Il sonnambulismo è uno dei vari disturbi del sonno appartenente alla categoria delle parasonnie. Si tratta di un fenomeno di natura benigna e a risoluzione spontanea che, se vogliamo, ha in sé aspetti che per certi versi possiamo definire affascinanti; il soggetto affetto da sonnambulismo, infatti, si trova ad muoversi, agire e compiere varie attività in assenza di coscienza per poi tornare a dormire oppure svegliarsi senza avere il minimo ricordo di quello che ha fatto.
Il sonnambulismo interessa in modo prevalente i soggetti in età pediatrica; si tratta, infatti, di un disturbo che generalmente insorge nella fascia di età che va dai 4 ai 12 anni circa per poi scomparire spontaneamente nell’età della pubertà. La fascia di età nella quale si registra il numero maggiore di casi è quella compresa tra i 7 e i 12 anni.
Il sonnambulismo è un fenomeno abbastanza comune; si stima, infatti, che una percentuale piuttosto elevata di bambini (dal 15 al 30% circa) abbiano sperimentato almeno una volta nella loro vita un episodio di sonnambulismo; la percentuale di coloro che hanno avuto episodi ricorrenti si aggira attorno al 6%.
Esistono casi di sonnambulismo anche in età adulta, ma sono veramente molto rari; la prevalenza, infatti, è circa dell’1%. L’insorgenza del sonnambulismo in un soggetto adulto viene solitamente associata a problematiche neurotiche, psicotiche o nevrotiche.
Cause
Le cause del sonnambulismo sono sconosciute, anche se si ritiene che vi siano diversi fattori in grado di scatenarlo; fra questi vi sono i periodi di forte stress o di disagio psicologico, la deprivazione di sonno, la febbre alta, una patologia infettiva ecc.
La gran parte degli autori ritengono che un ruolo chiave sia giocato da fattori di tipo genetico; in effetti, si è osservato che circa il 50% delle persone affette da sonnambulismo hanno perlomeno un familiare stretto che ha avuto episodi di sonnambulismo nel corso della sua esistenza.
Per amor di completezza citiamo uno studio relativamente recente [Licis AK, Desruisseau DM, Yamada KA, Duntley SP, & Gurnett CA (2011). Novel genetic findings in an extended family pedigree with sleepwalking. Neurology, 76 (1), 49-52 PMID: 21205695] effettuato da alcuni ricercatori della Washington University School of Medicine che ritengono che il sonnambulismo possa essere causato da un’alterazione genetica presente nella regione del cromosoma 20.
Sonnambulismo – Come si manifesta
Gli episodi sonnambulismo si verificano nel corso delle fasi 3 e 4 del sonno N-REM, ovvero nel corso delle prime due o tre ore di sonno.
Come già accennato in apertura di articolo, il sonnambulo effettua dei movimenti o mette in atto dei comportamenti – che in alcune circostanze sono anche piuttosto complessi – senza averne alcuna coscienza; il soggetto, pur dormendo, compie quindi un’attività motoria.
In alcuni casi il soggetto si posiziona sul letto in posizione seduta e tiene gli occhi aperti; altre volte si alza, comincia a camminare e compie altre operazioni come vestirsi, lavarsi ecc.
Generalmente, poi, il soggetto torna a coricarsi. Al risveglio non ha alcun ricordo di ciò che ha fatto.
La durata di un episodio è variabile; può durare pochi minuti o oppure un po’ più a lungo, ma difficilmente si va oltre i venti minuti.
Alcuni sonnambuli parlano, altri emettono dei suoni senza alcun significato; alcuni bambini urinano in una stanza diversa dal bagno.
Solitamente, nel corso dell’episodio di sonnambulismo il soggetto non reagisce agli stimoli esterni e viene consigliato di non svegliarlo perché alcuni possono avere reazioni aggressive o rimanere molto disorientati. È comunque opportuno controllare che la persona non vada incontro a situazioni pericolose.

La fascia di età nella quale si registra il numero maggiore di casi di sonnambulismo è quella compresa tra i 7 e i 12 anni; il numero di casi in età adulta è molto basso.
Sonnambulismo nei bambini
Come accennato in precedenza, il sonnambulismo è un fenomeno che prevalentemente interessa l’ambito pediatrico; nonostante si tratti di un disturbo di natura benigna, esso è fonte di notevole preoccupazione per i genitori, anche perché i vari movimenti vengono compiuti con gli occhi aperti e il genitore ha l’impressione che il bambino sia sveglio, anche se in realtà sta continuando a dormire. In realtà, di preoccupante il sonnambulismo ha veramente poco, anche se rimane consigliabile consultarsi con un esperto, in particolar modo se gli episodi sono molto frequenti (ovvero se si verificano almeno tre volte in una settimana), se nel corso della notte si hanno più episodi, se il sonnambulismo è particolarmente “agitato” o se vengono compiute azioni potenzialmente pericolose (per esempio fare le scale).
Nel caso in cui gli episodi di sonnambulismo non si verifichino entro le prime due-tre ore dall’addormentamento è decisamente consigliabile una visita specialistica perché deve essere effettuata una diagnosi differenziale con episodi di natura epilettica.
Nel caso di sonnambulismo associato a episodi di enuresi (fare la pipì a letto) oppure nel caso di sonnambulismo in un bambino molto ansioso è opportuna una consulenza con uno psicologo; in questi casi, infatti, potrebbero essere presenti problematiche a carattere emotivo sottostanti al disturbo.
Sonnambulismo negli adulti
Il sonnambulismo nell’adulto, come detto, è un fenomeno che interessa un numero veramente marginale di soggetti. Non deve essere però assolutamente sottovalutato perché può essere segno di problematiche di una certa serietà, negli adulti, infatti, il problema può inoltre essere scatenato da disturbi del sonno di altro tipo, dall’uso di droghe, dall’assunzione di medicinali o dall’abuso di alcolici o essere collegato a disturbi mentali, condizioni di estremo stress, epilessia, malattia di Alzheimer ecc.
È senz’altro consigliabile verificare che non siano presenti disturbi respiratori in sonno, quali per esempio le apnee in sonno che rappresentano un fattore di rischio per la comparsa di episodi di sonnambulismo, tant’è che quando si risolvono i disturbi respiratori, non si verificano più, vengono a cessare anche gli episodi di sonnambulismo.
Diagnosi
La diagnosi di sonnambulismo si basa sul racconto effettuato da coloro che hanno assistito all’episodio; ovviamente, il paziente, non ricordando niente di ciò che avviene non può essere di alcun aiuto per la diagnosi.
Esami di tipo strumentale vengono richieste solamente nel caso in cui lo specialista ritenga, o comunque sospetti, che gli episodi raccontati non siano una manifestazione di sonnambulismo bensì di epilessia.
Sonnambulismo – Rimedi
In linea generale, il sonnambulismo non richiede rimedi specifici. L’approccio terapeutico, se così vogliamo chiamarlo, al disturbo in questione ha molto in comune con quello che viene intrapreso nei casi di terrore notturno (pavor nocturnus), un altro disturbo del sonno che interessa prevalentemente l’età pediatrica e che tende a risolversi in modo spontaneo. Si possono quindi dare i seguenti suggerimenti:
- assicurarsi che non vi siano potenziali pericoli per l’incolumità del bambino e in caso contrario agire conseguentemente (per esempio bloccando le porte che danno sulla scala);
- evitare di risvegliare il soggetto nel corso dell’episodio perché c’è il rischio che manifesti aggressività o sia particolarmente disorientato;
- evitare di somministrare al bambino bevande contenenti caffeina (per esempio la Coca Cola);
- far sì che il bambino mantenga un regolare ritmo sonno-veglia;
- mettere eventualmente in atto risvegli programmati (dal momento che, solitamente, gli episodi di sonnambulismo si verificano nella stessa fascia oraria, si può svegliare il bambino un quarto d’ora prima dell’orario previsto per l’episodio e tenerlo sveglio una decina di minuti), una strategia che si dimostra generalmente efficace, anche se un po’ faticosa e fastidiosa sia per i genitori che per il bambino.
Il ricorso ai rimedi farmacologici è generalmente sconsigliato nei bambini e vi si fa ricorso soltanto in casi molto particolari, ovvero se gli episodi sono particolarmente frequenti o se comportano rischi per l’incolumità della persona. Fra i farmaci generalmente prescritti vi sono il clonazepam, il diazepam e l’imipramina. Come nel caso di pavor nocturnus, comunque, il farmaco più indicato è l’L-5-idrossitriptofano, sostanza che contribuisce a stabilizzare il sonno riducendo e che presenta pochissimi effetti collaterali.
La terapia farmacologica presenta meno problemi qualora il soggetto affetto da sonnambulismo sia un adulto.