La trasfusione di sangue (anche emotrasfusione) è una pratica medica molto diffusa che viene utilizzata per reintegrare il sangue andato perduto a causa di emorragie di una certa importanza dovute a interventi chirurgici o a condizioni, patologie o traumi di vario genere (trapianti di organo, ustioni, parto, neoplasie, emofilia ecc.).
La trasfusione di sangue, come ben si comprende, riveste quindi un’importanza fondamentale nella cura e nella gestione di svariati problemi di ordine patologico e traumatico.
La trasfusione di sangue consiste nel trasferimento di sangue precedentemente raccolto da un soggetto detto donatore a un altro soggetto detto ricevente; se i soggetti sono due persone diverse si parla di emotrasfusione eterologa; se invece donatore e ricevente coincidono si parla di emotrasfusione autologa (anche autoemotrasfusione o più semplicemente autotrasfusione).
Una trasfusione di sangue può richiedere da una a quattro ore circa; i tempi dipendono essenzialmente dalla quantità di sangue necessaria ai bisogni del paziente.
Nel nostro Paese la pratica delle trasfusioni di sangue è considerata molto sicura; la legge italiana (in particolare un decreto ministeriale del 2005) disciplina la materia e definisce chiaramente una procedura che ricomprende tutte le fasi che vanno dalla donazione all’inoculazione di sangue intero o di emocomponenti. Nella gran parte dei casi le trasfusioni di sangue avvengono senza particolari problemi; possono sorgere al più complicazioni di scarsa importanza; sono veramente rari i casi in cui il soggetto ricevente va incontro a problemi di una certa gravità.

In Italia i servizi trasfusionali sono attivi dal 1927, anno di nascita dell’AVIS
Quando è necessaria?
Come già accennato in apertura di articolo, le trasfusioni di sangue possono essere necessarie in vari casi; in particolare si devono ricordare:
- anemia grave (in questo caso la trasfusione di sangue garantisce il trasporto dei gas respiratori; per inciso, si calcola che ogni sacca di sangue trasfuso determini un aumento dei livelli di emoglobina pari a 1 grammo per decilitro di sangue)
- correzione dei disturbi di coagulazione
- emorragie importanti (in seguito a incidenti o traumi o interventi chirurgici)
- trattamento di un deficit del sistema immunitario
- mantenimento della volemia (ovvero la massa del sangue circolante; in questo caso la trasfusione ha lo scopo di evitare il cosiddetto shock ipovolemico).
Una precisazione relativamente al caso di anemia grave; non esiste un valore assoluto di emoglobina che imponga il ricorso all’emotrasfusione; ogni caso fa storia a sé e ogni soggetto deve essere valutato in base alla sua tolleranza all’anemia (in linea generale, le anemie croniche sono maggiormente tollerate rispetto a quelle acute).
Prima della trasfusione di sangue
Prima che l’emotrasfusione venga effettuata è necessario conoscere il gruppo sanguigno (A, B, AB e 0) e il fattore Rh (negativo o positivo) del soggetto ricevente (per approfondire questi punti si consulti il nostro articolo Gruppo sanguigno); quello del gruppo sanguigno è un test di veloce effettuazione per il quale sono necessarie solo poche gocce di sangue.
Ovviamente il sangue che viene utilizzato per la trasfusione deve essere compatibile con quello del soggetto necessario a riceverlo (giova ricordare che se trasfondiamo un soggetto con sangue con globuli rossi non appartenenti al suo gruppo, si avrà la produzione di anticorpi che tenderanno a combattere tali cellule. Questi anticorpi si possono legare agli antigeni sulla superficie dei globuli rossi trasfusi e li distruggono con grave pericolo per la vita).
Un soggetto che necessita di una trasfusione di sangue ricevere il sangue nel seguente modo:
- un paziente di gruppo A può ricevere il sangue da un donatore con gruppo A o con gruppo 0
- un paziente di gruppo B può ricevere il sangue da un donatore con gruppo B o con gruppo 0
- un paziente di gruppo AB può ricevere il sangue da un qualsiasi donatore
- un paziente di gruppo 0 può ricevere il sangue soltanto da un donatore di gruppo 0.
Va precisato che, di norma i pazienti vengono trasfusi con sangue appartenente al medesimo gruppo; in situazioni di urgenza si trasfondono eritrociti di tipo 0; i soggetti Rh-negativi devono ricevere sempre sangue Rh-negativo, mentre quelli di Rh-positivo possono ricevere indifferentemente sangue Rh-negativo o Rh-positivo.
Il sangue potrebbe essere trasferito direttamente da donatore a ricevente, ma, di norma, le strutture ospedaliera utilizzano il sangue raccolto precedentemente e conservato nelle emoteche.
Come avviene
Di norma le trasfusioni di sangue vengono effettuate in ambito ambulatoriale od ospedaliero; è piuttosto raro, ma può accadere in casi molto particolari, che vengano effettuate a domicilio.
Una trasfusione di sangue inoltre può essere effettuata anche nel corso di un intervento chirurgico o in situazioni di emergenza al pronto soccorso.
Per effettuare la trasfusione di sangue è necessario inserire una flebo in un vaso sanguigno; la durata di una trasfusione dipende dalla quantità di sangue trasfuso e dalla velocità di passaggio del sangue. La durata può variare da una a quattro ore circa.
Nel corso della trasfusione di sangue il paziente è continuamente monitorato, in particolare nei primi 20 minuti, ovvero nel momento in cui c’è il maggior rischio che si verifichi una reazione allergica.
Una volta terminata la trasfusione di sangue si procede con il controllo dei parametri vitali (battito cardiaco, pressione arteriosa e temperatura) e si rimuove la flebo. Nel punto di iniezione potrebbe formarsi un livido che potrebbe permanere alcuni giorni; normale anche una lieve sensazione di fastidio.
Trasfusione di sangue: effetti collaterali
Sono moltissime le trasfusioni di sangue che vengono effettuate giornalmente; la gran parte di esse non determina particolari problemi; saltuariamente possono verificarsi inconvenienti di scarsa importanza; il rischio di gravi problemi è rarissimo, ma non può comunque essere considerato nullo.
Di seguito una breve analisi delle eventuali complicazioni che si potrebbero verificare in seguito a una trasfusione di sangue.
Reazioni di tipo allergico – Alcuni soggetti hanno una reazione allergica in seguito alla trasfusione di sangue; tale reazione può essere di poco conto o, al contrario, piuttosto seria; fra i segni e i sintomi che potrebbero verificarsi vi sono brividi, febbre, dispnea, sudorazione algida, vampate di calore, ipotensione, dolore toracico, mal di schiena, tachicardia e nausea.
Ai primi sintomi di reazione allergica la trasfusione di sangue deve immediatamente essere interrotta.
Patologie infettive – Alcuni agenti infettivi possono sopravvivere nel sangue infettando il paziente ricevente; i controlli comunque sono molto rigidi e le possibilità che, per esempio, venga trasmesso un virus (HIV, epatite B, epatite C, variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob) sono bassissime; le possibilità che un donatore affetto da HIV infetti un trasfuso sono 1 su due milioni; il rischio che una donazione di sangue venga compromessa dall’epatite B varia tra 1 su 200.000 e 1 su 360.000. Ancora più basso il rischio di epatite C (varia tra 1 su 1 milione e 1 su 2 milioni).
Febbre – Un episodio febbrile in seguito a una trasfusione di sangue è abbastanza normale; si tratta di una reazione dell’organismo ai leucociti presenti nel sangue trasfuso; di norma la si combatte ricorrendo ai classici farmaci antipiretici da banco.
Sovraccarico di ferro – Si tratta di un problema che si verifica soprattutto in coloro che devono effettuare la trasfusione di sangue molto frequentemente (per esempio, coloro che sono affetti da anemia mediterranea, patologia nota anche come talassemia); l’eccesso di ferro viene rimosso con un’apposita terapia chelante.
Lesioni polmonari – È un’evenienza piuttosto rara, ma che può verificarsi in alcuni soggetti che effettuano una trasfusione di sangue Generalmente le lesioni polmonari si verificano nel giro di poche ore dalla fine della trasfusione; in soggetti affetti da gravi patologie polmonari questa reazione può avere esito fatale. Ancora non si sono chiariti i motivi per cui una trasfusione di sangue arrivi a danneggiare i polmoni.
Reazioni immunoemolitiche acute – Queste reazioni sono rarissime, ma purtroppo molto gravi; si verificano qualora il sangue trasfuso non sia compatibile con quello del ricevente; l’organismo reagisce attaccando gli eritrociti trasfusi producendo sostanze dannose per i reni.
Reazioni emolitiche ritardate – Si tratta di reazioni decisamente più lente rispetto a quelle descritte in precedenza, tant’è che in molti casi ci si rende conto della gravità della situazione dopo molto tempo.
GHVD – GHVD è l’acronimo dei termini inglesi Graft versus Host Disease ovvero malattia del trapianto contro l’ospite; si tratta di un fenomeno, generalmente letale, caratterizzato da un attacco dei globuli bianchi del sangue trasfuso verso i tessuti del paziente. I soggetti a rischio sono le persone fortemente immunodepresse; i sintomi della GHVD (eruzioni cutanee, diarrea e febbre) si manifestano di solito entro trenta giorni dalla trasfusione di sangue.
Cosa mangiare dopo uan trasfusione di sangue
Non esiste una dieta consigliata; anzi, è corretto seguire la normale alimentazione, seguendo il proprio usuale regime alimentare.
Trasfusione di sangue e attività sportiva
Questo argomento è esaurientemente trattato in un articolo a parte: Emotrasfusione e sport.