. Sadkowska, M. Dłużniewski : “Echocardiographic evalutation of valve function in athlete’s hearts- 24- months of follow-up”, Polish Journal of Sports Medicine 2002; 18(10):437-441 .
4) L. Ferritto et al. “Studio mediante ecocardioclordoppler negli atleti di endurance”, J. of Sports Cardiology Vol. 5 2008.
Immagine tratta da: www.medison.ru/uzi/img/p249.jpg