Con ipertensione portale si fa riferimento a una condizione caratterizzata dall’aumento, sopra i valori considerati di normalità (il limite è 6 mmHg) della pressione nella vena porta (la vena che conduce il sangue dei vari organi coinvolti nel processo digestivo verso il fegato).
Per valutare la pressione della vena porta si utilizza un parametro noto come HPVG (Hepatic Venous Pressure Gradient; gradiente pressorio venoso epatico).
In un soggetto sano i valori del gradiente pressorio venoso epatico si attestano tra i 3 e i 5 mmHg; nel caso di gradiente compreso tra 6 e 9 mmHg si parla di ipertensione portale lieve, quando si superano i 9 mmHg si parla invece di ipertensione portale clinicamente significativa; è in questo caso che possono manifestarsi le complicanze correlate alla condizione patologica in questione.
Come vedremo le cause di ipertensione portale possono essere di vario tipo; essenzialmente alla base del problema c’è un blocco del flusso sanguigno attraverso il fegato. Quello che è importante sottolineare è che l’ipertensione portale non è una patologia, bensì un quadro fisiopatologico che fa parte del quadro clinico di vari tipi di malattia.
Ipertensione portale – Cause
Solitamente si tende a suddividere le cause dell’ipertensione portale a seconda della localizzazione del fattore scatenante; si hanno quindi cause:
- pre-epatiche
- intra-epatiche
- post-epatiche.
Cause pre-epatiche – Rientrano in questa categoria la trombosi ostruttiva della vena porta, la splenomegalia (ingrossamento della milza), la stenosi portale ecc.
Cause intraepatiche – La principale causa è la cirrosi epatica, ma il problema può essere dovuto anche a epatite alcolica, insufficienza epatica, adenoma epatico, schistosomiasi (una delle principali cause di ipertensione portale nei Paesi sottosviluppati), epatocarcinoma, fibrosi epatica, emocromatosi ecc.
Cause post-epatiche – Rientrano in questa categoria l’insufficienza cardiaca destra, la pericardite, sindrome di Budd-Chiari, trombosi cavale inferiore, tumori extra-epatici (vie biliari, pancreas, stomaco, retroperitoneo) ecc.
Più raramente, l’ipertensione portale può essere idiopatica (vale a dire, non riconducibile a cause o a meccanismi patogenetici precisi).
Ipertensione portale – Sintomi
In sé, l’ipertensione portale non dà luogo a particolari sintomi (è cioè una condizione asintomatica); le varie manifestazioni cliniche sono provocate dalle sue complicanze; una delle più importanti è il sanguinamento acuto dalle varici esofagee; non sono noti i fattori che scatenano la rottura delle varici, ma si è osservato che difficilmente il sanguinamento si verifica in caso di gradiente pressorio portale inferiore ai 12 mmHg.
Nei casi più gravi si hanno encefalopatia porto-sistemica, ascite, splenomegalia e ipersplenismo (anomalo funzionamento della milza). Piuttosto frequenti anche le fistole (una fistola è una lesione di forma tubulare, dotata di un tragitto e di uno o più sbocchi).
In alcuni casi possono essere presenti sintomi quali piastrinopenia, leucopenia e, ma più raramente, anemia emolitica; queste ultime manifestazioni hanno una scarsa correlazione con la gravità dell’ipertensione portale.
Si registrano inoltre un aumento del rischio di peritonite batterica spontanea e un aumento del rischio di sindrome epato-renale.
Diagnosi
La diagnosi di ipertensione portale richiederebbe la misurazione della pressione portale, cosa che difficilmente viene effettuata; in genere, comunque, è sufficiente l’evidenza clinica.
Di norma, in soggetti affetti da un’epatopatia cronica, la presenza di ipertensione portale viene sospettata qualora siano presenti ascite, splenomegalia, encefalopatia porto-sistemica ecc.
Possono risultare di una certa utilità esami di diagnostica per immagini quali ecografia, ecodoppler o TAC. Raro il ricorso alla radiologia vascolare.
La presenza di varici esofago-gastriche viene rivelata tramite l’endoscopia, esame che è anche in grado di rilevare la presenza di un alto rischio di sanguinamento; tramite l’endoscopia può essere diagnosticata anche la gastropatia congestizia.
Prognosi
Nella gran parte dei casi di ipertensione portale, le emorragie si arrestano o spontaneamente oppure in seguito al trattamento; sfortunatamente però i tassi di mortalità sono piuttosto elevati; ciò dipende non tanto dal sanguinamento quanto dalla gravità dell’epatopatia sottostante; in molti casi l’emorragia risulta fatale in quei soggetti che presentano una severa insufficienza epatocellulare (è per esempio il caso di coloro che sono affetti da cirrosi alcolica grave), mentre nel caso di pazienti con una buona riserva epatica le possibilità di sopravvivenza sono piuttosto alte, anche se rimangono elevati i rischi di nuovi sanguinamenti; è quindi necessario che la situazione sia costantemente monitorata.
Terapia
Il trattamento dell’ipertensione portale può essere farmacologico, percutaneo o chirurgico.
I beta-bloccanti non selettivi (in genere propranololo e nadololo) rappresentano il trattamento d’elezione nella profilassi primaria del sanguinamento da varici nei soggetti che non presentino controindicazioni o intolleranza. I beta-bloccanti riducono la gittata cardiaca ed inducono vasocostrizione splancnica, effetti che contribuiscono a ridurre la pressione portale. L’aggiunta di un nitrato al farmaco beta-bloccante incrementa l’efficacia di quest’ultimo.

I betabloccanti sono tra i farmaci prescritti in caso di ipertensione portale.
Nel caso si verifichi un’emorragia delle varici esofagee, al fine di ridurre la pressione portale possono essere somministrati octreotide o terlipressina (farmaci che hanno azione vasocostrittrice) per via endovenosa.
Il trattamento percutaneo è utile nella prevenzione del risanguinamento da varici esofagee e nel caso di ascite intrattabile. Consiste in un intervento mini-invasivo transgiugulare (TIPS, Transjugular Intrahepatic Portosystemic Shunt); con esso si crea uno shunt (una deviazione di flusso) tra il sistema portale e quello venoso centrale dove la pressione è inferiore.
Il trattamento percutaneo consente di ridurre la pressione portale e, conseguentemente, il rischio di complicanze. La procedura non è esente da problemi; il più comune è il blocco dello shunt con insorgenza post-operatoria di encefalopatia grave, un problema che comunque attualmente si verifica meno frequentemente dopo il ricorso a endoprotesi ricoperte di politetrafluoroetilene. Sono fondamentali una dieta ipoproteica e corretta impostazione della terapia medica diuretica.
In determinati casi si deve invece ricorrere alla chirurgia invasiva ovvero allo shunt spleno-renale distale (DSRS) o al trapianto di fegato.