Il sonno normale è uno stato fisiologico consistente nell’interruzione provvisoria del cosiddetto stato di veglia. Nell’uomo, ma in tutti gli animali in genere, il sonno è un irrinunciabile bisogno biologico, necessario per il riposo del corpo e per il ripristino delle normali funzioni fisiologiche. In esperimenti su cavie da laboratorio si è osservato che la privazione del sonno porta alla morte dell’animale.
Le prove sull’uomo devono essere interrotte a causa dell’insorgere di numerosi disturbi fra cui delle serie alterazioni del comportamento. Il sonno è causa di numerose modificazioni sull’organismo, la pressione arteriosa si riduce, si abbassano sia la frequenza cardiaca sia la temperatura del corpo, c’è una riduzione della produzione di urina e dell’attività respiratoria, la muscolatura tende a rilassarsi ecc.; praticamente si ha un notevole abbassamento delle richieste metaboliche da parte dell’organismo.
La regolazione del sonno avviene in base a fattori omeostatici (la necessità di dormire aumenta quanto più è stato lungo il periodo di veglia precedente) e a fattori circadiani (in particolar modo il ciclo luce-buio).
Come cambia nell’arco della vita: dal neonato all’anziano
Nell’arco della vita, gli esseri umani sperimentano varie tipologie di sonno. Quello del neonato è tipicamente polifasico (i neonati dormono più volte al giorno); si passa poi a una fase di sonno bifasico, tipica dei bambini (che dormono alcune ore nel corso del pomeriggio) per poi arrivare al sonno monofasico circadiano tipico della maggioranza delle persone adulte. In età avanzata, in diversi soggetti, il ritmo circadiano dell’adulto viene sostituito da un ritmo polifasico ultradiano (un sonno cioè caratterizzato da alcuni sonnellini diurni).
Il tempo necessario all’appagamento del desiderio di dormire varia in base a diversi fattori; il principale fattore è l’età; la correlazione fra durata del sonno ed età è inversamente proporzionale; i neonati dormono circa 17 ore su 24, i bambini di età compresa fra i 2 e i 6 anni dormono in media 13-14 ore al giorno, nel periodo che va dai 6 ai 14 anni, le ore di sonno passano gradualmente da 12 a 9; i soggetti adulti dormono mediamente 7-8 ore; nelle persone anziane si registra un’ulteriore riduzione (si passa a 5-6 ore al giorno).
Va però precisato che esiste una notevole variabilità interindividuale legata ai fattori più disparati (abitudini, attività lavorativa svolta, clima, sesso, stagione, stato di salute, stile di vita ecc.); è questa variabilità interindividuale che rende difficile definire un quadro patologico relativo ai disturbi del sonno, infatti il solo dato quantitativo delle ore di sonno non è una condizione sufficiente per definire con certezza un eventuale disturbo.
La fasi del sonno: sonno REM e non-REM
Si è soliti suddividere il sonno in REM (circa il 25% del totale) e non-REM, anche N-REM (circa il 75%); REM è un acronimo che sta per Rapid Eye Movements, movimenti oculari rapidi, e indica quella parte che viene caratterizzata dalla presenza di movimenti involontari tra i quali quelli oculari rapidi. Il sonno N-REM viene solitamente suddiviso in quattro fasi (la fase 1 e la fase 2 sono le fasi del cosiddetto sonno leggero, la 3 e la 4 sono quelle del cosiddetto sonno profondo) che possono essere evidenziate nel tracciato della polisonnografia notturna (PSN), un esame che viene eseguito mentre il soggetto dorme.
L’andamento del sonno è di tipo ciclico; durante quello notturno si hanno, generalmente, da 4 a 6 cicli che durano dai 60 ai 90 minuti ciascuno; la fase iniziale è di tipo N-REM, la seguente è di tipo REM; durante la notte si ha una variazione della durata di tali cicli; si osserva una progressiva diminuzione della durata e della profondità del sonno non-REM e un aumento temporale di quello REM.
Negli ultimi decenni gli studi effettuati sono stati numerosissimi; molti di essi sono riusciti a far luce su diverse questioni, ma vi sono ancora molti aspetti che rimangono da chiarire; ciononostante, tutti gli studiosi sembrano concordare sul fatto che sia il sonno REM che quello non-REM sono entrambi necessari al mantenimento di un buon stato di salute.
È sicuramente indubitabile che un’ottima qualità del riposo è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per una buona qualità della vita. I disturbi del sonno, specialmente se non sporadici, possono infatti creare notevoli disagi sia da un punto di vista fisico sia da un punto di vista psicologico.
Gli esami
Lo studio del sonno viene effettuato attraverso tre metodiche psicofisiologiche:
- elettroencefalogramma
- elettrooculografia
- elettromiografia.
Con l’elettroencefalogramma è possibile registrare l’attività elettrica dei neuroni localizzati nella corteccia cerebrale, con l’elettrooculografia si registrano i movimenti degli occhi utili nella stadiazione del sonno, mentre l’elettromiografia permette di verificare l’attività elettrica del muscolo.
Fu nel 1936 che si scopri che l’elettroencefalogramma presentava variazioni significative durante il sonno (si alternavano onde ampie lente a onde rapide di basso voltaggio); nel 1953 si scoprì che nelle fasi in cui vi erano onde frequenti e a basso voltaggio gli occhi del soggetto esaminato si muovevano con movimenti molto rapidi (REM, Rapid Eyes Movements; da qui il nome di questa fase). Nel 1962, infine si scoprì che nel corso della fase REM si aveva un blocco dell’attività dei muscoli della faccia.

Nell’arco della vita, gli esseri umani sperimentano varie tipologie di sonno
Le teorie sulle finalità del sonno
Le teorie sulle finalità fisiologiche del sonno sono numerose; per quanto nel corso dei secoli siano state effettuate varie scoperte, non esiste una spiegazione universalmente accettata sulla sua funzionalità.
Fra le varie teorie formulate nel corso del tempo ricordiamo di seguito alcune fra le più note.
La teoria del recupero – In base a questa teoria il sonno avrebbe la funzione di ristabilire l’organismo dopo i vari sforzi che si sono sostenuti durante il periodo di veglia; praticamente il recupero consentito dal sonno servirebbe a combattere sia la stanchezza fisica che quella neurologica. Il sonno sarebbe quindi un periodo di necessaria “riparazione fisiologica”. Più in particolare, svolgerebbe funzioni di recupero dell’organismo (nelle fasi N-REM) e di recupero e fissazione della memoria (nelle fasi REM). Secondo i suoi sostenitori la teoria del recupero sarebbe spiegata dai vari problemi fisici e dalle alterazioni cognitive che sopraggiungono dopo la mancanza di sonno.
La teoria della conservazione dell’energia – Secondo questa teoria il sonno avrebbe una funzione di conservazione dell’energia ed è basata sull’osservazione che quando si dorme si ha una riduzione delle attività metaboliche (si abbassa il consumo di ossigeno, si riduce il ritmo cardiaco e si ha una diminuzione del tono muscolare; queste variazioni fisiologiche si verificano nel corso della fase N-REM) quantificabile in circa il 10%; si registra anche un abbassamento della temperatura del corpo; questa riduzione della temperatura si tradurrebbe in un risparmio di energia.
La teoria dell’apprendimento – In base a questa teoria, il sonno, in particolar modo quello REM, svolgerebbe un ruolo fondamentale nella maturazione del sistema nervoso centrale; infatti, nel corso della fase REM si osserva un notevole incremento dell’attività cerebrale.
A sostegno di questa teoria vi sono vari studi sperimentali che mostrano come soggetti che venivano sottoposti a sessioni intensive di apprendimento presentavano un significativo incremento del sonno REM, espressione del processo di fissazione dei dati che vengono appresi nella memoria a lungo termine. È noto anche che i neonati presentano una fase REM più lunga rispetto a quella degli adulti parallelamente alla loro maggiore capacità di apprendere.
La teoria della protezione – Questa teoria prende in considerazione l’aspetto “preventivo” del sonno; si tratta di una teoria che, seppur impostata sui fini ultimi della funzione riparatrice del sonno teorizzati dalla teoria del recupero, al contrario di questa sostiene che il dormire è un atto di prevenzione nei confronti degli sforzi che l’organismo compirà il giorno successivo. Il sonno quindi non è riparativo, ma preventivo.
Mancanza di sonno e qualità della vita
È innegabile che il dormire bene abbia ricadute positive sulla qualità della vita; è vero anche il contrario, ovvero che una buona qualità della vita ha ricadute positive sulla qualità del sonno. In effetti, molte ricerche hanno evidenziato che
negli individui in buona salute, con molti interessi e soddisfatti della loro qualità della vita, la qualità del sonno non si modifica con l’età.
Rimandiamo all’articolo corrispondente chi volesse saperne di più sull’insonnia. Ora ci preme invece sottolineare come l’analisi del riposo di un soggetto fornisce molti dati sulla salute presente e futura. È fondamentale
conservare il ritmo veglia-sonno più costante possibile.
Non conta cioè quando si va a letto o quando ci si sveglia, l’importante è mantenere costanti questi momenti (e in tal modo le ore di sonno totali). Questa considerazione è banale e tutti pensano che, tranne per i giovani che al sabato sera fanno mattina in discoteca, sia perfettamente applicabile. In realtà, solo una piccola parte della popolazione riesce a rispettare la regola precedente, chi non vi riesce cade in due pericolosi stati. Prima di descriverli occorre notare che
la resistenza al sonno è un indicatore dell’età biologica.
Infatti, quanto più si è giovani più a lungo si riesce a rimanere svegli. Pensiamo all’anziano che in treno o davanti alla televisione crolla dopo pochi minuti in un sonno senza motivo. L’assenza di stimoli (o l’incapacità di cercarne) lo spinge a dormire. In quest’ottica, dormire più del dovuto è un indicatore sicuramente negativo. Purtroppo questa condizione è spesso presente in individui cronologicamente giovani…
Il riposo lungo del week end – Alzarsi tardi durante il week end o in vacanza altera il ritmo veglia-sonno in modo ripetitivo. Spesso si attribuisce la causa a un alterato orario di inizio del sonno (per esempio quando si fa tardi alla sera), ma, se la causa può essere vera per i giovani, per persone mature l’oziare nel letto durante il week end è un rito (in questo caso la motivazione è la necessità di riposo dopo una dura settimana di lavoro).
Perché un riposo lungo caratterizza individui che non vivono bene e invecchieranno male? La risposta è semplice se si pensa che una delle condizioni di una vita felice è la coltivazione di molti interessi. Per coltivare un interesse seriamente occorre tempo e a chi spreca il week-end e le vacanze dormendo, in genere non resta molto tempo; quindi o non ha molti interessi o, se li ha, non ha la forza di viverli intensamente. È una posizione molto dura, ma purtroppo l’esperienza la dà verificata nel 90% dei casi.
Il riposo pomeridiano – Nonostante timidi tentativi di riabilitazione, è ormai assodato che il classico riposo pomeridiano è un indicatore del grado di attività dell’individuo. Lo spezzare la giornata con un ulteriore riposo rende “dipendente” il soggetto, che riesce a dare il meglio di sé solo in particolari momenti della giornata; si produce uno sfasamento che altera anche la vita di relazione (mentre lui riposa gli altri lavorano già). L’età biologica di chi non può fare a meno della siesta è sicuramente poco attraente.
In alcuni casi si cerca di riabilitare il riposino chiamandolo sonno bifasico: riposando un’ora, un’ora e mezza al pomeriggio si riuscirebbe poi a riposare solo 4 o 5 ore per notte. Non esistono evidenze scientifiche di ciò, anzi, con il riposo pomeridiano in genere aumentano le ore di sonno globali nella giornata.
Sonno polifasico
Con tale locuzione ci si può riferire non soltanto alla tipologia di sonno tipica del neonato, ma a una tecnica che negli ultimi anni sta facendo discutere; la tecnica vuole massimizzare le ore di veglia nella giornata; per approfondimenti si consulti l’articolo Sonno polifasico.
I disturbi
Sono moltissimi e molto diversi fra loro (vedasi l’articolo generale); la più importante distinzione è fra dissonnie e parasonnie; le dissonnie sono disturbi caratterizzati dalla presenza di anomalie nella quantità, nella qualità o nel ritmo, mentre le parasonnie sono caratterizzate dalla presenza di comportamenti anomali oppure da eventi fisiopatologici che si verificano nel corso del riposo notturno, in particolari stadi del sonno oppure nel passaggio sonno-veglia.
Fra le principali dissonnie si ricordano l’insonnia, la ipersonnia e la narcolessia; fra le principali parasonnie vanno invece citati bruxismo, disturbo da incubi, pavor nocturnus, enuresi notturna, jactatio capitis, paralisi nel sonno, sindrome delle gambe senza riposo e sonnambulismo.