Il gozzo tiroideo è una condizione patologica caratterizzata da un incremento del volume e del peso della ghiandola tiroidea. È detto anche struma o, semplicemente, gozzo.
Il gozzo tiroideo si manifesta con rigonfiamento, più o meno evidente, della regione anteriore del collo; in alcuni casi tale rigonfiamento è tale da causare una compressione a livello della trachea e dell’esofago, ciò, com’è facile intuire, può originare problemi nel respirare (dispnea) o nel deglutire (disfagia).
Le cause possono essere le più disparate e anche l’andamento clinico è estremamente variabile a seconda delle varie tipologie di gozzo.
Gozzo tossico e gozzo non tossico
I vari tipi di gozzo tiroideo possono essere classificati basandosi su vari criteri.
Rifacendosi a criteri di tipo clinico e di carattere funzionale se ne distinguono due tipi: tossico e non tossico.
Nel primo caso si registrano elevate concentrazioni di ormoni tiroidei (è per questo motivo che il gozzo tossico viene anche detto ipertiroideo).
Nel secondo caso l’attività tiroidea può essere normale (gozzo eutiroideo o eumetabolico o semplice) oppure ridotta (gozzo ipotiroideo).
Come si vede, quindi, non è detto che la presenza di gozzo tiroideo sia legata all’incapacità di secernere normali quantitativi di ormoni tiroidei dato che la condizione in questione può manifestarsi anche in individui in cui si registra una normale attività tiroidea.
Il gozzo tossico può essere diffuso a tutta la tiroide oppure circoscritto a una o più zone della ghiandola (nel primo caso il gozzo è uninodulare, nel secondo caso viene invece definito multinodulare).
Per quanto riguarda la forma non tossica, si distinguono una forma sporadica (gozzo sporadico) e una forma endemica (gozzo endemico); quest’ultima è diffusa soprattutto nelle aree caratterizzate da un deficit ambientale di iodio, ovvero le cosiddette zone gozzigene (è corretto precisare che per parlare di forma endemica, il disturbo deve essere presente in una percentuale della popolazione superiore al 10% oppure in più di due bambini in età scolare su 100); quelle gozzigene sono aree caratterizzate da particolarità ambientali comuni relative a distanza dal mare, profilo altimetrico, isolamento geografico ecc. A ciò si unisce un apporto nutrizionale di iodio inferiore a livelli ottimali (ricordiamo che il fabbisogno giornaliero di iodio nel soggetto adulto va dai 150 ai 300 mcg, mentre nelle zone endemiche si registra generalmente un apporto di iodio pro die inferiore ai 50 mcg). Nelle zone endemiche, peraltro, si osserva generalmente una maggiore incidenza di patologie quali il sordomutismo e, soprattutto, il cretinismo.
Da un punto di vista clinico si distinguono tre gradi di gravità del gozzo endemico: grado I (forma lieve), grado II (forma moderata), grado III (forma grave).
Al fine di porre rimedio alla diffusione della forma endemica, molti Paesi hanno introdotto da diversi anni la pratica di addizionare con iodio determinati alimenti (principalmente farina, sale e acqua). Tale pratica ha avuto effetti decisamente positivi, tant’è che, nel nostro Paese, in una zona nella quale si registrava un marcato deficit di iodio, la Garfagnana, la somministrazione di sale iodato ha riportato alla normalità la popolazione nel giro di un decennio dalla primitiva osservazione.
La forma sporadica non è invece legata a una carenza ambientale di iodio, bensì a determinate patologie (per esempio le neoplasie tiroidee) oppure all’assunzione di farmaci antitiroidei. All’interno di una determinata popolazione si tratta però di casi isolati, ovvero di situazioni che coinvolgono un numero limitato di persone.
Le cause del gozzo sporadico non sono ancora perfettamente note e sono ancora oggi oggetto di discussione fra i vari autori. Si nota una certa predilezione del disturbo per il sesso femminile nonché una sua frequente insorgenza nel periodo della pubertà e in quello della gravidanza. Nel corso degli anni si è osservato che gli ormoni estrogeni svolgono un’azione inibitoria sul riassorbimento tubulare dello iodio; si ipotizza quindi che la negativa influenza che viene esercitata a livello di depurazione renale dello ioduro possa essere in qualche maniera collegata alla maggiore incidenza del gozzo in determinate fasi della vita dei soggetti di sesso femminile, fasi che, com’è ampiamente noto, sono caratterizzate da un aumento dei livelli plasmatici degli ormoni estrogeni.

Il gozzo tiroideo si manifesta con rigonfiamento, più o meno evidente, della regione anteriore del collo.
Diagnosi
La diagnosi viene fatta combinando l’osservazione clinica (palpazione del collo) e l’esecuzione di esami ematici e di esami strumentali.
Gli esami del sangue generalmente richiesti sono quelli relativi alla funzionalità tiroidea (T3, T4, TSH). Dal momento che in alcuni casi il gozzo è associato a patologie autoimmuni, possono venire richiesti anche esami ematici relativi a specifici anticorpi.
Gli esami strumentali eseguiti più frequentemente sono l’ecografia (si valutano soprattutto le dimensioni della ghiandola tiroidea e si verifica l’eventuale presenza di cisti o noduli che potrebbero essere non stati rilevati dal medico tramite la palpazione) e la scintigrafia tiroidea (con essa si è in grado di effettuare una valutazione sull’inclinazione dei noduli a produrre ormoni tiroidei).
Nel caso in cui si abbia il sospetto che la manifestazione del gozzo sia dovuta alla presenza un tumore della tiroide, è possibile che venga richiesta l’esecuzione di un esame bioptico tramite aspirazione con ago.
La cura del gozzo tiroideo
L’approccio terapeutico al gozzo tiroideo varia a seconda dell’entità dell’ipertrofia della tiroide, a seconda della sintomatologia e soprattutto a seconda delle cause che stanno alla base del problema.
In caso di gozzo eutiroideo di piccole dimensioni (o comunque ben tollerato dal soggetto), non è necessario intraprendere una particolare terapia, anche se è opportuno monitorare nel tempo la situazione attraverso gli specifici esami del sangue.
Nel caso in cui il gozzo sia associato a una condizione di ipotiroidismo, il trattamento consiste nella somministrazione orale di T4 (tiroxina); ciò porrà rimedio all’ipotiroidismo e l’ipofisi risponderà al trattamento diminuendo la secrezione di TSH con conseguente diminuzione del peso e del volume della ghiandola tiroidea.
Se invece ci troviamo di fronte a un caso di gozzo ipertiroideo (il tipico caso è rappresentato dal morbo di Basedow, patologia nota anche come morbo di Graves o gozzo tossico diffuso), generalmente si agisce intraprendendo un trattamento farmacologico a base di farmaci tireostatici, ovvero quei farmaci, come il metimazolo (anche tiamazolo) o il carbimazolo, la cui funzione è quella di inibire la produzione degli ormoni tiroidei.
Nel caso in cui il problema sia legato a un processo infiammatorio a carico della tiroide, vengono generalmente prescritti medicinali quali l’acido acetilsalicilico o i corticosteroidi.
Qualora le dimensioni della massa gozzigena siano tali da provocare un rilevante danno estetico o, ancora peggio, disturbi di una certa gravità, può essere preso in considerazione l’intervento chirurgico; lo stesso discorso vale anche nel caso di un gozzo nodulare che sia causa di ipertiroidismo oppure nel caso in cui il problema sia causato da una neoplasia tiroidea. A seconda della gravità della situazione il chirurgo sarà chiamato a scegliere fra l’intervento di tiroidectomia parziale e quello di tiroidectomia totale.
Se la tiroide viene totalmente asportata sarà necessario ricorrere poi alla cosiddetta terapia tiroidea sostitutiva, un trattamento cronico che si basa sulla somministrazione di farmaci a base di ormoni tiroidei e il cui scopo è quello di ripristinare una condizione di eutiroidismo. Lo stesso discorso vale nel caso in cui, dopo l’intervento di tiroidectomia parziale, la porzione tiroidea residua non sia in grado di produrre un adeguato quantitativo di ormoni tiroidei.
Nei casi in cui l’intervento chirurgico non sia possibile, si può optare per la terapia orale con iodio radioattivo; lo iodio radioattivo raggiunge i tireociti e li distrugge riducendo in tal modo le dimensioni della massa gozzigena; la terapia, che di norma è ben tollerata, non è comunque esente da effetti collaterali anche importanti; c’è infatti il concreto rischio di indurre ipotiroidismo in seguito a un’eccessiva distruzione di cellule tiroidee.