Il vaccino per il Papilloma Virus Umano (HPV, Human Papilloma Virus) è una misura profilattica autorizzata alcuni anni fa (per l’esattezza nel 2006) dall’European Medicines Agency e dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) tesa a ridurre il numero di infezioni da HPV, un virus responsabile di numerose patologie, sia benigne (condilomi genitali, verruche cutanee, papillomi laringei ecc.) che maligne, come il tumore al collo dell’utero.
Grazie alla somministrazione del vaccino per il Papilloma Virus Umano (HPV), prima dell’esposizione a quest’ultimo, è possibile prevenire sia le infezioni da vari genotipi del virus sia le lesioni da essi causate.
Il vaccino è composto da proteine L1 sotto forma di particelle simili al virus (VLPs, Virus-like particles); queste particelle non contengono il DNA virale e, di conseguenza, non possono né causare infezione né riprodursi né provocare malattie.
Una volta che il vaccino è stato somministrato, il sistema immunitario della persona inizia a produrre anticorpi contro le particelle e, conseguentemente, l’organismo è in grado di riconoscere le cellule patogene neutralizzando un eventuale attacco virale.
La prevenzione delle lesioni genitali pre-cancerose riduce la possibilità di sviluppare un tumore maligno (giova ricordare che alcuni genotipi, quelli ad alto rischio oncogenico, sono responsabili della stragrande maggioranza, 97% circa, delle neoplasie cervicali nel mondo).
Tumore al collo dell’utero: quando vaccinare?
Il tumore al collo dell’utero (anche tumore della cervice uterina) è una forma tumorale che conosce una notevole diffusione; in Italia si registrano annualmente circa 4.000 nuovi casi di tumori cervicali. La fascia di età maggiormente interessata dal problema è quella che va dai 55 ai 65 anni; anche donne più giovani però possono contrarre la patologia.
Diversi anni fa, per l’esattenzza nel mese di marzo 2008, partì nel nostro Paese un programma vaccinale gratuito inizialmente rivolto alle bambine tra gli 11 e i 12 anni di età volto a coprire tutto il territorio dello Stato con lo scopo di produrre una progressiva immunizzazione della popolazione esposta al rischio infettivo. Nel corso degli anni i limiti di età per la somministrazione gratuita sono stati ampliati e variano da regione a regione.
Il momento giusto per la vaccinazione
Il vaccino per il Papilloma Virus Umano viene somministrato per via intramuscolare; l’iniezione viene effettuata o nella regione deltoidea del braccio oppure, nel caso di vaccino tetravalente, nell’area antero-laterale della coscia. Il numero di dosi vaccinali da somministrare è diverso a seconda dell’età del soggetto e del tipo di vaccino utilizzato.
Per i soggetti di età compresa fra i 9 e 14 anni (inclusi) sono previste due dosi per il vaccino bivalente (prima dose al tempo 0 e seconda dopo 6 mesi); tre dosi per il vaccino quadrivalente (prima dose al tempo 0, seconda dose dopo 2 mesi dalla prima dose, e terza a sei mesi dalla prima dose).
Per i soggetti di età superiore ai 14 anni sono previste tre dosi; la prima dose al tempo 0, la seconda dose dopo un mese (nel caso di vaccino bivalente) o due mesi (nel caso di vaccino quadrivalente), dalla prima dose, terza dose dopo sei mesi dalla prima dose per entrambi i vaccini.
Facendo riferimento agli studi disponibili più recenti, la protezione immunologica del vaccino va oltre gli 8 anni e, allo stato attuale delle cose, non risulta evidente la necessità di una dose di richiamo. Sono tuttora in corso studi per fornire informazioni ancora più affidabili relativamente alla durata della protezione garantita dal vaccino anti-HPV.
Nel nostro Paese, attualmente, la vaccinazione per il Papilloma Virus Umano viene raccomandata a tutte le ragazze che si trovano nei 12 anni di età (ma la vaccinazione è possibile a partire dai 9 anni), fino ai 45 anni.
Nel febbraio 2017 il Ministero della Salute ha pubblicato i dati relativi alle coperture vaccinali per l’HPV della popolazione femminile al 31.12.2015.
I dati dell’anno 2015 riferiti alla coorte 2001 riportano una dose al 73,1%, ciclo completo 70%, calo rispetto al 2014 e coorte 2000 con una dose 75,2% ciclo completo 70,8%. In riferimento alle coorti 1997-2001 i dati hanno mostrato una copertura del 73-76% per almeno una dose di vaccino, 70-72% ciclo completo, con il 4% delle ragazze che non ha terminato il ciclo vaccinale.
Dai monitoraggi effettuati sulle varie coorti è emerso un graduale recupero delle ragazze che si vaccinano in ritardo. Viene considerata discreta la copertura media rispetto al resto d’Europa, anche se la soglia è molto al di sotto del 95% previsto dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale.
Il vaccino anti-HPV può essere somministrato contemporaneamente ad altri vaccini.
E i maschi?
Il vaccino riveste un certo interesse anche per i soggetti di sesso maschile; è provato infatti che il vaccino ha efficacia nella prevenzione del 90% dei condilomi genitali legati ai genotipi di HPV contenuti nel vaccino. Negli USA il vaccino tetravalente viene consigliato anche ai soggetti di sesso maschile che si trovano nei 12 anni e fino a 21 anni.
La somministrazione è possibile anche per coloro che si trovano nella fascia 22-26 anni e che non hanno completato la serie vaccinale. La vaccinazione anti-HPV viene raccomandata anche ai soggetti a rischio di età superiore ai 26 anni (per esempio i soggetti immunocompromessi da infezione HIV, da altre malattie oppure da assunzione di determinati farmaci).
Vale la pena ricordare che nel nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 e nei nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) la vaccinazione gratuita nel corso del dodicesimo anno di età è prevista
anche per i soggetti di sesso maschile.
Controindicazioni alla vaccinazione
Il vaccino per il Papilloma Virus Umano non deve essere somministrato a chi abbia avuto una reazione allergica di una certa importanza a un qualsiasi componente del vaccino oppure a una precedente dose di vaccino HPV.
Il medico che somministra il vaccino deve essere informato se il soggetto presenta allergia al lievito (le particelle simili al virus vengono prodotte da cellule di lievito) e/o al lattice (il tappo a pistone del vaccino è in gomma di lattice).
Allo stato attuale non ci sono dati sufficienti che consentano di raccomandare la vaccinazione nel corso della gravidanza e, conseguentemente, la vaccinazione deve essere posticipata al termine della stessa (l’aver ricevuto il vaccino anti-HPV in gravidanza non è però un motivo per la sua interruzione).
Per quanto riguarda le donne che allattano, la vaccinazione tetravalente può essere ricevuta nel periodo in cui si allatta, mentre quella con il vaccino bivalente andrebbe effettuata quando i possibili vantaggi sono superiori ai possibili rischi.
L’utilizzo di contraccettivi ormonali non sembra, allo stato attuale delle conoscenze, influenzare la risposta immunitaria dei vaccini.
La somministrazione del vaccino deve essere rimandata nel caso in cui la persona sia affetta da patologie moderate o severe (per esempio se è in corso un grave stato febbrile a carattere acuto); la vaccinazione invece può, in genere, essere effettuata tranquillamente nel caso di patologie di scarsa entità (lieve infezione dell’apparato respiratorio o leggero rialzo febbrile).
Vaccinazione anti-HPV: gli effetti indesiderati
Sono ormai diversi anni che il vaccino per il Papilloma Virus Umano viene utilizzato in moltissimi Paesi e la sua sicurezza non viene messa in discussione; basandosi sugli studi clinici disponibili si è visto che gli eventi più frequenti associati alla somministrazione del vaccino anti-HPV sono soltanto reazioni locali nella sede dove viene effettuata l’iniezione; i rischi che il vaccino provochi un danno di grave entità è estremamente basso; come nel caso di tutti i vaccini o comunque di tutti i farmaci, le probabilità che la somministrazione sia causa di un danno grave non sono però nulle; l’evenienza di gravi reazioni è comunque molto rara.
Le reazioni locali al vaccino, come arrossamento, dolore, gonfiore e prurito, sono comuni, ma di lieve o al più moderata entità e, soprattutto, di breve durata.
Altri effetti avversi, ma molto rari, sono la febbre, l’orticaria, cefalea, diarrea, dolori addominali, dolori articolari, dolori muscolari, nausea e vomito.
I vaccini attualmente disponibili
I vaccini attualmente disponibili sono due: un vaccino bivalente (Cervarix, prodotto dalla GlaxoSmithKline) e uno quadrivalente (Gardasil, prodotto dalla Sanofi Pasteur – MSD). Il Cervarix è un vaccino attivo contro i genotipi 16 e 18, il Gardasil è attivo contro i genotipi 16, 18, 6 e 11).

Durante la visita ginecologica è importante affrontare l’argomento del vaccino per il Papilloma Virus Umano.
Analizziamo brevemente le caratteristiche di uno dei due, il Gardasil, il vaccino tetravalente.
Il vaccino è disponibile sotto forma di sospensione iniettabile in siringa pre-riempita (una dose è da 0,5 ml). L’indicazione terapeutica è quella della prevenzione di:
- tumore al collo dell’utero
- displasia di alto grado del collo dell’utero (CIN 2/3)
- lesioni displastiche di alto grado della vulva (VIN 2/3)
- lesioni genitali esterne (condilomi acuminati)
nel caso in cui queste patologie siano causate dai genotipi 6, 11, 16 e 18 del Papilloma Virus Umano.
Una dose di vaccino è composta da proteine L1 sotto forma di particelle simili al virus. È importante ribadire che ancora una volta che il vaccino non ha alcun effetto terapeutico; non può quindi essere usato né per trattare alcuna patologia né per prevenire la progressione di lesioni pre-esistenti; è vero però che i soggetti che sono già stati colpiti solo da alcuni tipi del virus contenuti nel vaccino sono comunque protetti nei confronti degli altri tipi di HPV per i quali il farmaco fornisce la prevenzione.
Il vaccino anti-HPV sostituisce lo screening periodico?
Il vaccino per il Papilloma Virus Umano non è uno strumento che sostituisce lo screening periodico per il tumore al collo dell’utero per il quale sono previsti l’HPV DNA test e il Pap test. È infatti opportuno ricordare che il vaccino non copre tutta la popolazione di HPV oncogeni; rimangono infatti fuori dalla copertura circa il 30% di infezioni.