La sterilità femminile è una condizione che può essere distinta in due forme:
- impossibilità di procreazione per l’incapacità di praticare il coito;
- mancanza di fecondazione dell’ovocita da parte degli spermatozoi quando si ha la presenza di un accoppiamento normale.
La prima forma di sterilità può avere come cause alcune problematiche legate a fattori di tipo psicogeno oppure essere provocata da malformazioni o da eventi di tipo patologico che hanno provocato un danneggiamento alle vie genitali; la seconda forma di sterilità può essere invece originata da problemi di tipo genitale o extragenitale che hanno modificato la funzione riproduttiva.
Spesso il termine sterilità viene utilizzato quale sinonimo di infertilità; in realtà tale uso è considerato scorretto da molti autori in quanto il termine infertilità sta a indicare l’incapacità, da parte di una donna in grado di concepire un figlio, di portare a termine una gravidanza.
In effetti, l’aggettivo infertile viene tecnicamente definito nel modo seguente:
infèrtile agg. [comp. di in-2 e fertile], non com. – Non fertile, infecondo. In partic., riferito a donna o ad altra femmina di mammifero, che è biologicamente atta a concepire ma non a condurre a termine la gravidanza, e nemmeno a protrarla fino al momento in cui il feto acquista vitalità (per taluni studiosi, corrisponde a ipofertile, agg. attribuibile anche a soggetti di sesso maschile; da altri, invece, è usato in sinonimia con sterile).*
Le varie forme
Dal punto di vista clinico la sterilità viene distinta nelle seguenti forme (in ordine di frequenza):
- sterilità endocrina
- sterilità tubarica
- sterilità cervicale
- sterilità uterina
- sterilità vaginale
- sterilità immunologica.
La sterilità endocrina rappresenta circa il 30-40% dei casi di sterilità femminile. Nella maggioranza dei casi è provocata dall’assenza o da anomalie dell’ovulazione (sterilità anovulatoria), meno frequenti invece sono i casi di alterazioni della funzione del corpo luteo, della secrezione ormonale (per esempio l’eccesso di ormoni androgeni o l’iperprolattinemia, una condizione caratterizzata da livelli ematici di prolattina superiori al normale) o della risposta dei tessuti agli ormoni.
La sterilità anovulatoria è generalmente legata a problematiche relative al ciclo mestruale quali, per esempio, l’oligomenorrea o l’amenorrea.
Schematizzando, i fattori eziologici della sterilità endocrina sono riassumibili nel seguente modo:
- alterazioni ipotalamiche (neoplasie, malformazioni, processi infiammatori, anoressia nervosa ecc.)
- alterazioni ipofisarie (iperprolattinemia ecc.)
- alterazioni ovariche (menopausa precoce, sindrome dell’ovaio policistico, alterazioni di tipo immunitario, neoplasie, disfunzioni ormonali, radiazioni, chemioterapia, malformazioni ecc.)
- alterazioni ormonali (ipertiroidismo, ipotiroidismo, iperplasia surrenalica, sindrome di Cushing ecc.)
- alterazioni metaboliche e patologie autoimmuni.
La sterilità tubarica rappresenta circa il 35% dei casi di sterilità femminile. In casi abbastanza rari il problema è relativo a un’occlusione bilaterale delle tube (anche salpingi); più frequentemente la sterilità tubarica è invece relativa a un danno al tratto terminale delle tube, quello che è deputato alla captazione dell’ovocita.
Le cause che più spesso sono all’origine delle alterazioni tubariche sono i processi infettivi che possono colpire più o meno seriamente l’apparato genitale interno. Altri fattori che possono provocare sterilità sono gli esiti di gravidanze extrauterine a localizzazione tubarica e quelli relativi a sterilizzazione tubarica.
La sterilità cervicale non è particolarmente frequente (5-15% dei casi); le patologie cervicali possono modificare qualitativamente il muco provocando l’impossibilità del transito degli spermatozoi. Tali patologie possono essere dovute a malformazioni, processi infiammatori, alterazioni di tipo ormonale e problemi immunologici.
La sterilità uterina rappresenta circa il 5-10% dei casi di sterilità femminile. Può essere dovuta un’alterazione della cavità dell’utero o dell’endometrio (per approfondire quest’ultimo aspetto si consulti l’articolo Endometriosi); può trattarsi di malformazioni (assenza dell’organo, utero setto, utero unicorne ecc.), processi infiammatori che provocano alterazioni funzionali a carico dell’endometrio, traumi, presenza di miomi o di polipi, utero retroverso fisso, scarso spessore endometriale dovuto ad alterazioni di tipo ormonale ecc.
La sterilità vaginale è una condizione abbastanza rara che riconosce sostanzialmente tre cause:
- malformazioni
- dispareunia
- vaginismo psichico.
In questi casi particolari, la sterilità è essenzialmente dovuta o un rapporto sessuale ostacolato o da una deposizione anomala del seme in vagina.
Le malformazioni sono rappresentate dall’assenza dell’organo (parziale o totale), restrizioni o setti vaginali trasversali.
La dispareunia è una condizione di tipo patologico caratterizzata dalla comparsa di forti dolori durante il coito tali da renderlo impossibile. Le cause della dispareunia sono molteplici ed essa può fare la sua comparsa dopo anni di rapporti sessuali perfettamente normali.
Il vaginismo è un disturbo sessuale caratterizzato dalla presenza di contrazioni riflesse e involontarie dei muscoli perineali, vulvari e dell’orifizio vaginale che impediscono la penetrazione durante l’atto del coito.
Con sterilità immunologica ci si riferisce alla presenza di anticorpi antispermatozoo nel maschio, nella femmina o addirittura in entrambi. Nella donna gli anticorpi antispermatozoo possono essere localizzati a livello cervicale; essi attaccano gli spermatozoi impedendo loro il raggiungimento dell’ovocita. Nell’uomo tali anticorpi possono essere presenti nello sperma dove possono diminuire la motilità degli spermatozoi.
Sterilità femminile: gli accertamenti clinici
Il primo passo da compiere è quello di un’accurata visita ginecologica; dopo la verifica anamnestica, lo specialista dovrà prescrivere le indagini cliniche ritenute più opportune al caso specifico.
Gli strumenti clinici che possono essere utili in caso di sterilità femminile sono molteplici; di seguito una breve analisi dei più comuni.
Ecografia pelvica – L’ecografia pelvica (anche ecografia ginecologica) è una metodica diagnostica indolore e di breve durata (circa 15-20 minuti); viene effettuata con la donna distesa sul lettino a vescica piena; ciò facilità la visione degli organi genitali interni. Attraverso l’ecografo si ottengono utili informazioni sulle condizioni di ovaie e utero; si possono per esempio ottenere informazioni sull’eventuale presenza di polipi o miomi vaginali. L’esame andrebbe eseguito subito dopo il termine delle mestruazioni (se possibile non oltre il settimo giorno dall’inizio del flusso mestruale).
Isterosalpingografia – L’isterosalpingografia è una tecnica diagnostica che consiste nell’esame radiografico di utero e tube. Attraverso la cervice uterina viene immesso un mezzo di contrasto nelle tube e nell’utero dopodiché vengono effettuate diverse radiografie che consentiranno di valutare la pervietà delle vie genitali, il loro aspetto morfologico e l’eventuale presenza di problemi di tipo patologico. Può essere doloroso è non è scevro da complicazioni. Dovrebbe essere eseguito da personale altamente qualificato, anche perché l’interpretazione dei dati che l’esame fornisce non è sempre del tutto agevole. Per approfondire si consulti l’articolo Isterosalpingografia.
Laparoscopia – La laparoscopia è un esame che viene eseguito in anestesia generale e quindi generalmente richiede un breve periodo di ricovero. Viene eseguito praticando nella parete addominale una piccola incisione attraverso la quale sarà inserita una sonda ottica che permetterà allo specialista di osservare accuratamente tutti gli organi pelvici. Vengono ispezionate le ovaie, le tube di Falloppio e l’utero senza che vi sia la necessità di praticare un vero e proprio intervento di tipo chirurgico.
L’esame non è scevro da complicazioni (lesione di vasi arteriosi, lesioni intestinali, dolori all’addome ecc.) invero abbastanza rare e di semplice risoluzione. Per approfondire si consulti l’articolo Laparoscopia.
Falloppioscopia – La falloppioscopia è una tecnica diagnostica relativamente diffusa. Viene praticata introducendo nelle tube, attraverso l’utero, un catetere sottile dotato di una fibra ottica che consente l’osservazione delle pareti tubariche.
La falloppioscopia consente tra l’altro l’individuazione di eventuali problemi a carico della mucosa delle tube che non sarebbero evidenziabili con il solo esame laparoscopico.
Dosaggi ematici ormonali – Sono esami mirati all’accertamento di eventuali deficit di tipo ormonale causati dall’insufficiente produzione delle gonadotropine FSH. A tale scopo vengono prescritti i dosaggi di LH (luteina), PRL (prolattina), E2 (estradiolo), P (progesterone), T, DHEAS, androstenedione il terzo giorno del ciclo e progesterone e prolattina il 18° ed il 21° giorno del ciclo.
Monitoraggio ecografico dell’ovulazione – È una tecnica che consente di monitorare per mezzo di un ecografo la crescita follicolare in cicli spontanei o stimolati fino a evidenziare il momento in cui si ha l’ovulazione.
È, detto per inciso, uno dei cardini sui quali si basa la procreazione medicalmente assistita.
Post coital test – Noto anche come test di Hühner, è un esame di laboratorio che permette di studiare le proprietà del muco cervicale; viene effettuato durante il periodo ovulatorio; viene eseguito dopo due o tre giorni di astinenza sessuale dopodiché, previa verifica tramite determinati controlli del momento in cui la secrezione vaginale è più marcata e quindi più ricettiva alla penetrazione degli spermatozoi, la coppia deve avere nel giorno stabilito un rapporto sessuale completo. Al termine del rapporto la coppia deve rimanere distesa per almeno venti minuti. Trascorse alcune ore dal rapporto sessuale (da 4 a 6) è necessario effettuare un prelievo del muco che sarà analizzato al microscopio per verificare la presenza o meno di spermatozoi mobili.
Screening microbiologico genito-urinario – Tale screening serve a individuare l’eventuale presenza di processi infettivi che possono essere di ostacolo al concepimento.
I microrganismi patogeni più spesso coinvolti sono i miceti (per esempio la Candida albicans), i micoplasmi (per esempio l’Ureaplasma urealyiticum) e la Chlamidya trachomatis.
Più raramente i problemi sono causati da Escherichia coli, Streptococcus agalactiae, Enterococcus faecalis ecc.
Sterilità femminile – Terapia
Le terapie per la sterilità femminile dipendono ovviamente dalle cause che ne sono alla base. Quando per esempio il problema deriva da un’ostruzione tubarica, se il quadro clinico non è particolarmente grave, il problema potrebbe venire risolto da una serie di cicli di idrotubazioni; l’idrotubazione è una tecnica ormai abbastanza datata che veniva utilizzata molto spesso anni addietro; consiste nell’iniezione di una miscela di aria, soluzione fisiologica e farmaci all’interno della cavità uterina. Non è una pratica dolorosa, ma è sicuramente fastidiosa.
Quando la sterilità è dovuta a una sterilizzazione di tipo chirurgico, il problema dell’ostruzione viene risolto tramite la microchirurgia.
Nei casi in cui la sterilità femminile sia dovuta a patologie tubariche o a malformazioni si tende a ricorrere alla fecondazione in vitro oppure alla fecondazione assistita.
Quando il problema della sterilità femminile è dovuto all’endometriosi si tenta di risolvere il problema per via laparoscopica trattando il tessuto malato oppure provvedendo all’asportazione delle cisti ovariche.
Dopo il trattamento laparoscopico si passa alla fase farmacologica durante la quale sono impiegati farmaci specifici; in prima battuta si ricorre agli analoghi di sintesi dell’LH-RH; si tratta di principi attivi che bloccano la secrezione di alcuni ormoni ipofisari con la conseguenza di inibire la sintesi estrogenica da parte dell’ovaio. Un’altra possibilità è quella di ricorrere ai progestinici; questi agiscono inducendo una progressiva riduzione dei tessuti endometriosici ectopici fino ad arrivare, seppur lentamente, a una loro totale atrofia.
Un’altra possibilità è rappresentata dai derivati degli ormoni androgeni che agiscono riducendo i livelli ematici di androgeni e progesterone; ne consegue l’induzione dell’atrofia dell’endometrio ectopico.
Va comunque detto che, sfortunatamente, l’endometriosi non è un problema facilmente risolvibile e le ricadute non sono affatto rare; in alcuni casi essa può essere causa di sterilità permanente.
In caso di sterilità ormonale si può ricorrere alla somministrazione di farmaci dopaminergici (che potenziano l’azione della dopamina), GnRH e gonadotropine.
Se la sterilità femminile è, per esempio, dovuta a iperprolattinemia, il problema viene generalmente risolto con la somministrazione di farmaci dopaminergici; i più utilizzati sono la cabergolina (Dostinex) e la bromocriptina (Parlodel); altri principi attivi utilizzati sono diidroergocriptina, lergotrile, lisuride, metergolina e pergolide.
Con la guarigione della patologia si ha generalmente il ritorno dell’ovulazione e quindi viene ripristinata la capacità di concepire un figlio.
Se il problema è dovuto a insufficienza del corpo luteo, una condizione tra l’altro non particolarmente facile da diagnosticare, la scelta della terapia non è semplice. A tutt’oggi infatti l’eziologia di questa condizione non è ancora del tutto nota e non esistono trattamenti ben codificati. Una terapia talvolta utilizzata è quella che si avvale di farmaci a base di clomifene citrato (Clomid), ma non sempre il trattamento è efficace.
* Fonte: Enciclopedia Treccani.